Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20572 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. III, 19/07/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 19/07/2021), n.20572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37763/2019 proposto da:

Q.M., rappresentato e difeso dall’avv. DANIELA VIGLIOTTI,

per procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– resistente –

avverso la sentenza n. 3241/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Q.M., proveniente dal Pakistan, ha proposto un ricorso per cassazione notificato il 29 novembre 2019, per la cassazione della sentenza n. 3241/2019 emessa dalla Corte d’appello di Milano e pubblicata in data 19 luglio 2019.

2. Il Ministero dell’interno non si è costituito.

3. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

4. Il ricorrente, secondo la ricostruzione compiuta dalla Corte d’appello, fuggiva dal Pakistan nel 2013 per giungere in Italia nel 2015 perché nel paese di origine era stato schernito e poi denunciato da alcuni ragazzi di fede musulmana avendo lui abbracciato la fede cattolica. La Commissione territoriale gli negava il riconoscimento della protezione internazionale, il Tribunale e la Corte d’appello confermavano tale decisione.

5. La sentenza d’appello in primo luogo riteneva inattendibile la vicenda narrata, confermando la tesi del Tribunale per cui – ove anche la vicenda narrata fosse stata veritiera – non avrebbe potuto validamente fondare una richiesta di protezione internazionale. Aggiunge la Corte territoriale che, stante la non veridicità del narrato, fossero inconferente il richiamo alla cooperazione istruttoria, anche alla luce del fatto che il ricorrente non contestava – in sede di appello – le incongruenze rilevate dal Tribunale. Nel confermare il diniego della protezione sussidiaria viene poi affermato che, oltre a non sussistere un rischio concreto di pericolo in caso di rientro, tale rischio non deve essere rapportato solo alla situazione del Paese di origine (in questo caso, secondo la Corte, non caratterizzato da un pericolo diffuso e da violenza indiscriminata), ma anche alla situazione soggettiva dell’istante.

Quanto alla protezione umanitaria, la corte rileva la mancanza del requisito della vulnerabilità.

6. Il ricorrente articola due censure.

Con il primo motivo il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 35 bis, comma 9, per avere la Corte d’Appello di Milano esaminato la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria in base ad informazioni generiche e parziali della situazione interna del Pakistan, senza considerazione completa delle prove disponibili e senza corretto esercizio dei poteri – officiosi.

7. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, T.U. Immigrazione, per avere la Corte d’Appello di Milano rigettato la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria senza aver indagato se la vulnerabilità possa discendere da una effettiva e incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali”, secondo la nota pronuncia di codesta Ecc.ma Corte n. 4455/2018.

8. Il primo motivo è fondato e va accolto con assorbimento del secondo.

In particolare, è fondata la doglianza del ricorrente laddove impugna la pronuncia di rigetto della propria domanda volta al riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), lamentando che ciò sia avvenuto senza alcun approfondimento istruttorio da parte della Corte, come pure era dovuto nell’ambito del dovere di cooperazione istruttoria su di essa gravante, e senza alcun idoneo riferimento a fonti attendibili e aggiornate.

8.1. Effettivamente, a pag. 4, la sentenza fa riferimento alla situazione del Pakistan, affermando che nella zona di provenienza dell’appellante si sono verificati episodi di violenza ed attentati di matrice terroristica, ma non risulta che gli stessi siano così estesi e generalizzati da configurare la situazione di violenza indiscriminata sopra descritta.

8.2. A supporto della sua indicazione assume di aver tratto indicazioni dal sito dell’EASO e riporta alcuni, molto sommari e in sé contraddittori dati, che si riferiscono al 2016 e al 2017 a fronte di una decisione adottata nel maggio 2019, non aggiornati e non sufficienti a dar conto di aver, a mezzo di una attività istruttoria officiosa e sufficientemente scrupolosa, ricostruito sulla base di fonti attendibili l’effettiva configurabilità o meno di una situazione di pericolosità diffusa nel paese di provenienza: riferisce al contempo che il numero totale di incidenti violenti e di vittime è in calo, ma anche che le relazioni tra il Pakistan e il network terroristico di Hakkani si stanno deteriorando.

9. La sentenza è quindi priva di un riferimento sufficientemente specifico alle fonti di informazione, attendibili ed aggiornate, sulle quali avrebbe dovuto fondarsi la corte nel formare il suo convincimento sul punto.

9.1. In tal modo, non si conforma, nella applicazione della norma, al principio di diritto già enunciato da questa Corte, secondo il quale in tema di protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, che è disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni e impedimenti processuali, se presuppone l’assolvimento da parte del richiedente dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi della sua personale esposizione a rischio, comporta però ove tale onere sia stato assolto, il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura, mediante l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione, che il giudice deve riportare nel contesto della motivazione, non potendosi considerare fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei alla Comunità Europea (vedi in questo senso, tra le altre, Cass. n. 11096 del 2019).

9.2. In riferimento in particolare all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (v. Cass. n. 13897 del 2019; Cass. n. 9230 del 2020).

10. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo. Atteso che dovrà essere rinnovata la valutazione sulla sussistenza del diritto alla più ampia protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c), nel caso in cui questa, a conclusione del nuovo esame del merito, non potesse essere concessa, il giudice dovrà provvedere a verificare se sussistono i presupposti della residuale protezione minore.

11. Il primo motivo di ricorso va quindi accolto, assorbito il secondo, la causa cassata e rinviata alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

 

 

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