Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20569 del 31/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/07/2019, (ud. 03/04/2019, dep. 31/07/2019), n.20569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26987-2017 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA,

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.M.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 568/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 05/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 9 marzo – 5 maggio 2017 numero 568 la Corte d’Appello di Catanzaro dichiarava improcedibile l’appello proposto dal MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (in prosieguo: MIUR) nei confronti di C.M.A. avverso la sentenza del Tribunale di Rossano, che aveva accolto la domanda della C. per la dichiarazione di illegittimità dei contratti di docenza a termine stipulati con il MIUR negli anni scolastici dal 1980/1981 al 2010/2011 ed il risarcimento del danno nonchè per condanna del MIUR al pagamento degli incrementi stipendiali;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale revocava l’ordinanza (resa alla udienza del 23 ottobre 2014) con cui era stato concesso al MIUR un nuovo termine per la rinotifica dell’atto di appello, osservando che non risultava dagli atti che l’appello fosse mai stato notificato; vi era soltanto la documentazione di una notifica a mezzo del servizio postale tentata in data 14 ottobre 2014, di cui non era stato prodotto l’avviso di ricevimento. La notifica era omessa o comunque inesistente.

In ogni caso l’improcedibilità dell’appello doveva essere dichiarata anche perchè la notifica tentata il 14 ottobre 2014 era stata effettuata in violazione del termine previsto dall’art. 435 c.p.c., comma 3, da ritenersi perentorio;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso il MIUR, articolato in due motivi, cui l’intimata non ha opposto difese;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che la parte ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, – nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., per avere il collegio revocato la propria ordinanza del 23 ottobre 2014 senza sottoporre la questione al previo contraddittorio delle parti, in violazione del disposto dell’art. 101 c.p.c., comma 2.

Soltanto dopo aver trattenuto la causa in decisione – e dopo avere già autorizzato l’amministrazione a rinnovare la notifica del ricorso – la Corte territoriale aveva rilevato la presunta inesistenza della notifica, senza sollecitare il contraddittorio, laddove avrebbe dovuto sottoporre la questione alle parti ed invitare l’appellante a depositare prova della notifica;

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, – nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c., comma 3, per avere il collegio giudicante erroneamente dichiarato la improcedibilità appello anche per violazione dei termini di cui all’art. 435 c.p.c., comma 3; la violazione del termine dilatorio di 25 giorni, a difesa dell’appellato, comportava la nullità del procedimento notificatorio, con conseguente applicazione dell’art. 291 c.p.c., (ordine di rinnovazione della notifica in caso di contumacia dell’appellato ovvero fissazione di una nuova udienza per l’integrazione del termine a comparire ove l’appellato si fosse costituito eccependo la nullità);

che ritiene il collegio si debba rigettare il primo motivo di ricorso e dichiarare inammissibile il secondo;

che, invero, quanto al primo motivo, per consolidata giurisprudenza di questa Corte il divieto della decisione sulla base di argomenti non sottoposti al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative a requisiti di ammissibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6, par. 1, il quale nell’interpretazione data dalla Corte Europea, ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato quando si tratti di questioni di rito che la parte, dotata di una minima diligenza processuale, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi (ex plurimis: Cass., SU, 15 dicembre 2015 n.25208; Cass., sez. III, 21 luglio 2016 n.15019; 20 marzo 2017 n.7053). A tale principio si è conformata la sentenza impugnata, che pertanto è immune dalle censure che le sono state mosse.

Dal rigetto del primo motivo consegue la inammissibilità del secondo per difetto di interesse della parte ricorrente; a seguito della definitività della prima ratio decidendi, che è di per sè idonea a sorreggere il decisum, dall’eventuale accoglimento del suddetto motivo non potrebbe comunque derivare la cassazione della sentenza impugnata;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere definito con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c.;

che non vi è luogo a refusione delle spese per la mancata costituzione della parte intimata;

che non può trovare applicazione nei confronti dell’Amministrazione dello Stato, pur soccombente, il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, atteso che questa, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. n. 1778/2016).

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo; dichiara inammissibile il secondo. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della NON sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 3 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019

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