Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20559 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. II, 19/07/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 19/07/2021), n.20559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al NRG 26228/2018 proposto da:

B.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato Tiziana

Cosentino;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BERGAMO, rappresentato e difeso dagli Avvocati Vito Gritti,

Silvia Mangili, e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso lo

studio di quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Bergamo n. 387/2018

pubblicata il 13 febbraio 2018.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 marzo 2021 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Giudice di pace di Bergamo, con sentenza n. 455/13 del 26 marzo 2013, ha respinto il ricorso con cui B.M. aveva proposto opposizione al verbale di contestazione n. (OMISSIS), redatto dagli agenti di polizia locale del Comune di Bergamo, per violazione alle norme del C.d.S. (art. 146, commi 1 e 2, violazione della segnaletica stradale; art. 145, commi 1 e 10, mancato rispetto della massima prudenza alle intersezioni delle strade).

2. – Con sentenza n. 387/2018, resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 13 febbraio 2018, il Tribunale di Bergamo ha rigettato l’appello del B..

Il Tribunale ha rilevato che le doglianze dell’appellante si basano su un aspetto – la contestazione della riferibilità a B.M. della responsabilità della causazione del sinistro stradale – che non costituisce oggetto del giudizio di impugnazione delle violazioni del C.d.S..

Ha osservato il Tribunale che sia la mancanza del periodo di “tutto rosso”, sia soprattutto la mancanza di visuale a sinistra avrebbero dovuto indurre il B. ad usare maggiore prudenza prima di iniziare la sua marcia dopo lo scattare del semaforo verde, obbligandolo a verificare con la massima attenzione che l’incrocio fosse effettivamente ed interamente libero da veicoli provenienti dalla strada di intersezione, prima di occupare l’incrocio stesso con il suo veicolo. Anche il fatto che il velocipede guidato da Bo.Es., ferito nell’incidente, possa avere attraversato l’incrocio quando il semaforo della sua direzione di marcia era già rosso, non esimeva affatto il B. dall’obbligo di non intraprendere la sua marcia prima che l’incrocio fosse completamente libero da tutti i veicoli provenienti dalla strada di intersezione.

Su questa base il Tribunale ha ritenuto correttamente irrogata la sanzione per il mancato rispetto della regola di massima prudenza nelle intersezioni stradali.

Il giudice del gravame ha altresì convalidato l’accertamento di mancata osservanza, da parte del B., dell’obbligo di svolta a destra indicato nella segnaletica orizzontale, in violazione dell’art. 146 C.d.S., commi 1 e 2, avendo l’autovettura del B., che procedeva lungo (OMISSIS) in corsia di marcia per la quale era previsto l’obbligo di svolta a destra lungo (OMISSIS), proseguito invece diritto mantenendo la sua direzione su (OMISSIS).

A tale esito il Tribunale è pervenuto dopo aver premesso che la sanzione per mancato rispetto della segnaletica stradale orizzontale di svolta a destra è discesa, non dalla diretta osservazione da parte degli agenti di polizia della violazione del C.d.S., ma da una ricostruzione degli eventi sulla base degli accertamenti tecnici successivi al sinistro stradale (verifica dello stato dei luoghi e dei danni ai veicoli, dichiarazioni rese dai testi ed estrapolazione di immagini dal sistema di video sorveglianza posto all’incrocio semaforico).

3. – Per la cassazione della sentenza del Tribunale di Bergamo B.M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 12 settembre 2018, sulla base di due motivi.

Il Comune di Bergamo ha resistito con controricorso.

4. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, concludendo per il rigetto del ricorso.

5. – In prossimità dell’adunanza in Camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria di costituzione di nuovo difensore, riportandosi integralmente alle precedenti difese; ha depositato, altresì, una memoria (“note difensive autorizzate”).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo (omessa valutazione di circostanze in fatto decisive per la decisione, consistenti nella ubicazione del punto di impatto tra l’autovettura del B. e il velocipede del Bo. e dei danni da impatto sull’autovettura; illegittima applicazione dell’art. 146 C.d.S., commi 1 e 2, nonché dell’art. 126-bis C.d.S., comma 1) il ricorrente sostiene che, al momento del sinistro, cioè allorquando il veicolo del B. si è scontrato con la bicicletta del Bo., l’autovettura del primo stava impegnando l’incrocio tra (OMISSIS) e (OMISSIS) ed era in corso la manovra di svolta a destra, come previsto dalla segnaletica stradale della corsia di (OMISSIS) dalla quale il B. stava provenendo. Ad avviso del ricorrente, la ricostruzione operata dalla polizia locale, e condivisa dal Tribunale, si fonderebbe su una valutazione parziale, e pure erronea, degli elementi rinvenuti sul luogo del sinistro, rilevati quando erano ormai decorsi svariati minuti. Tra gli elementi raccolti dalla polizia locale, riportati nella relazione di sinistro, mancherebbe del tutto il rilievo della posizione dell’autovettura del B., della quale non verrebbero segnalate né l’ubicazione al momento della collisione, né la collocazione al momento della conclusione della dinamica dell’incidente. Il Tribunale di Bergamo – sostiene il ricorrente – avrebbe esplicitamente dichiarato di non avere certezza di quanto effettivamente occorso, ma avrebbe tuttavia ritenuto lecito l’addebito della sanzione per la violazione contestata. Il ricorrente richiama, in particolare, la relazione del Dott. Br., perito incaricato dal B., secondo cui i dati analizzati smentirebbero la ricostruzione della polizia locale e sosterrebbero, invece, la tesi che il B. stesse svoltando a destra nel momento in cui è sopraggiunta la bicicletta con la quale la sua autovettura si è scontrata. Difatti, il punto in cui è avvenuto l’impatto con la bicicletta del Bo. sarebbe in prossimità della linea d’arresto nella corsia percorsa dall’autovettura, quindi prima che l’odierno ricorrente potesse intraprendere e completare la manovra di svolta a destra.

1.1. – Il motivo è infondato.

Innanzitutto il ricorrente, pur denunciando la “illegittima applicazione” dell’art. 146 C.d.S., commi 1 e 2 e art. 126-bis C.d.S., non prospetta alcun vizio interpretativo delle suindicate disposizioni normative, né tantomeno svolge specifiche argomentazioni intese a dimostrare come e perché determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, siano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie (v. Cass., Sez. Lav., 21 agosto 2020, n. 17570).

Come puntualmente osserva il pubblico ministero nelle sue conclusioni scritte, il ricorrente, piuttosto, fa discendere la dedotta illegittima applicazione delle disposizioni del C.d.S. da una errata ricostruzione dell’accaduto operata dal Tribunale di Bergamo sulla base di un non corretto scrutinio delle risultanze istruttorie. In particolare, l’omessa valutazione di circostanze in fatto decisive per la decisione consisterebbe, essenzialmente, nel mancato o comunque incongruo apprezzamento del contenuto della relazione del Dott. Br., perito incaricato dal B., da cui emergerebbe: (a) che il giudice del merito avrebbe omesso di analizzare e ricostruire l’esatta localizzazione del punto d’urto, ovvero del luogo ove si è concretizzata la collisione tra l’autoveicolo del B. e il velocipede del Bo.; (b) che il punto in cui è avvenuto l’impatto con la bicicletta è in prossimità della linea d’arresto nella corsia percorsa dall’autovettura, quindi prima che il B. potesse intraprendere e completare la manovra di svolta a destra.

Ma si tratta della denuncia di un vizio non riconducibile all’ambito della violazione o della falsa applicazione di norme di legge. Invero, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155).

Ora, il ricorrente addebita alla sentenza impugnata di avere ritenuto sussistente la violazione contestata dell’obbligo di svolta imposto dalla segnaletica orizzontale, nonostante il Tribunale abbia espressamente dichiarato di non avere certezza di quanto effettivamente occorso; si duole inoltre del fatto che il Tribunale, non considerando la ricostruzione cinematica operata nell’indagine peritale del Dott. Br., tecnico incaricato di parte, abbia omesso di analizzare e ricostruire l’esatta localizzazione del punto d’urto.

La doglianza non coglie nel segno.

Non è esatto che il Tribunale abbia escluso che dalle risultanze istruttorie si sia raggiunta la certezza della mancata svolta a destra da parte del B., a tanto obbligato dalla segnaletica orizzontale. Al contrario, il giudice d’appello ha convalidato l’accertamento compiuto dagli agenti di polizia locale del Comune di Bergamo circa il mancato rispetto dell’obbligo di svolta a destra indicato nella segnaletica orizzontale. A tale conclusione il giudice del merito è pervenuto sulla base di una pluralità di elementi istruttori: dalle fotografie estrapolate dal sistema di video sorveglianza posto all’incrocio semaforico, alle dichiarazioni rese alla polizia locale dal teste A.P., agli accertamenti tecnici successivi al sinistro stradale compiuti dai vigili urbani.

Tali elementi, apprezzati con logico e motivato apprezzamento, hanno condotto il Tribunale ad escludere che il veicolo del B. avrebbe potuto eseguire la manovra di svolta a destra, obbligatoria nella sua corsia di percorrenza.

D’altra parte, nel percorso motivazionale del giudice del merito è presente anche l’analisi della perizia cinematica di parte, per nulla obliterata dalla sentenza impugnata. Infatti, il Tribunale, prendendo in esame detta perizia, ha sottolineato che dalla stessa (pagg. 12 e 15) risulta che la posizione di quiete del veicolo condotto dal B. era quella posta nella medesima direzione di marcia del veicolo ((OMISSIS) direzione autostrada) e si trovava in luogo prossimo all’angolo di incrocio fra (OMISSIS) e (OMISSIS) opposto al luogo di provenienza dei veicoli che erano fermi al semaforo. Da ciò il Tribunale ha tratto che il veicolo aveva una posizione di quiete che implicava l’avvenuto attraversamento dell’intera intersezione stradale, circostanza di per sé incompatibile con la manovra di svolta a destra.

Il ricorrente attribuisce alla perizia del Dott. Br. – avvalsosi di un software di analisi specialistica per la ricostruzione dei sinistri stradali, che consente l’elaborazione di tutti i dati raccolti dagli inquirenti e l’analisi degli scenari ipotizzabili sulla base di tali elementi – una diversa (e maggiore) valenza dimostrativa, con riguardo alla ricostruzione dell’esatta localizzazione del punto d’urto.

Il ricorrente sostiene infatti:

– che “e’ naturale che dopo l’impatto il conducente dell’autovettura abbia sospeso la manovra di svolta a destra nella quale si stava impegnando immediatamente prima dell’imprevedibile collisione”;

– che “e’ incontestabile la correttezza della condotta del ricorrente che, a seguito del sinistro, provvedeva a spostare il veicolo dalla carreggiata: se l’autovettura fosse rimasta in posizione, visto l’orario ed il luogo (l’incrocio è uno dei punti di maggior traffico nella circolazione viaria dell’intera provincia di Bergamo), si sarebbe completamente bloccato il traffico cittadino, con gravissime ripercussioni sulla circolazione e pure sulla possibilità di un rapido intervento dei mezzi di soccorso”;

– che “nel luogo individuato dal Dott. Br. come punto di impatto, ed alla velocità tenuta dall’avv. B. – dal perito ricostruita

con strumentazione professionale – la manovra di svolta a destra imposta dalla segnaletica stradale era assolutamente possibile”. Si tratta, tuttavia, di una prospettazione difensiva che non si inscrive nell’ambito di un vizio scrutinabile dalla Corte di legittimità. Con tale deduzione, infatti, il ricorrente sollecita un nuovo giudizio di merito attraverso la richiesta di un’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa, laddove il controllo di legittimità non equivale alla revisione del ragionamento decisorio né costituisce occasione per accedere ad un terzo grado ove fare valere la ritenuta ingiustizia della decisione impugnata.

A fronte di una compiuta e argomentata valutazione delle risultanze di causa ad opera del Tribunale di Bergamo, il motivo, nel lamentare l’omesso esame di un’alternativa ricostruttiva emergente dalla relazione del perito di parte, finisce con il risolversi nella critica della sufficienza del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

2. – Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, unitamente alla mancata motivazione della decisione oggetto di ricorso, avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento all’omesso esperimento di c.t.u.) il ricorrente censura l’assoluta carenza di motivazione, da parte del Tribunale di Bergamo, in ordine alla mancata ammissione della consulenza tecnica d’ufficio, reiteratamente richiesta dalla parte in corso di giudizio”.

2.1. – Il motivo è infondato.

Nessuna grave carenza nell’accertamento del fatto è riscontrabile.

Poiché nella specie il Tribunale ha dato mostra di disporre di elementi istruttori sufficienti a dar conto della decisione adottata, fondati in particolare sugli accertamenti tecnici successivi al sinistro stradale compiuti dagli agenti di polizia locale e trasfusi nella relazione dai medesimi redatta, non può essere censurato il mancato esercizio, da parte del giudice, del potere di ricorrere alla nomina di un consulente tecnico d’ufficio, benché regolarmente sollecitata dalla parte, al fine di ricostruire l’esatta dinamica del sinistro e la condotta delle parti coinvolte (Cass., Sez. II, 3 gennaio 2011, n. 72).

E ciò tanto più ove si consideri che l’oggetto della controversia era l’accertamento delle infrazioni al C.d.S., non della responsabilità del sinistro che ne è derivato (Cass., Sez. II, 16 gennaio 2008, n. 728), sicché l’istruzione probatoria condotta dal giudice del merito era finalizzata, non già alla ricostruzione del sinistro stradale ed alla individuazione del responsabile della causazione dello stesso, quanto piuttosto – come ha esattamente osservato il pubblico ministero nelle conclusioni scritte – alla verifica della sussistenza o meno di una determinata condotta che il C.d.S. assoggetta a sanzione amministrativa.

3. – Il ricorso è rigettato.

Le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

4. – Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Comune controricorrente, che liquida in complessivi Euro 850, di cui Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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