Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20566 del 31/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/07/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 31/07/2019), n.20566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13035-2018 proposto da:

L.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se

medesimo;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDIENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1753/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 05/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

il tribunale di Trani, con sentenza del 5 marzo 2013, pronunciando sull’opposizione a precetto dell’Inps nei confronti dell’avvocato L.O. e di S.R., ha dichiarato inammissibile perchè nuova la domanda riconvenzionale spiegata dagli opposti e, in accoglimento del ricorso dell’Inps, fu dichiarata l’insussistenza del diritto dei creditori procedenti ad agire esecutivamente in danno del predetto Istituto, rilevando che, avendo essi percepito per intero la somma liquidata per spese processuali nella sentenza (titolo posto in executivis), non potevano in seguito intimare precetto sulla base di quel titolo giudiziale per le spese ulteriormente sostenute in data successiva, in quanto il titolo esecutivo era già venuto meno per effetto dell’intervenuto adempimento precedente.

La Corte d’Appello di Bari pronunciando sull’appello proposto dall’avvocato L.O. nei confronti dell’Inps e di S.R. dichiarava la nullità dell’impugnata sentenza e nel contempo, nel merito, l’insussistenza del diritto dei creditori procedenti di agire esecutivamente in danno dell’Inps per il credito di cui al precetto in questione.

A fondamento della decisione la Corte rilevava che la sentenza di primo grado andava dichiarata nulla perchè emessa in costanza di interruzione di giudizio atteso che l’avvocato L.O. era stato sospeso nel periodo dal 4 aprile al 19 settembre 2012 (mentre il processo di primo grado è stato trattato anche alle udienze del 20 novembre 2012 e del 5 marzo 2013). Sosteneva che fosse privo di fondamento il motivo di gravame col quale l’appellante instava per la dichiarazione di estinzione del giudizio mai riassunto, o proseguito, da parte alcuna parte ai sensi degli artt. 302 e 303 c.p.c.; in quanto ciò che rileva ai fini dell’art. 305 c.p.c., comma 1, nel testo vigente ratione temporis era la conoscenza legale (non di fatto) dell’evento interruttivo. Rilevava infine nel merito che l’Inps avesse versato l’intera somma di cui al titolo giudiziale in data antecedente alla notifica dell’atto di precetto impugnato con la conseguenza che l’intimazione di pagamento fosse avvenuta quando il titolo esecutivo era oramai estinto per effetto dell’intervenuto adempimento da parte dell’Inps dell’obbligazione sostanziale.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’avvocato L.O. con un motivo; al quale ha resistito l’Inps con controricorso.

E stata comunicata alle parti la proposta del relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RILEVATO

CHE:

1.- con l’unico motivo di ricorso l’avvocato L.O. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 298 – 301 – 304 – 305 c.p.c.. Contraddittorietà della motivazione; sostenendo l’erroneità delle tesi affermate dalla Corte d’appello in merito alla necessità di formulare l’eccezione di estinzione del processo, alla necessità della conoscenza legale dell’evento interruttivo da parte dell’Inps, alla qualificazione dell’impugnazione come richiesta di prosecuzione del giudizio nonchè alla corrispondente legittimazione in capo alla parte che dall’evento interruttivo può essere pregiudicata, alla necessità infine che alla richiesta di nullità della sentenza faccia seguito a pena di inammissibilità anche la domanda di merito.

2.- Il ricorso è inammissibile in quanto la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione della consolidata giurisprudenza di questa Corte in merito alla conversione dei vizi della sentenza di primo grado in motivi di gravarne e della decorrenza del termine di riassunzione soltanto dalla conoscenza legale dell’evento; tenendo quindi ben distinti i due diversi casi della mancata interruzione automatica del giudizio ex art. 301 c.p.c., (la quale è causa di nullità della sentenza), e quello dell’estinzione del giudizio in mancanza di prosecuzione e interruzione ex art. 305 c.p.c., (ed ai cui fini era però necessario dimostrare la conoscenza legale dell’evento interruttivo).

3.- Infatti la Corte d’appello barese dopo aver dichiarato la nullità della sentenza, per la mancata interruzione automatica del giudizio dovuta alla sospensione dell’avvocato ricorrente nel periodo indicato, ha correttamente accertato anche nel merito l’infondatezza della pretesa sostanziale per i motivi indicati in premessa.

In tal modo la Corte d’appello ha fatto applicazione del principio consolidato secondo cui il giudice d’appello che dichiara la nullità della sentenza per la mancata interruzione automatica del processo a seguito della morte o della sospensione del procuratore deve trattenere la causa e giudicare nel merito in virtù del principio della conversione dei vizi della sentenza di primo grado in motivi di gravame non rientrando tale nullità nei casi per i quali il giudice d’appello debba rimettere la causa al primo giudice. (Cass. sentenza n. 244 del 11/01/2010; Sentenza n. 19267 del 29/09/2015).

4.- Priva di fondamento è invece la censura sollevata in ricorso la quale prospetta l’intervenuta estinzione del giudizio di prime cure atteso che, a dire del ricorrente, una volta integrata la causa di interruzione de qua il processo non sarebbe stato riassunto nè proseguito nel termine perentorio di cui all’art. 305 c.p.c., con conseguente estinzione.

Si tratta di argomentazione manifestamente infondata in base alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2012 n. 5546, 3085 del 2010) da cui risulta che a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, 159del 1971 e n. 36 del 1976, il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo interrotto per la morte del procuratore costituito di una delle parti in causa decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui una delle parti abbia avuto di tale evento conoscenza legale, mediante dichiarazione, notificazione o certificazione, non essendo sufficiente la conoscenza aliunde acquisita; ne consegue che il termine in questione non decorre contemporaneamente nei confronti di tutte le parti e che l’onere di provare la legale conoscenza dell’evento in data anteriore al semestre precedente la riassunzione o la prosecuzione incombe sulla parte che ne eccepisce l’intempestività, non potendo farsi carico all’altra dell’onere di fornire una prova negativa.

Il principio di diritto è assolutamente tralaticio e consolidato e non potrebbe essere superato senza violare pure le pronunce additive della Corte Cost. sull’art. 305 c.p.c., e segnatamente quella n. 139 del 1967, che ebbe a dichiarare l’illegittimità della norma nella parte in cui faceva decorrere il termine per la riassunzione dall’interruzione del processo conseguente agli eventi relativi al procuratore costituito indicati nell’art. 301 c.p.c..

5. Orbene nel caso in esame va altresì rilevato che neanche con l’odierno ricorso il ricorrente allega l’esistenza di una formale dichiarazione, notificazione, certificazione tale da fornire conoscenza legale dell’evento interruttivo del giudizio, con la conseguenza che non può essersi realizzata alcuna causa di estinzione del giudizio di prime cure. Parte ricorrente invece del tutto inammissibilmente vorrebbe legare il decorso del termine in questione o al momento dell’evento interruttivo o alla data di allegazione di un verbale d’udienza che non risulta prodotto o alla notifica dell’appello che non riproduce, e comunque ad atti che non valgono in nessun caso a costituire conoscenza legale dell’evento interruttivo ai fini dell’estinzione del giudizio di primo grado che era oramai concluso; sicchè risulta altresì evidente l’aporia logica della censura con la quale si pretenderebbe di estinguere il giudizio di primo grado sulla base della conoscenza della causa di interruzione che sarebbe stata acquisita in fase di appello nell’ambito del quale alcuna causa di interruzione relativa allo stesso avv. L. si è mai verificata.

6.- Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo. Deve darsi atto che sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive Euro 1000 di cui Euro 800 per compensi professionali oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019

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