Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20558 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. II, 29/09/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 29/09/2020), n.20558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17552-2016 proposto da:

CONDOMINIO di (OMISSIS), in persona dell’Amministratore prò tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M. PRESTINARI 15, presso lo

studio dell’avvocato OBERDAN TOMMASO SCOZZAFAVA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato UGO GIURATO;

– ricorrente –

CIGA S.r.l., COMPAGNIA ITALIANA GRANDI ALBERGHI, in persona del

legale rappresentante prò tempore K.R., società in cui si

è fusa per incorporazione la CIGA HOTELS ITALIA S.r.l.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE, 20,

presso lo studio dell’avvocato DECIO NICOLA MATTEI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO AURICCHIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 523/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/03/2020 dal Consigliere DE MARZO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 27 gennaio 2016 la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dal Condominio di via (OMISSIS) (d’ora innanzi, il Condominio), avverso la decisione di primo grado, che aveva respinto la domanda con la quale il primo aveva chiesto che fosse accertata l’illegittimità dell’uso, da parte della Ciga Hotels Italia s.r.l., estranea al condominio e proprietaria del confinante Hotel Regis Grand, di alcuni vani (scantinato, lavanderia e altri vani attigui all’atrio condominiale), con conseguente condanna della convenuta al rilascio degli stessi, al ripristino della loro originaria destinazione e al risarcimento del danno.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che esattamente il Tribunale aveva ritenuto che il Condominio avesse esercitato un’azione di rivendica, ai sensi dell’art. 948 c.c., testualmente invocato nell’atto di citazione, assumendo l’estraneità della società convenuta al condominio stesso; b) che, alla stregua di tale premessa, il Tribunale aveva rigettato la domanda, non avendo ritenuto che il Condominio avesse fornito la prova della titolarità del proprio diritto, mediante la necessaria, rigorosa dimostrazione di un acquisto a titolo originario; e) che siffatta decisione non era stata in alcun modo censurata, con la conseguenza che su di essa si era ormai formato il giudicato; d) che neppure era ravvisarle, nelle mere difese della società convenuta, una domanda riconvenzionale o un’eccezione avente ad oggetto l’intervenuta usucapione dei beni in contestazione.

3. Avverso tale sentenza il Condominio ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi ai quali ha resistito con controricorso la Compagnia Italiana Grandi Alberghi (CIGA) s.r.l., nella quale si era fusa per incorporazione la Ciga Hotels Italia s.r.l.. Hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, sia il Condominio che la Starwood Italia s.r.l., nella quale si è fusa per incorporazione la CIGA s.r.l..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., comma 2, n. 3 e 4, dell’art. 1117 c.c., nonchè del regolamento condominiale.

Si rileva che erroneamente la Corte aveva qualificato la domanda proposta come rivendica, dal momento che, alla luce della natura condominiale dei beni in discussione, era evidente che il Condominio avesse agito per l’accertamento della proprietà condominiale sulle parti comuni.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, violazione o falsa applicazione dei principi in tema di giudicato, violazione degli artt. 115 e 324 c.p.c., nonchè dell’art. 1117 c.c..

Si osserva: a) che la sentenza impugnata aveva omesso di esaminare il fatto decisivo costituito dalla qualità di condomina della società convenuta, che era stata puntualmente indicata a fondamento dell’atto di appello; b) che, pertanto, non si era formato alcun giudicato.

3. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 948,1117 e 2697 c.c., nonchè del regolamento condominiale.

Si osserva che il condominio può provare l’appartenenza di beni ai sensi dell’art. 1117 c.c., facendo ricorso a presunzioni e senza necessità di fornire una prova piena.

4. I primi tre motivi, per la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

Per intanto, si osserva che, in tema di ricorso per cassazione, l’erronea interpretazione della domande e delle eccezioni non è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), perchè non pone in discussione il significato della norma, ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, ovviamente entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (Cass. 3 dicembre 2019, n. 31546).

Ora, l’esame dell’atto di citazione evidenzia non solo il richiamo esplicito all’art. 948 c.c., ma la non equivoca deduzione che la società convenuta è soggetto estraneo al condominio.

Il fatto che, con l’atto di appello il Condominio abbia mutato prospettazione è privo di qualunque rilievo, in quanto comporta una inammissibile mutatio libelli, che sarebbe persino rilevabile d’ufficio in questa sede (v., ad es., Cass. 30 settembre 2014, n. 20557).

In altre parole, è certamente esatto che la presunzione legale di proprietà comune di parti del complesso immobiliare in condominio, che si sostanzia sia nella destinazione all’uso comune della res, sia nell’attitudine oggettiva al godimento collettivo, dispensa il condominio dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta probatio diabolica (Cass. 17 febbraio 2020, n. 3852), ma ciò vale appunto nei rapporti coi i singoli condomini e non quando si agisca nei confronti di soggetti individuati come terzi estranei.

Infatti, la premessa della conclusione appena ricordata è l’esistenza di una presunzione legale di “proprietà comune”.

D’altra parte, come di recente puntualizzato da questa Corte, il principio dell’indifferenza tra accertamento della proprietà esclusiva ovvero della comproprietà deve reputarsi effettivamente operante nel caso in cui l’azione sia diretta verso il terzo estraneo, asseritamente autore della condotta lesiva del diritto di proprietà ovvero nei cui confronti sia richiesto il rilascio del bene, in quanto in tal caso l’assenza di diritti di comunione sul bene da parte del convenuto implica che l’accertamento circa la fondatezza della domanda non involga apprezzamenti anche in fatto differenti, atteso che, in entrambe le ipotesi, la fondatezza della domanda presuppone l’assenza di un contrastante o concorrente diritto di proprietà del convenuto, posto che il mutamento della prospettazione della causa giustificativa della domanda si pone in un ambito solo quantitativo, investendo la misura del diritto di proprietà attribuito al richiedente (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32146). Per la situazione che ricorre nella vicenda in esame, deve invece qualificarsi come nuova la domanda che, fermo restando il petitum, assuma che la tutela sia richiesta dal Condominio nei confronti del condomino previa immutazione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio, in guisa tale da introdurre nel processo un tema di indagine e di decisione nuovo, perchè fondato su presupposti diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo del giudizio, così da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza.

D’altra parte, una volta tenuta ferma la qualificazione della domanda originariamente proposta, appaiono del tutto inconferenti i richiami all’art. 1117 c.c. e al regolamento condominiale.

5. Con il quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, deducendo che la Corte territoriale non si era avveduta che la controparte in primo grado aveva sollevato eccezione di usucapione.

La doglianza, al di là dell’erroneità del parametro normativo di riferimento, è inammissibile, in quanto non è accompagnata da alcuna puntualizzazione sulla rilevanza della questione, sia pure nei termini di una denunciata violazione di legge conseguente al mancato rilievo dell’eccezione proposta dalla controparte.

6. In conseguenza, il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonchè delle questioni trattate.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

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