Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20554 del 30/09/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20554 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso 1681-2011 proposto da:
ROSSETTI

EDOARDO

RSSDRD46D23D599Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CARLO FELICE 89, presso lo
studio dell’avvocato TIZIANO MARIANI, rappresentato e
difeso dall’avvocato GIANPIERO SAMORI’ giusta procura
in calce al ricorso;
– ricorrente –

2014

contro

1698

CORBELLI ERMANNA CRBRNN29H42F2570;
– intimata –

Nonché da:

1

Data pubblicazione: 30/09/2014

CORBELLI

ERMANNA

CRBRNN29H42F2570,

elettivamente

domiciliata in ROMA, P.ZA COLA DI RIENZO 69, presso lo
studio dell’avvocato GUIDO ORLANDO, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato CESARE FILIPPO
CASARINI giusta procura in calce al controricorso e

– ricorrente incidentale contro

ROSSETTI EDOARDO RSSDRD46D23D599Z;
– intimato –

avverso la sentenza n. 256/2010 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 29/07/2010 R.G.N. 1652/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/07/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;
udito l’Avvocato FABIO MASSIMO ORLANDO per delega;
udito l’Avvocato GUIDO ORLANDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e per
l’inammissibilita’ del ricorso incidentale.

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ricorso incidentale;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Edoardo Rossetti convenne, davanti al tribunale di Modena,
Ermanna Corbelli esponendo che, nel mese di aprile del 1990, tra
Monica Rossetti, figlia del ricorrente e la convenuta era stato
concluso un contratto di locazione relativo ad un immobile ad

della somma di £. 150 milioni a titolo di cd. buona entrata, con
l’intesa che la somma sarebbe stata restituita alla cessazione
del rapporto; che, al termine della locazione, avvenuta nel
gennaio 1998, la somma versata dal ricorrente, non era stata
restituita.
Su tali basi,

chiese la condanna della convenuta alla

restituzione della somma sul presupposto della nullità del patto
concluso in violazione del divieto di cui all’art. 79 l. n. 392
del 1978.
Si costituì la Corbelli contestando il fondamento della domanda.
Il tribunale accolse il ricorso condannando la Corbelli alla
restituzione della somma di e 77.478,00.
A diversa conclusione pervenne la Corte d’Appello che, con
sentenza del 21.2.2005, dichiarò inammissibile la domanda per
essere il Rossetti decaduto dall’azione ai sensi dell’art. 79,
comma 2, 1. n. 392 del 1978, non avendo proposto azione di
ripetizione nel termine semestrale previsto.
La Corte di cassazione, davanti alla quale il Rossetti aveva
proposto ricorso, con sentenza del 16.10.2008, accolse il primo
motivo rilevando che l’eccezione di decadenza, in quanto non
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uso non abitativo; che la locatrice aveva preteso il versamento

proposta nel giudizio di primo grado, non avrebbe potuto essere
esaminata dalla Corte di merito, rigettò il ricorso incidentale
della Corbelli, cassò la sentenza impugnata disponendo il rinvio
ad altra sezione della Corte d’Appello di Bologna.
Il giudizio fu riassunto dal Rossetti.

sentenza del tribunale, rigettò la domanda proposta dal Rossetti
nei confronti della Corbelli per prescrizione del diritto
disponendo la consequenziale restituzione alla Corbelli della
somma dalla stessa versata in esecuzione della sentenza di primo
grado.
Ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi Edoardo
Rossetti.
Resiste con controricorso Ermanna Corbelli che ha anche proposto
ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ricorso principale

Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia

in via

principale, l’illegittimità del capo della sentenza impugnata
che ha accolto l’eccezione di prescrizione opposta dalla signora
Corbelli per violazione, o comunque falsa applicazione, degli
artt. 79 l. n. 392/1978 e 2935 c.c..
Con il secondo motivo si denuncia

in via principale alternativa,

l’illegittimità del capo della sentenza che ha accolto
l’eccezione di prescrizione opposta dalla signora Corbelli per
violazione, o comunque falsa applicazione dell’art. 2935 c.c..
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La Corte d’Appello, con sentenza del 29.7.2010, in riforma della

Le censure, esaminate congiuntamente per la loro evidente
connessione, non sono fondate.
Occorre muovere dalla considerazione – peraltro ovvia – che il
pagamento, per dar vita ad un’eventuale pretesa restitutoria di
chi assume di averlo indebitamente effettuato, si deve essere

quel medesimo soggetto (cd.

solvens),

con correlativo

spostamento patrimoniale in favore di altro soggetto (cd.
accipiens);

e che esso può essere definito indebito – con

conseguente diritto alla ripetizione, a norma dell’art. 2033
c.c. – quando difetti di un’idonea causa giustificativa.
La conseguenza è che non è ipotizzabile il decorso del termine
di prescrizione del diritto alla ripetizione se non dal momento
in cui sia intervenuto quell’atto giuridico, definibile come
pagamento, che l’attore pretende essere indebito (nello stesso
senso Cass. 12.5.2014 n. 10250; Cass. 15.7.2011 n. 15669).
Una tale conclusione non muta nel caso in cui il pagamento debba
dirsi indebito in conseguenza dell’accertata nullità del negozio
giuridico in esecuzione del quale esso è stato eseguito; e ciò
perché diverse sono le due domande; l’una volta a far dichiarare
la nullità di un atto, che è imprescrittibile,

ex

art. 1422

c.c.; l’altra volta ad ottenere la condanna alla restituzione
della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo.
In proposito questa Corte ha più volte ribadito (da ultimo Cass.
24.3.2014 n.

6857 conforme a S.U. 2.12.2010 n. 24418; in

precedenza Cass.

13.4.2005 n.
5

7651)

che

il termine di

concretizzato nell’esecuzione di una prestazione da parte di

prescrizione inizia a decorrere, non già dalla data del
passaggio in giudicato della decisione che abbia accertato la
nullità del titolo giustificativo del pagamento, ma da quella
del pagamento stesso .
E la ragione sta in ciò che l’azione di nullità, per essere

voglia, ha effetti retroattivi, ripristinando

ex tunc

la

situazione giug4N40 preesistente e rendendo, perciò, stesso
indebito, sin dal momento della sua esecuzione, il pagamento
effettuato.
Ciò che garantisce l’unitarietà e l’intrinseca coerenza del
sistema, in ragione della sua omogeneità con il principio,
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, per il quale la
prescrizione decennale del diritto alla ripetizione di quanto
pagato, in applicazione di una norma successivamente dichiarata
incostituzionale, decorre, ai sensi dell’art. 2935 c.c., dal
giorno del pagamento stesso, non già dalla data della pronuncia
d’incostituzionalità o della pubblicazione della medesima,
configurandosi la vigenza della norma viziata da
incostituzionalità non ancora dichiarata, come una mera
difficoltà di fatto, che non impedisce la possibilità di far
valere la pretesa restitutoria (Cass. 25.5.2001 n. 7174; Cass.
15.3.2001 n. 3796).
Né alcun pregio ha il rilievo per il quale sarebbe necessario
che il convenuto sollevi una qualche eccezione in tal senso,
posto che l’effetto di far decorrere i termini della
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un’azione dichiarativa o di mero accertamento, che dir si

prescrizione ordinaria

– e conseguentemente di esporre il

conduttore al rischio di una valida eccezione in tal senso – è
legato unicamente alla circostanza che l’azione per il recupero
della somma eventualmente prestata in violazione dell’art. 79 l.
n. 392 del 1978 sia stata proposta oltre il termine di sei mesi

Va, quindi, ribadito sul punto il seguente principio di diritto
(applicato nell’impugnata decisione): ” Il termine semestrale di
decadenza per l’esercizio dell’azione di ripetizione delle somme
sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione
dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, previsto
dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79, comma 2
temporis

(ratione

applicabile), fa sì che, se l’azione viene esperita

oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio
dell’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è
già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli
consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato
corrisposto fino al momento del rilascio dell’immobile locato;
il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione
di prescrizione ” (da ultimo Cass. 7.7.2010 n. 16009; nello
stesso senso Cass. 13.5.2008 n. 11897; Cass. 26.5.2004 n.
10128).
Neppure può essere seguita la tesi per la quale

si sarebbe

formato il giudicato interno sul capo della sentenza di primo
grado che aveva qualificato la dazione della somma di denaro

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come previsto dalla norma.

quale integrante la buona entrata, e pertanto nulla ai sensi
dell’art. 79 citato.
E ciò perché la Corte di merito si era limitata ad accogliere
soltanto l’eccezione proposta in via preliminare, senza entrare
nel merito.
l’illegittimità del capo della

sentenza impugnata che ha rigettato la domanda del signor
Rossetti di accertamento dell’obbligo, assunto dalla signora
Corbelli nei suoi confronti, di restituirgli, alla cessazione
del contratto di locazione stipulato con la signora Rossetti
Monica, la somma di £ 150.000.000 versatale per la sua
sottoscrizione per violazione, o comunque falsa applicazione,
dell’art. 2697 c.c. ovvero per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio.
Il motivo non è fondato.
La Corte di merito ha puntualmente e motivatamente accertato con riferimento al merito della vicenda – le ragioni per le
quali le risultanze probatorie in atti non consentivano di
ritenere raggiunta la prova di un accordo di restituzione fra le
parti.
L’esaustività delle argomentazioni esclude qualsiasi vizio
motivazionale.
Conclusivamente, il ricorso principale è rigettato.
ricorso incidentale

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Con il terzo motivo si denuncia

Il ricorso incidentale è inammissibile non essendo stata
formulata alcuna censura in relazione alla sentenza impugnata.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle
spese.
P.Q.M.

l’incidentale. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, il giorno 2 luglio 2014, nella camera di
consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione.

La Corte rigetta il ricorso principale. Dichiara inammissibile

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