Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20573 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. III, 19/07/2021, (ud. 25/01/2021, dep. 19/07/2021), n.20573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35869/2019 proposto da:

I.B., elettivamente domiciliato in ROMA, V. LUIGI

PIRANDELLO 67 PAL A, presso lo studio dell’avvocato SABRINA

BELMONTE, rappresentato e difeso dall’avvocato MANUELA SQUELLATI,

giusta procura speciale allegata al ricorso

(manuela.sguellati.varese.pecavvocati.it);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1757/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 31/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. I.B., proveniente dalla Nigeria, ricorre affidandosi a due motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dal proprio paese per il timore di essere ucciso dai membri della setta a cui apparteneva il padre che era stato designato quale vittima sacrificale; aggiunge che, per questo, avevano incendiato la sua falegnameria e che egli era rimasto coinvolto in un incidente stradale che gli era quasi costato la vita, sempre ricollegato a rappresaglie rispetto ai problemi che aveva avuto con i membri della setta.

2. La parte intimata non si è difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 comma 1, lett. g), artt. 3 e 14, in relazione alla concessione della protezione sussidiaria, nonché dell’art. 4, par. 3, lett. d) della direttiva 2004/83/CE e dell’art. 13, par. 3, lett. a) della direttiva 2005/85 CE.

1.1. Assume, al riguardo, che la Corte aveva erroneamente valutato le dichiarazioni rese a sostegno della vicenda narrata non avendo colto il grave danno che avrebbe potuto subire in caso di rimpatrio, tale da giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria; e che aveva violato l’art. 4, par. 3, lett. a della direttiva 2004/83/CE che indicava gli elementi di valutazione sui quali dovevano essere fondate le indagini del giudice, non considerando che fonti ufficiali aggiornate avevano dato rilievo alla persistenza degli attacchi terroristici nel nord del paese.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.3. Il ricorrente, infatti, oltre ad aver genericamente contestato le valutazioni della Corte territoriale sulla vicenda narrata, addentrandosi in un terreno precluso alla censura di legittimità perché inerente alla ricostruzione della quaestio facti, ha in sostanza contestato la statuizione che aveva ritenuto la sua regione di provenienza (Edo State) immune da una situazione di pericolo generalizzato, soprattutto in relazione agli attentati terroristici del gruppo jihadista di (OMISSIS); e, a tal fine, il richiedente indica, per contrastare la statuizione, il report 2017/2018 di Amnesty International dal quale tuttavia si evince che la violenza generalizzata era circoscritta alla zona Nord del paese, con ciò prospettando una critica meramente enunciativa e non conducente ad una diversa soluzione della controversia.

1.4. Al riguardo, vale solo la pena di rilevare che questa Corte ha avuto modo di precisare che la vastissima estensione dello stato di origine come, nel caso di specie, la Nigeria – impone che l’accertamento del giudice di merito sia incentrato sulla specifica regione di provenienza al fine di acquisire informazioni attendibili rispetto al caso concreto (cfr. Cass. 18540/2019; Cass. 13088/2019; e, a contrario, Cass. 19252/2020): tale principio, in relazione alla protezione sussidiaria è stato rispettato dalla Corte territoriale e la doglianza in esame non si confronta con la statuizione pronunciata.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’erronea interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda, nonché la violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e dell’art. 5, comma 6 T.U.I..

2.1. Lamenta, al riguardo, che, in relazione alla protezione umanitaria, era stata aprioristicamente esclusa la sua vulnerabilità, con decisione approssimativa, senza valutare le conseguenze che sarebbero ricadute sulla sua incolumità a causa della eventuale espulsione, e senza valutare adeguatamente la documentazione prodotta a sostegno dell’integrazione, offerta sia in primo che in secondo grado (richiama i doc. da 10 a 12 del fascicolo primo grado e i doc. da 3 a 11 del fascicolo di secondo grado) a fronte della quale tale inserimento era stato riduttivamente riferito dalla Corte ad un “contratto di apprendistato”; e senza tener conto del rischio al quale lo avrebbe esposto il suo rientro in patria.

2.2. Il motivo è parzialmente fondato.

2.3. E’ inammissibile, infatti, il profilo della censura con il quale viene dedotta una erronea interpretazione dei fatti, in quanto si tratta di una critica non consentita in sede di legittimità, attenendo alla valutazione di merito della controversia: ma, tanto premesso, il Collegio osserva che, per il resto, il motivo si appunta con sufficiente specificità sulla motivazione della Corte territoriale che, dopo essersi espressa in termini complessivamente adesivi alla pronuncia di primo grado, ha illustrato il percorso argomentativo sul quale ha fondato la statuizione di rigetto attraverso affermazioni apodittiche e contrastanti con i principi elaborati da questa Corte sull’interpretazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, che si fonda, in primis, sul giudizio di comparazione fra vulnerabilità, integrazione e livello di tutela dei diritti fondamentali che non risulta sia stato correttamente articolato.

2.4. Da una parte, infatti, rispetto alla vulnerabilità dedotta, riconducibile alla denunciata violazione dei diritti umani nel paese di origine, è stato affermato in modo apodittico e meramente assertivo che erano inesistenti i rischi ed i pregiudizi paventati, senza fondare tale statuizione sul dovere di cooperazione istruttoria che avrebbe imposto l’acquisizione di Country Origin Informations (COI) attendibili ed aggiornate – del tutto omessa dalla Corte – al fine di accertare se il livello di tutela dei diritti umani rendeva evidente una situazione di diffusa deprivazione al di sotto del “nucleo ineliminabile costitutivo della dignità umana”.

2.5. Dall’altra, rispetto all’integrazione vantata, la documentazione prodotta, attestante l’assunzione del ricorrente a tempo determinato con contratto a tutela crescente come mediatore culturale, durato dal 2016 al 2018, ed il successivo rapporto a tempo determinato più volte rinnovato nel 2019 (cfr. pag. 14 del ricorso e fascicoli di parte versati in atti, recanti, oltre ai contratti, anche le relative buste paga) sono stati ignorati dalla Corte territoriale che li ha sinteticamente ricondotti ad un mero “apprendistato” (cfr. pag. 11 terzo cpv.), mostrando con ciò di aver omesso un completo scrutinio di essi.

2.6. La sentenza pertanto, deve essere, in parte qua, cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Torino per il riesame della controversia alla luce dei seguenti principi di diritto:

a. “secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza che, deve essere analiticamente scrutinata; peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del suo Paese d’origine deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire”;

b. “il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di violazione di legge”;

c. “il riferimento alle fonti ufficiali aggiornate, attendibili e specifiche rispetto alla situazione individuale dedotta configura un dovere del giudice che giammai potrà determinare una inversione, a carico del richiedente, dell’onere postulato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3”.

3. La Corte di rinvio dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte;

accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Torino per il riesame della controversia e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

 

 

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