Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20559 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2019, (ud. 10/01/2019, dep. 30/07/2019), n.20559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3589-2018 proposto da:

ROMA CAPITALE (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA MAGNANELLI, (negli Uffici

dell’Avvocatura Capitolina), che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA MULTISERVIZI SPA, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTTO 4, presso lo

studio dell’avvocato LORENZO CALA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

C.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4671/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato il 22 settembre 2005, C.S. evocava in giudizio Roma Capitale al fine di ottenere il risarcimento dei danni, fisici e morali, subiti a seguito delle lesioni personali riportate a causa della caduta in una buca collocata in una aiuola spartitraffico presente in Roma;

si costituiva in giudizio l’amministrazione comunale eccependo il difetto di legittimazione passiva e proponendo domanda di manleva nei confronti di Roma Multiservizi S.p.A., ritenendo vigente, alla data del sinistro, una convenzione per il servizio di manutenzione di alcune aree adibite a verde, tra cui quella in oggetto, con Roma Multiservizi S.p.A. Costituendosi in giudizio quest’ultima società eccepiva che alla data del sinistro non era ancora efficace la convenzione con Roma Capitale, poichè la stessa era stata stipulata solo in data 21 agosto 2001;

il Tribunale di Roma, con sentenza del 23 luglio 2010, accoglieva la domanda condannando l’amministrazione al risarcimento dei danni e dichiarando il difetto di legittimazione passiva di Roma Multiservizi S.p.A., con rigetto della domanda di garanzia;

avverso tale decisione proponeva appello Roma Capitale con atto notificato il 21 ottobre 2011 lamentando che il giudice di prime cure non avrebbe rilevato l’operatività della convenzione stipulata tra il Comune e la società di servizi. Si costituiva quest’ultima contestando la fondatezza del gravame e proponendo appello incidentale condizionato. Si costituiva altresì C.S..

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 13 luglio 2017 rigettava l’impugnazione rilevando che la convenzione era stata stipulata il 21 agosto 2001, successivamente al verificarsi dell’infortunio e che i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione richiedono a pena di nullità la forma scritta, con conseguente irrilevanza di ogni differente comportamento tenuto dalle parti;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Roma Capitale sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso Roma Multiservizi S.p.A.

Diritto

CONSIDERATO

che:

la Corte capitolina nella sentenza impugnata rileva che l’appellante aveva sostenuto che l’art. 10 della convenzione, prevedeva l’affidamento della gestione delle aiuole per un periodo di cinque anni con decorrenza dal 1 novembre 2000, mentre il periodo 1 novembre-31 dicembre 2000 doveva considerarsi fase transitoria idonea per predisporre il servizio, producendo fatture relative alla mensilità di luglio 2001 per cifre consistenti e il verbale di consegna provvisoria delle aree, datato 5 marzo 2001. Tali elementi, secondo la Corte, non erano sufficienti a superare il principio che richiede la forma scritta ad substantiam dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni. Con la conseguenza che prima della data del 21 agosto 2001, di conclusione della convenzione, non poteva ritenersi sussistente il nesso di reciprocità del rapporto, anche con riferimento alle deliberazioni, determinazioni o implicite accettazioni poste in essere dalle parti, trattandosi di meri comportamenti di fatto, privi di efficacia sul piano giuridico;

con il ricorso si deduce l’illegittimità della sentenza per violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. In particolare, la Corte territoriale non avrebbe attribuito valenza decisiva alla delibera del 27 ottobre 2000, con la quale era stata disposta la consegna alla società di servizi delle aree di verde oggetto di appalto. Il profilo della consegna del bene avrebbe dovuto essere valutato come elemento sufficiente, sia per il trasferimento del potere di fatto, che per la costituzione della custodia, con conseguente responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c.;

il motivo è inammissibile perchè dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., in quanto non fornisce l’indicazione specifica del documento su cui si fonda, quanto alla sua localizzazione e, dunque, non consente a questa Corte di verificare la sua fondatezza quanto ai presupposti di fatto.

Inoltre, il vizio dedotto ex art. 360 c.p.c., n. 5, non è riferibile al caso in esame perchè la norma processuale richiamata da parte ricorrente riguarda il diverso caso dell’omesso esame di un fatto storico decisivo, mentre l’omesso esame di un elemento istruttorio (documenti) non integra il vizio in oggetto (Cass. S.U. del 7.4.14 n. 8053);

in terzo luogo l’ipotesi non ricorre, perchè i documenti e le circostanze dedotte sono state oggetto di specifica analisi da parte della Corte d’Appello;

infine, le censure non si confrontano con l’argomentazione centrale adottata dalla Corte territoriale riguardo alla forma scritta ad substantiam del contratto in cui sia parte una PA e ciò a pena di nullità;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 10 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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