Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20559 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. II, 29/09/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 29/09/2020), n.20559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2391-2017 proposto da:

K.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO

36-B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO SCARDIGLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERO PETROCCHI giusta

procura notarile in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FIRENZE, elettivamente domiciliato in ROMA presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, e rappresentato e difeso

dagli avvocati ANDREA SANSONI e DEBORA PACINI giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2236/2016 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata

il 14/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/03/2020 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO;

Lette le memorie depositate dalle parti.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. K.K. proponeva opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Firenze avverso il verbale di contestazione di una contravvenzione al codice della strada del 5 agosto 2010 elevato dalla Polizia Municipale di Firenze.

Il Giudice adito con la sentenza n. 2936/2013 dichiarava il ricorso inammissibile in quanto tardivamente proposto.

Avverso tale sentenza proponeva appello il contravventore con atto di citazione notificato in data 20 dicembre 2013, ed il Tribunale di Firenze, con la sentenza n. 2236 del 14/6/2016, dichiarava l’appello improcedibile, compensando le spese del grado.

Osservava il giudice del gravame che il Comune si era costituito eccependo l’inesistenza della procura alle liti rilasciata dall’appellante, eccezione che si rivelava fondata. Infatti, la procura era stata rilasciata su foglio disgiunto dal ricorso originario, privo di elementi di congiunzione e nemmeno allegato in originale, e con un’indicazione del tutto generica che non soddisfaceva il requisito di specificità, atteso che pur presentando i nominativi delle parti, la firma certificata autentica, il luogo del rilascio ed i poteri attribuiti, era priva di qualsivoglia riferimento alla procedura per la quale era stata rilasciata (ovvero al verbale di contravvenzione in relazione al quale andava proposta opposizione), il che non escludeva che sulla base della medesima procura potessero essere instaurate molteplici procedure giudiziarie, in assenza di uno specifico mandato da parte del cliente, come peraltro verificatosi in altra procedura di opposizione a contravvenzione al codice della strada, proposta da un diverso cittadino tedesco, ma sulla scorta di una procura avente connotati analoghi, e che aveva evidenziato come fosse stata utilizzata la procura anche in più giudizi di opposizione.

Pertanto la procura andava dichiarata inesistente.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione K.K. sulla base di quattro motivi.

Il Comune di Firenze ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

2. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 83 c.p.c., commi 1 e 2, nonchè degli artt. 2702 e 2703 c.c., in relazione all’affermazione da parte della sentenza impugnata che la procura per l’instaurazione di un giudizio di merito necessiti, oltre che dell’indicazione dei nomi delle parti, anche dell’oggetto della lite e della causa cui si riferisce, trascurandosi anche la valenza fidefaciente dell’atto pubblico, attestante quindi anche l’avvenuta sottoscrizione da parte del conferente la procura.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 157 c.p.c., comma 1, art. 112 c.p.c., per avere il giudice d’appello investito di eccezione di nullità della procura alle liti pronunciato tale nullità come insanabile, senza che l’insanabilità venisse dedotta.

Con il terzo motivo si indica poi violazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, per avere il giudice d’appello rilevato un vizio della procura senza aver prima provveduto, come imposto da detta norma, a formulare l’invito a produrre altra procura idonea a sanare ex tunc la costituzione.

3. I primi tre motivi, investendo profili strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

Alla luce dell’inammissibilità di essi per le ragioni di cui in prosieguo, si determina l’assorbimento degli ulteriori profili in essi trattati.

Occorre anzitutto sottolineare che, come si evince dalla statuizione alla p. 1 dell’impugnata sentenza, il tribunale ha esaminato la questione della validità della procura, sulla base di eccezione del comune di Firenze secondo cui “la procura alle liti (nel nostro caso speciale) deve contenere gli elementi del procedimento e/o all’atto al quale afferisce (elementi che risultano ex se laddove la procura speciale sia apposta a margine o in calce agli atti indicati dall’art. 83 c.p.c., comma 3, e/o sia materialmente congiunta all’atto al quale si riferisce o altrimenti devono essere indicati in modo inequivocabile…”.

In secondo luogo, è necessario notare come il tribunale abbia accertato che “i poteri attribuiti nella procura controversa non consentono neppure indirettamente l’identificazione del giudizio o della categoria di giudizi cui dovrebbe inerire” (pag. 3).

Ciò posto, nell’ambito del primo motivo in particolare (ove la procura nemmeno risulta ritualmente trascritta), il ricorrente, oltre a diffondersi su una presunta – ma insussistente per quanto detto – confusione del tribunale tra procura in calce o a margine e procura speciale separata dall’atto processuale, richiama che, in applicazione dell’art. 83 c.p.c., comma 3, e consolidata giurisprudenza, la procura speciale debba contenere gli elementi identificativi della causa e deduce che la procura in questione li conterrebbe, affidandosi a un precedente in materia lavoristica (Cass. 14/9/2010 n. 20784) secondo cui sono speciali anche le procure che si riferiscono non a una sola causa ma a una “serie specifica di cause, caratterizzate dalla materia trattata o dalla sede territoriale o altrimenti” (così in ricorso p. 9); si critica poi il rilievo del tribunale, secondo cui nel mandato il ricorrente avrebbe dovuto indicare lo specifico verbale di contravvenzione.

Il motivo – al pari delle conseguenziali argomentazioni del secondo e terzo motivo – rinviene la sua inammissibilità nella circostanza che l’accertamento relativo al sussistere di una inequivoca indicazione di una controversia nella procura è un accertamento in fatto, non sindacabile in cassazione se non nei limiti dell’omesso esame di fatto storico dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ex n. 5, non predicabile nel caso di specie, in cui la procura risulta esaminata.

Va, a tal fine ribadito il principio più volte affermato da questa Corte per il quale (cfr. Cass. n. 4864/2007) l’interpretazione della procura al difensore, al fine di individuare l’ambito del mandato conferitogli dalla parte, costituisce valutazione riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata (conf. Cass. n. 21924/2006, che ribadisce che l’interpretazione datane dal giudice di merito è contestabile solo per eventuali omissioni ed incongruità argomentative, e non anche mediante la mera denunzia dell’ingiustificatezza del risultato interpretativo raggiunto, prospettante invece un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità; Cass. n. 1419/2011).

La censura formulata si limita nella sostanza unicamente a contestare l’esito dell’interpretazione offerta del documento in esame dal Tribunale, ma senza peritarsi di segnalare le regole ermeneutiche violate e come si sia concretato l’errore interpretativo, di tal che la stessa non può avere seguito in questa sede.

Nè la soluzione raggiunta appare connotata da incongruità o illogicità, dovendosi a tal fine avere riguardo agli approdi ai quali già è pervenuta in passato questa Corte che (cfr. Cass. n. 12486/2000) ha ritenuto che la procura notarile rilasciata con l’espressione ad litem (nella specie con l’espressione in lingua tedesca “gegen ananghing”) senza alcun riferimento specifico alla causa e alle generalità della controparte fosse radicalmente nulla, non potendo valere nè come procura generale, in mancanza di un’esplicita volontà manifestata in tal senso, nè come procura speciale, per la carenza di riferimenti ad una specifica controversia, non palesandosi illogica l’affermazione secondo cui il solo riferimento alle parti, in assenza di diversi elementi per stabilire l’autorità giudiziaria da adire o il procedimento da promuovere, consentisse di riferire con certezza la procura alla causa poi successivamente introdotta. Acclarato quanto innanzi, la complessiva inammissibilità dei primi tre motivi va chiarita alla luce di almeno taluni ulteriori profili sollevati con il secondo e il terzo motivo, relativi alla ritenuta insanabilità non dedotta e alla non attivazione della sanatoria ex art. 182 c.p.c..

Limitando ogni considerazione sul primo aspetto all’afferire alla iura novit novit curia, la statuizione circa la natura della nullità della procura comunque ritualmente eccepita, va nuovamente richiamato, in ordine al secondo aspetto, quanto esposto in premessa nel senso che, in sede di costituzione, appunto, il comune di Firenze ha dedotto specificamente la mancanza degli estremi della lite nella procura separata in violazione dell’art. 83 c.p.c., (cfr. sentenza p. 1).

Alla luce di ciò, quale che fosse la tipologia di nullità, ad avviso del ricorrente, il giudice avrebbe dovuto attivare il disposto dell’art. 182 c.p.c., comma 2, nel testo in vigore dal 04/07/2009 e applicabile ratione temporis al procedimento avviato successivamente. Tale norma prescrive che “quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione”.

Il nuovo testo normativo ha effettivamente imposto una possibilità di sanatoria sia per il difetto sia per la nullità della procura al difensore, con un preciso dovere del giudice di assegnare alla parte interessata un termine perentorio per la sanatoria stessa, onde il rispetto del termine perentorio all’uopo assegnato dal giudice è idoneo a sanare retroattivamente sia la mancanza assoluta sia una qualunque difformità del mandato defensionale per il giudizio di merito rispetto al modello legale, superandosi in tal modo i precedenti orientamenti giurisprudenziali in tema di sanabilità soltanto di alcuni vizi e di incensurabilità, in sede di giudizio di legittimità, della mancata concessione del termine, non più configurabile come potere discrezionale del giudice. In tal senso questa Corte ha affermato nell’interpretazione della predetta norma che il giudice non può dichiarare l’invalidità della costituzione di questa senza aver prima provveduto – in adempimento del dovere imposto dall’art. 182 c.p.c., comma 1, – a formulare l’invito a produrre il documento mancante (o a rinnovare quello viziato); tale invito, nel caso in cui non sia stato rivolto dal giudice istruttore, deve essere fatto dal collegio, od anche dal giudice dell’appello, poichè la produzione o rinnovazione, effettuata nel corso del giudizio di merito anche d’appello, sana ex tunc la irregolarità della costituzione (in questo senso v. tra le recenti, anche per richiami, Cass. n. 6041 del 13/03/2018 oltre che Cass. sez. U n. 26338 del 07/11/2017; per fattispecie rette dalla precedente formulazione dell’art. 182 c.p.c., peraltro, v. Cass. 22559 del 04/11/2015 – che tiene conto della novella – e Cass. n. 3181 del 18/02/2016, n. 4485 del 25/02/2009 e n. 8435 del 11/04/2006). Tale lettura soltanto dell’art. 182 c.p.c., del resto, rende la pronuncia di inammissibilità della domanda giudiziaria per mancanza di mandato a un legale abilitato, con conseguente restrizione all’accesso a un tribunale, proporzionata allo scopo avuto di mira dalla norma di assicurare la difesa tecnica e, quindi, coerente con l’art. 6 c.e.d.u.: gli organi giudiziari degli stati membri sottoscrittori della c.e.d.u., nell’interpretazione della legge processuale, infatti, devono evitare gli eccessi di formalismo, segnatamente in punto di ammissibilità o ricevibilità dei ricorsi, consentendo per quanto possibile, la concreta esplicazione di quel diritto di accesso ad un tribunale previsto e garantito dall’art. 6 di detta convenzione (cfr. ad es. Corte e.d.u., Brualla Gomez de la Torre c. Spagna, 19/12/1997; Guerin c. Francia, 29/07/1998; Perez de Rada Cavanilles c. Spagna, 28/10/1998; Zednik c. Repubblica Ceca, 28/06/2005; oltre numerose altre più recenti; e v. Cass. sez. U cit.)

I motivi di ricorso (il terzo, in particolare) non si fanno però carico di considerare che, come emerge dallo stesso ricorso e dalla sentenza impugnata, il comune di Firenze nel caso di specie aveva esso sollevato la questione di nullità della procura (sembra addirittura già in prime cure, come si ricava dalla lettura del controricorso), nullità non rilevata d’ufficio e non sanata spontaneamente dalla parte privata nella successiva evoluzione processuale, essendosi l’odierno ricorrente limitato a discutere dei profili giuridici di cui innanzi. In tale situazione i predetti principi in tema di applicabilità dell’art. 182 c.p.c., vanno contemperati con l’altro principio (per cui v. Cass. n. 11898 del 28/05/2014 e sez. U n. 4248 del 04/03/2016) secondo il quale, mentre ai sensi dell’art. 182 c.p.c., il giudice che rileva d’ufficio un difetto di rappresentanza deve promuovere la sanatoria, assegnando alla parte un termine di carattere perentorio, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze di carattere processuale, nel diverso caso come quello in esame – in cui l’eccezione di difetto di rappresentanza sia stata tempestivamente proposta da una parte, l’opportuna documentazione va prodotta immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto o comunque assegnato dal giudice, giacchè sul rilievo di parte l’avversario è chiamato a contraddire.

Ne deriva che, nel caso in esame, non è legittimamente predicabile quanto sostenuto nel terzo motivo, con conseguente inammissibilità complessiva dell’argomento, essendo stato l’ordine ex art. 182 c.p.c., reso inutile dalla già chiaramente formulata eccezione del comune di Firenze, che imponeva al trasgressore di attivarsi per la sanatoria, in mancanza della quale la nullità diveniva insanabile, assumendo la parte che non abbia inteso adeguare tempestivamente la documentazione procuratoria all’eccezione della controparte il rischio che quest’ultima, in qualunque stato e grado del processo essa sia ancora esaminabile, possa essere condivisa in sede di decisione (per l’impossibilità di avvalersi della norma di cui all’art. 182 c.p.c., ove il rilievo della nullità sia conseguenza di una contestazione della controparte, si veda, con specifico riferimento a controversie vertenti su analoghe contestazioni di contravvenzioni al codice della strada tra altri cittadini stranieri ed il Comune di Firenze, Cass. n. 22892/2018; Cass. n. 24212/2018, principio poi riaffermato anche in altre controversie di diversa natura da Cass. n. 6996/2019; Cass. n. 34467/2019; Cass. n. 18074/2019; Cass. n. 17974/2019; Cass. n. 13312/2019).

A fronte della contestazione dell’appellato, poichè non risulta che la parte ricorrente abbia inteso attivarsi per provvedere alla sanatoria del vizio denunciato, nè che abbia chiesto la concessione del termine di cui all’art. 182 c.p.c., alla luce di quanto esposto deve escludersi la fondatezza dei motivi in esame, posto che, anche a voler reputare, una volta esclusa la validità della procura, che il vizio del quale è affetta sia quello meno grave della nullità, non era più possibile attivare il meccanismo sanante di cui all’art. 182 c.p.c..

4. Il quarto motivo infine denuncia tif violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè il Tribunale avrebbe dichiarato l’appello improcedibile senza però procedere all’esame del merito degli altri motivi di appello, e ciò in violazione del principio della ragione più liquida.

Il motivo deve essere disatteso.

In disparte l’evidente profilo di inammissibilità legato alla denuncia di un preteso error in procedendo con il richiamo al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. S.U. n. 17931/2013), la critica però invoca in maniera non adeguata il principio della ragione più liquida che consente al giudice di pervenire alla decisione sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c., (cfr. da ultimo Cass. n. 363/2019; Cass. n. 11458/2018).

Il principio (di cui è però dubbia l’applicabilità nel caso in cui sia invocato al fine di derogare all’ordine di trattazione delle questioni, imposto dall’art. 276 c.p.c., comma 2, potendo quindi essere richiamato solo per scegliere, tra varie questioni di merito, quella che il giudice ritiene “più liquida”, essendogli per contro imposto di esaminare per prime le questioni pregiudiziali di rito rispetto a quelle di merito – cfr. da ultimo Cass. n. 30745/2019), opera sempre che la ragione più liquida della quale si invochi l’applicazione consenta di soprassedere alla disamina di altra questione che avrebbe comunque portato al medesimo risultato per la parte vittoriosa.

Avuto riguardo invece alla fattispecie in esame, il Tribunale ha correttamente proceduto alla disamina prioritaria della questione di rito posta dall’eccezione del Comune, la cui fondatezza si è rilevato avere portata impediente l’esame nel merito della controversia, precludendo quindi inevitabilmente la possibilità di poter valutare le diverse ragioni addotte a sostegno della propria posizione da parte del soggetto che è risultato però soccombente rispetto alla questione pregiudiziale di rito.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al rimborso delle spese in favore del Comune di Firenze, come liquidate in dispositivo.

6. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1-quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

Condanna il ricorrente al rimborso in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 745,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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