Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20563 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/07/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 19/07/2021), n.20563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1827/2020 proposto da:

O.B., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato VITTORIO SANNONER;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI FOGGIA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,

alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 5689/2019 del TRIBUNALE di BARI,

depositato il 15/11/2019 R.G.N. 4788/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/03/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto 15 (comunicato il 19) novembre 2019, il Tribunale di Bari rigettava il ricorso di O.B., cittadino nigeriano, avverso il decreto della Commissione Territoriale di Foggia, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. esso rilevava preliminarmente la reiterazione (il 19 – 22 ottobre 2018) della domanda di protezione internazionale (già presentata e rigettata dalla Commissione territoriale con provvedimento del 25 ottobre 2016 e parimenti dallo stesso Tribunale, davanti al quale impugnato, con decreto del 12 giugno 2017), meritevole di rigetto in assenza dei prescritti elementi di novità;

3. in ogni caso, anche nel merito della vicenda (di abbandono della Nigeria per l’asserita gravità di situazione politica e di pericolo generalizzato, oltre che per la condizione critica di salute, peraltro attestata da una certificazione medica risalente al 2017), il Tribunale escludeva la ricorrenza dei presupposti tanto delle protezioni maggiori (in particolare riferimento a quella sussidiaria, esclusa l’esistenza di un concreto pericolo per la popolazione civile in Edo State, nell’area a sud della Nigeria, zona di provenienza del richiedente, sulla base di fonti internazionali ufficiali specificamente indicate), tanto di quella umanitaria, da valutare secondo la legge anteriore al D.L. n. 113 del 2018, applicabile ratione temporis, in assenza di comprovata sussistenza di uno stato di malattia (aggiornato rispetto alla certificazione del 2017), limitata alla prospettata esigenza di cure mediche urgenti non somministrabili nel Paese d’origine, in assenza di ulteriori profili di vulnerabilità personale o di violazione di diritti ostativi al rientro in esso;

4. con atto notificato il 19 dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con tre motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per il mancato adempimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria in ordine alla grave situazione della zona del Delta del Niger, di propria provenienza, come documentata da un rapporto annuale di Amnesty International e da consultazione di ACLED nel sito (OMISSIS) e per l’erronea esclusione della situazione di vulnerabilità, documentata dalle certificazioni mediche allegate al ricorso (referto RX Torace del servizio di radiologia e terapia medica in corso del servizio malattie infettive (primo motivo); violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, art. 14, lett. c), per la mancata valorizzazione delle prove fornite e della notoria situazione di violenza indiscriminata nell’area di propria provenienza, come anche risultante dal rapporto annuale di Amnesty International 2017/18 non adeguatamente apprezzato dal Tribunale (secondo motivo); violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6, per il mancato esame di ricorrenza dei requisiti di concessione della protezione umanitaria, sul presupposto di documentazione di patologie (H.I.V. e T.B.C.) incurabili e suscettibili di solo aggravamento nel tempo (terzo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;

3. il ricorrente ha omesso di confutare, in specifico riferimento alla protezione internazionale, la prima ratio decidendi (di rigetto per assenza di “quel quid novi che legittima per legge la revisione dell’istanza di protezione” oggetto appunto di reiterazione: così al secondo capoverso di pg. 2 del decreto), essendosi limitato alla seconda ratio (“rilevato, comunque, che i motivi di opposizione… “: così al terzo capoverso di pg. 2 del decreto): ciò che comporta l’inammissibilità dei primi due motivi in riferimento alla protezione sussidiaria, per sopravvenuto difetto di interesse, posto che le censure relative alle altre ragioni, esplicitamente fatte oggetto di doglianza, non potrebbero comunque condurre, attesa l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 21 dicembre 2015, n. 25613; Cass. 19 febbraio 2016, n. 3307; 15 luglio 2020, n. 15114);

3.1. in ogni caso, esse si risolvono in una mera contrapposizione argomentativa, senza il supporto di fonti ufficiali alternative né successive, con la contestazione della valutazione del giudice di merito di quelle stesse fonti aggiornate e specificamente indicate dal Tribunale (all’ultimo capoverso di pg. 2 del decreto), congruamente argomentata, insindacabile in sede di legittimità: e pertanto inidonee ad attingere quella specificità dimostrativa dell’inattualità delle informazioni poste dal giudice di merito a base del suo ragionamento decisorio, in assenza (come detto) di puntuali fonti alternative o successive, tali da consentire l’effettiva verifica di violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728; Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769);

3.2. per la protezione umanitaria, valgono analoghe considerazioni a fronte di un’argomentazione più che congrua di esclusione di condizioni di vulnerabilità individualizzanti, tanto meno obiettivamente riscontrate, diverse dalla patologia da cui il richiedente asserisce di essere affetto (tubercolosi) in base ad un certificazione medica risalente al 2017 (così al primo capoverso di pg. 4 del decreto); rispetto ad un tale accertamento, i motivi difettano di specificità sotto il profilo di omessa confutazione, in violazione della prescrizione posta dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige l’illustrazione, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 23 gennaio 2019, n. 1845);

3.3. essi parimenti difettano di specificità, sotto il profilo di mancata trascrizione della documentazione medica genericamente indicata, in violazione della prescrizione posta dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e quindi delle prove stesse, che esso deve essere posto in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, senza a ciò sopperire con indagini integrative (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915, con affermazione di principio ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 10 agosto 2017, n. 19985);

4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto difese e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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