Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20552 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. II, 30/07/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 30/07/2019), n.20552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13482-2015 proposto da:

L.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G

MAZZINI n. 55, presso lo studio dell’avvocato LUCA CRIPPA, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE n. 144, presso lo

studio dell’avvocato BETTINO TORRE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato RICCARDO D’ALIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1543/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/04/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 28.6.2009 L.B. conveniva in giudizio innanzi il Tribunale di Roma l’I.N.A.I.L. Istituto Nazionale per gli Infortuni sul Lavoro, invocando l’emissione di sentenza costitutiva del trasferimento a suo favore della proprietà di un appartamento sito in territorio del Comune di (OMISSIS). A fondamento della domanda l’attrice esponeva di essere subentrata a M.R., già conduttore dell’immobile, nella locazione dello stesso; che l’INAIL aveva offerto al M. la facoltà di esercitare il diritto di prelazione per l’acquisto del bene; che tale facoltà era stata esercitata dal M.; che essa attrice si era offerta di perfezionare la compravendita.

Si costituiva l’INAIL resistendo alla domanda.

Con sentenza n. 14394/2010 il Tribunale rigettava la domanda ritenendo che l’attrice non avesse dimostrato il subentro nel rapporto locativo.

Interponeva appello la L. e si costituiva l’INAIL per resistere al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 1543/2014, la Corte di Appello di Roma rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione L.B. affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso l’INAIL.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 perchè la Corte di Appello avrebbe apoditticamente ritenuto non idonea, ai fini della prova del subentro della L. nel rapporto locativo, la circostanza che la medesima aveva pagato i canoni locativi, senza procedere ad alcuna valutazione delle varie circostanze di fatto allegate da parte attrice.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta invece la violazione dell’art. 2932 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la legittimazione della ricorrente all’esercizio dell’azione costitutiva.

Le due censure, che per la loro connessione possono essere esaminate congiuntamente, sono inammissibili.

Esse, infatti, si risolvono in una richiesta di riesame del merito, preclusa in questa sede in quanto estranea all’oggetto del giudizio di Cassazione. Il motivo di ricorso, infatti, non può mai risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790).

La prima censura, inoltre, è anche carente della necessaria specificità, in quanto la ricorrente – nel lamentare l’omessa considerazione, da parte della Corte territoriale, della documentazione prodotta dalla L. – neppure indica quali sarebbero le circostanze, o gli specifici documenti, che il giudice di appello avrebbe tralasciato di considerare.

Inoltre, le doglianze sono ulteriormente inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1 in quanto la Corte romana ha deciso in coerenza con il consolidato orientamento di questa Corte.

Ed infatti occorre partire dal principio per cui “I contratti di cui sia parte una P.A. debbono rivestire la forma scritta anche quando la P.A. agisca iure privatorum, onde consentire tanto l’esatta individuazione del contenuto negoziale quanto i necessari controlli delle autorità tutorie, con conseguente inammissibilità di qualsivoglia manifestazione di volontà delle parti implicita o desumibile da comportamenti meramente attuativi”(Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21138 del 04/11/2004, Rv. 578652; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8621 del 12/04/2006, Rv. 588874; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 209 del 09/01/2007, Rv. 594194; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8539 del 14/04/2011, Rv. 617368).

Nel caso di specie, nè dalla lettura della sentenza impugnata nè dai motivi di ricorso emerge che la ricorrente abbia allegato, nel corso del giudizio di merito, un titolo idoneo in forma scritta che ne legittimasse il subentro nel rapporto locativo. Nè può giovare alla ricorrente il fatto di aver provveduto al pagamento del canone locativo, peraltro per un periodo imprecisato, posto che l’obbligazione di versare al proprietario una somma parametrata al valore locativo dell’immobile non trae necessariamente origine dall’esistenza di un valido titolo contrattuale idoneo a legittimare il godimento del cespite, ma piuttosto dalla sua materiale disponibilità in capo all’occupante, ancorchè sine titulo.

Inoltre, va anche considerato che “In tema di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico… le vantaggiose condizioni relative al prezzo di vendita degli immobili oggetto di dismissione trovano applicazione in favore dei soli conduttori, in regola col pagamento dei canoni e in possesso di un valido contratto di locazione, che abbiano manifestato la volontà di acquistare entro il termine… o abbiano esercitato il diritto di opzione” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23074 del 26/09/2018, Rv. 651005). Ne deriva che gli occupanti sine titulo dell’immobile, non rivestendo la qualità di conduttori e non essendo in possesso di un titolo in forma scritta idoneo al subentro nel rapporto locativo, non possono avvalersi della dichiarazione di voler acquistare l’immobile formulata dal precedente conduttore dello stesso.

Va infatti riaffermato che in tema di locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica il diritto di prelazione per l’acquisto dell’immobile “… richiede non solo che gli assegnatari e i familiari conviventi detengano l’immobile sulla base di un valido contratto di locazione ad uso abitativo, ma anche che sussista il requisito ulteriore della effettiva e personale utilizzazione del bene da oltre un quinquennio, gravando su colui che agisce per far valere tale diritto l’onere di provare i relativi fatti costitutivi” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15380 del 26/07/2016, Rv. 641294; cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18494 del 03/09/2007, Rv. 598969; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30721 del 27/11/2018, Rv. 651596).

Non avendo la L. fornito la prova del consenso dell’INAIL al suo subentro nel rapporto locativo già esistente tra l’istituto proprietario ed il M.R., inquilino dell’appartamento di cui è causa, nè avendo dimostrato la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge per l’esercizio del diritto di prelazione all’acquisto, la Corte territoriale ha giustamente confermato il verdetto reiettivo del primo giudice. In definitiva, a fronte dell’inammissibilità di ambedue i motivi il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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