Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20554 del 30/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 30/08/2017, (ud. 27/06/2017, dep.30/08/2017),  n. 20554

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29384-2014 proposto da:

P.S., G.C., P.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE VATICANO 48, presso lo studio

dell’avvocato GIORGIO BENITO MARIELLA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANTONIO MARIOTTI;

– ricorrenti –

contro

B.E., S.F.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

PANARITI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ASCANIO SFORZA FOGLIANI;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di PIACENZA del 30/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Ardizi per delega dell’Avvocato Panariti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.C., P.M. e P.S. hanno proposto ricorso articolato in unico motivo avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Piacenza il 30/10/2014. Questa ordinanza ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 1690/2013, per l’importo di Euro 12.622,10, oltre interessi, emesso su domanda degli avvocati B.E. e S.F.C. ed avente ad oggetto i compensi professionali relativi al patrocinio legale prestato in un giudizio di divisione immobiliare (in particolare, liquidati in somma di Euro 6.345,77 per l’avvocato B. ed in Euro 6.237,19 per l’avvocato S.F.). Gli avvocati B.E. e S.F.C. resistono con controricorso.

Ritenuta l’applicabilità in rito del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 14, il Tribunale di Piacenza ha poi, nel merito, affermato che le modalità di calcolo del compenso liquidato agli avvocati opposti fossero errate, dovendosi determinare il valore della causa di divisione non in base a quello della massa attiva (e dunque, nella specie, pari ad Euro 215.761,02), ma a quello della quota in contestazione (nella specie, pari ad Euro 43.190,48). Pertanto, ha deciso il Tribunale, per liquidare il compenso agli avvocati B.E. e S.F.C. si doveva far capo allo scaglione delle cause ricomprese fra Euro 25.900,01 ed Euro 51.700,00. Pur tuttavia, anche applicando questo scaglione, tenuto conto dei relativi valori massimi, della complessità della vicenda, delle memorie e degli atti difensivi depositati, della partecipazione ad un elevato numero di udienze, dell’importanza delle questioni giuridiche trattate e dei risultati vantaggiosi conseguiti, il compenso dovuto è stato quantificato dal Tribunale di Piacenza nello stesso importo ingiunto, scomputati gli acconti già corrisposti.

I ricorrenti hanno presentato in data 22 giugno 2017 memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. L’unico motivo del ricorso di G.C., P.M. e Stefania deduce la violazione del combinato disposto della L. 7 novembre 1957, n. 1051, art. 1, dell’art. 1, cap. I, art. 1, sub 2, e degli artt. 4 e 6 del D.M. n. 127/2004. Assumono i ricorrenti che, condivisa l’applicabilità dello scaglione delle cause ricomprese fra Euro 25.900,01 ed Euro 51.700,00, occorreva tener conto della rispettiva misura massima degli onorari, per poi suddividerli al 50% per ciascuno dei due avvocati. Vengono perciò allegati conteggi per dimostrare che vi siano stati superamenti dei massimi tariffari: ad esempio, per studio controversia Euro 1.500,00 (Euro 750,00 per ciascun avvocato) a fronte di un massimo tariffario pari ad Euro 835,00 (Euro 417,50 per ciascun avvocato); per consultazioni clienti Euro 800,00 (Euro 400,00 per ciascun avvocato) a fronte di un massimo tariffario pari ad Euro 420,00 (Euro 210,00 per ciascun avvocato), e così via.

I.1. Va premesso, disattendendo così l’eccezione pregiudiziale dei controricorrenti, che è ammissibile il proposto ricorso per cassazione, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, comma 4, che dichiara inappellabile l’ordinanza che definisce la procedura L. n. 794 del 1942, ex art. 28. Poichè l’ordinanza del Tribunale di Piacenza non ha comunque statuito sull'”an” del compenso, ma solo sul “quantum”, neppure qui rileva la questione, oggetto di contrasto, rimessa alle Sezioni Unite con l’ordinanza interlocutoria della 6-2 Sezione civile n. 13272 del 25/05/2017.

L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio, più volte affermato da questa Corte, per cui, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma quello della quota in contestazione. In particolare, l’art. 6 del D.M. n. 127 del 2004(nella specie applicabile ratione temporis), pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, per i quali stabilisce che il valore è determinato in relazione “alla quota o ai supplementi di quota in contestazione” (Cass. Sez. 2, 04/05/2012, n. 6765).

La censura mossa dai ricorrenti è poi infondata, in quanto parte dall’erroneo presupposto per cui il Tribunale, dopo aver ricondotto la causa allo scaglione ricompreso fra Euro 25.900,01 ed Euro 51.700,00, avrebbe dovuto suddividere al 50% per ciascuno dei due avvocati la misura massima degli onorari spettante per le singole voci.

I ricorrenti non tengono così per conto della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 6 (ancora recepito nell’art. 7 D.M. 8 aprile 2004, n. 127, costituente la disciplina ratione temporis nella specie applicabile), per come costantemente interpretato da questa Corte, nel senso che, ove più avvocati siano incaricati della difesa in un procedimento civile, ciascuno di essi ha diritto all’onorario nei confronti del cliente in base all’opera effettivamente prestata, che deve essere opportunamente dimostrata in caso di contestazioni del cliente, facendosi semplicemente salva dalla disposizione in esame la possibilità di apportare “quella riduzione che fosse reputata giusta in rapporto al concorso degli altri avvocati” Di tal che, la L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 6, si limita a garantire la facoltà di tenere conto del concorso degli altri avvocati nella determinazione degli onorari nell’ambito dei minimi e dei massimi previsti dalla tariffa professionale, ma non prescrive alcuna obbligatoria riduzione, nè questo automatismo è stato contemplato nelle deliberazioni del Consiglio nazionale forense recepite con i decreti ministeriali. Il diritto individuale al distinto onorario rimane escluso piuttosto se, essendo stato richiesto il pagamento di una sola parcella, e non essendo state in essa indicate separatamente le prestazioni di ciascuno degli avvocati, risulta implicitamente ed inequivocabilmente una reciproca sostituzione nelle singole prestazioni, poi sommate nella specifica (laddove, nel caso in esame, gli avvocati B. e S.F. risultano aver richiesto il pagamento di due distinte parcelle, che ne indicavano separatamente le attività adempiute) (Cass. Sez. 2, 04/11/2010, n. 22463; Cass. Sez. 2, 12/07/2000, n. 9242; Cass. Sez. 2, 19/10/1992, n. 11448).

II. Il ricorso va perciò rigettato e i ricorrenti vanno condannati a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2017

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