Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20561 del 30/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/08/2017, (ud. 10/11/2016, dep.30/08/2017),  n. 20561

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27955-2013 proposto da:

I.C., M.G.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE PAOLO ORLANDO 25, presso lo studio

dell’avvocato CALOGERO INFUSO, rappresentati e difesi dall’avvocato

CARMELO INFUSO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Z.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 756/2013 del TRIBUNALE di RAVENNA, emessa il

24/06/2013 e depositata il 26/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1) A seguito della notifica di atto di precetto, ritirato, stando al ricorso, il 3 marzo 2008, I.C., in proprio e nella qualità di procuratrice del marito M.G.R., si è opposta tardivamente innanzi al giudice di pace di Ravenna al decreto ingiuntivo notificatole dal notaio Z.E., relativo al pagamento di un compenso professionale.

Ha sostenuto di non aver mai incaricato il notaio, che era stato officiato dal promissario acquirente S.E. P..

Il giudice di pace, rilevato che l’opposizione era stata proposta dopo la scadenza del termine di dieci giorni concesso al ricorrente ai sensi dell’art. 641 c.p.c., comma 2, ha dichiarato improcedibile l’opposizione.

Il tribunale di Ravenna il 26 giugno 2013 ha respinto l’appello proposto dalla I.; ha accolto invece l’appello incidentale dello Z., riliquidando le spese di primo grado in conformità alle tariffe professionali vigenti.

Avverso detta sentenza I.C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.

L’intimato non ha svolto difese.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

2. Con il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso viene dedotta violazione di legge in relazione agli artt. 75,101 e 643 c.p.c., per aver il giudice di merito ritenuto correttamente instaurato il rapporto processuale nei confronti di M.G.R. dopo che la notifica del decreto ingiuntivo era stata eseguita presso la I., sua procuratrice generale, secondo quanto noto allo stesso notaio Z. che aveva rilasciato la procura.

La ricorrente sostiene che la notifica avrebbe dovuto essere effettuata anche nei confronti del rappresentato, in quanto capace e parte sostanziale del processo; afferma che il sig. M. non era stato regolarmente citato e che neppure era mai stato destinatario dell’ingiunzione, notificata soltanto alla sua procuratrice generale I.C. (ricorso, quindicesima pagina, quarto motivo).

3. Le censure appaiono prive di fondamento, atteso che – come rilevato dal giudice d’appello – l’esistenza e la conoscenza della procura generale da parte di chi agisce in giudizio consentono di notificare legittimamente l’atto introduttivo alla persona del rappresentante indicato nella procura, la quale ha l’effetto di porre il procuratore nella medesima posizione del mandante e di costituirlo “alter ego” del mandante medesimo, cosicchè i terzi possano indifferentemente trattare con l’uno o con l’altro (Cass. n. 12202/2013; Cass. n. 9319/2009).

4. Con il terzo ed il quinto motivo è dedotta violazione dell’art. 641 c.p.c., art. 642 c.p.c., comma 2 e art. 1475 c.c..

Parte ricorrente si duole della riduzione del termine per proporre opposizione disposta dal giudice di pace, dalla quale sarebbe scaturito il successivo rilievo di tardività dell’opposizione stessa.

Secondo i ricorrenti la riduzione non avrebbe potuto essere disposta perchè non sussistevano i giusti motivi, in quanto: non esisteva prova scritta del conferimento dell’incarico professionale; il notaio era benestante e gli ingiunti pensionati; a sostenere le spese della compravendita doveva essere il compratore.

5. Le censure appaiono inammissibili, essendo volte a contestare il merito della decisione adottata dal primo giudice in relazione alla sussistenza dei giusti motivi per ridurre il termine.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che il potere, attribuito al giudice dall’art. 641 c.p.c., comma 2, di ridurre o aumentare il termine entro il quale il debitore può proporre opposizione al decreto ingiuntivo “se concorrono giusti motivi” non si sottrae all’obbligo di motivazione imposto, dal primo comma dello stesso articolo (“con decreto motivato”), per l’emissione del provvedimento di ingiunzione se esistono le condizioni previste dall’art. 633 c.p.c.. Tale obbligo di motivazione, come non impone al giudice l’esplicazione delle ragioni che hanno determinato l’accoglimento del ricorso, venendo di regola soddisfatto con rinvio ai motivi addotti dal ricorrente, che vengono portati a conoscenza del debitore ingiunto con la notifica dell’atto di ingiunzione, integrando “per relationem” il decreto stesso, così, per i motivi che consentono la modifica della durata del termine, ed anche le ragioni che li caratterizzano come “giusti”, comporta che risultino enunciati nel provvedimento, quantomeno con rinvio, ancorchè implicito, alle condizioni che ne giustificano la sussistenza, le quali devono esser specificamente rappresentate dal creditore nel testo del ricorso, sì che possa ritenersi che il giudice le abbia lette, vagliate e, quindi, accolte. (Cass. n. 16455 del 20/08/2004; n. 3090 del 16/02/2005).

Nella specie il rispetto dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 641 c.p.c., comma 1, risulta soddisfatto dall’espressa indicazione delle ragioni, richiamate nella sentenza d’appello, la quale ha fatto riferimento all’esiguità della somma ingiunta, al lungo lasso di tempo trascorso, ai reiterati solleciti, motivi ritenuti validi dal giudice di pace e da quello di appello.

Poichè la motivazione sul punto è congrua e corrisponde a una nozione di giusti motivi incensurabile dal punto di vista logico e normativo, la Corte Suprema non ha possibilità di ingerirsi sulla valutazione data.

in questa sede è infatti consentita la sola verifica del rispetto dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 641 c.p.c., comma 1, (cfr. Cass. n. 3090/2005; Cass. n. 16455/2004), che risulta adempiuto con l’espressa indicazione delle ragioni richiamate nella sentenza d’appello.

Invano vengono esposti in proposito argomenti attinenti alla sussistenza del credito e alla configurabilità dell’obbligo in capo al promissario acquirente. Trattasi di questioni di merito, che avrebbero potuto avere ingresso in causa se l’opposizione fosse stata tempestivamente proposta.

La tardività dell’opposizione impedisce di occuparsene anche ai fini della legittimità del provvedimento di riduzione del termine, il quale si fonda sulla prospettazione dell’ingiungente e sul sommario esame che l’autorità adita svolge in sede monitoria.

6. Come esposto nella relazione preliminare, il rigetto dei primi cinque motivi, attinenti alla procedibilità dell’opposizione, rende superfluo l’esame dei restanti due, concernenti il merito della stessa e la richiesta regolazione delle spese a carico dell’ingiungente.

Non vi è ragione infatti per dar spazio a questioni che sono precluse dalla tardività dell’opposizione.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso.

Al rigetto del ricorso non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Dà atto della sussistenza delle condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta 2^ sezione civile, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2017

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