Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20561 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2019, (ud. 10/01/2019, dep. 30/07/2019), n.20561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6075-2018 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 15, presso lo studio dell’avvocato MARCO

CARDINALI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. R.G. 80618/2014 del TRIBUNALE di ROMA,

depositata il 18/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ABRIEI,E

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con ricorso ai sensi della L. n. 354 del 1975, art. 35 ter, P.S. adiva il Tribunale di Roma esponendo di essere stato detenuto presso la casa circondariale di Rebibbia per alcuni periodi tra il 2001 e il 2013, e presso la casa circondariale Regina Coeli nel 2001 e nel 2004, e presso quella di Velletri nel 2013, e nuovamente a Rebibbia, dal 2 luglio 2013 al 19 marzo 2014, lamentando un trattamento inumano e chiedendo la condanna del Ministero della Giustizia al risarcimento dei danni;

con decreto del 18 luglio 2017 il Tribunale di Roma condannava il Ministero al pagamento della somma di Euro 11.856 in parziale accoglimento del ricorso, rilevando che parte ricorrente non aveva contestato le circostanze rappresentate nella documentazione depositata dal Ministero, aggiungendo che nel carcere di Rebibbia e in quello di Regina Coeli, con riferimento a 1482 giorni totali (di cui 7 presso tale ultimo penitenziario) erano ravvisabili le condizioni inumane di detenzione ai sensi dell’art. 3 CEDU;

avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione il Ministero di Giustizia sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso P.S..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo si lamenta la violazione della L. n. 354 del 1975, art. 35 ter e dell’art. 3 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il Tribunale ha ritenuto che nel calcolo della superficie disponibile non si debba tener conto di quella occupata dai letti. La più recente giurisprudenza della Corte EDU, al contrario, farebbe riferimento solo alla superficie della cella, da dividere per il numero dei suoi occupanti. In ogni caso, anche quando lo spazio a disposizione del detenuto risulti inferiore a tre mq, sarebbe possibile escludere la risarcibilità allorchè tale condizione non abbia avuto una durata eccessiva. Al di sotto dei 3 metri quadri sussiste solo una forte presunzione di violazione che può essere superata sulla base di fattori compensativi, relativi alla breve e occasionale durata della reclusione, all’esistenza di una sufficiente libertà di movimento e di svolgimento di sufficiente attività al di fuori della cella e di una complessiva adeguatezza della struttura;

il ricorso è infondato, in quanto la decisione impugnata è in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità più recente (da ultimo, Cass. n. 31558 del 2018 ed altre precedenti) riguardo alla necessaria valutazione degli arredi fissi e dei letti nella determinazione della superficie complessiva usufruibile da parte dei detenuti, mentre i rilievi relativi alla presunzione di trattamento inumano risultano sganciati dalla fattispecie concreta, non avendo il Ministero ricorrente allegato, con violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, alcun elemento in ordine agli eventuali cd fattori compensativi idonei a superare la presunzione;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato sotto il primo profilo infondato e sotto il secondo inammissibile, le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, per la qualità della parte soccombente non ricorrono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 7 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 10 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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