Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2055 del 29/01/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2055 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 12690-2015 proposto da:
EL.IM. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore sig.
VINCENZO VENTIMIGLIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FABIO MASSIMO 107, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO
TORINO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

AZIENDA AGRICOLA CARBONE ERNESTO, in persona del suo
omonimo titolare legale rappresentante

pro tempore

ERNESTO

CARBONE, domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ETTORE

Data pubblicazione: 29/01/2018

FRANCESCO ZAGARESE giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 821/2013 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI,
depositata in data 11/11/2013;

2/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ALBERTO CARDINO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La El.im. S.r.l. propose opposizione tardiva avverso il d.i. n.
112/09, emesso dal Tribunale di Castrovillari in data 25 marzo 2009,
munito di formula esecutiva il 10 novembre 2009, con il quale le era
stato ingiunto di pagare, in favore dell’Azienda Agricola Carbone
Ernesto, la somma di euro 8.369,08, oltre spese liquidate in euro
572,50, per la vendita di olive da olio, come da fattura n. 11 del 30
novembre 2008.
L’opponente eccepì, preliminarmente, l’irregolarità e/o la nullità
e/o l’inesistenza della notifica del d.i. opposto, con rimessione
dell’opponente nei termini di rito ex art. 650 cod. proc. civ.; nel
merito, dedusse la nullità/infondatezza del d.i. opposto per
inesistenza del debito e chiese la revoca del detto d.i., con condanna
della parte opposta alle spese di lite.
L’Azienda Agricola Carbone Ernesto si costituì eccependo, in via
preliminare, l’inefficacia, l’inammissibilità e la tardività dell’atto di
opposizione tardiva; nel merito, contestò

in toto

le deduzioni

dell’opponente e chiese il rigetto dell’opposizione, con conferma del
d.i. opposto e con vittoria delle spese di lite.
Il Tribunale adito, con sentenza datata 11 novembre 2013,
ritenendo che il d.i. fosse stato regolarmente notificato, dichiarò

Ric. 2015 n. 12690 sez. 53 – ud. 02-02-2017
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udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

inammissibile l’opposizione, confermò il d.i. opposto e condannò
l’opponente alle spese di lite.
Avverso tale decisione la parte soccombente propose gravame cui
resistette l’appellata.
Con ordinanza ex art. 348-ter cod. proc. civ. del 10 marzo 2015,

dell’impugnazione.
Avverso la sentenza del Tribunale la El.im. S.r.l. ha proposto
ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Ha resistito con controricorso l’Azienda Agricola Carbone Ernesto.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Va

anzitutto

rigettata

l’eccezione,

sollevata

dalla

controricorrente di inammissibilità del ricorso per genericità della
procura, essendo la stessa priva di data e di ogni riferimento all’atto
da impugnare.
Ed

invero,

secondo

il

consolidato

orientamento

della

giurisprudenza di legittimità, al quale va data continuità in questa
sede, la procura speciale per la proposizione del ricorso per
cassazione deve essere conferita in epoca anteriore alla notificazione
dello stesso, investire espressamente il difensore del potere di
proporre il ricorso suddetto ed essere rilasciata in data successiva alla
sentenza oggetto dell’impugnazione; in particolare, se la procura è
apposta a margine del ricorso, tali requisiti si desumono,
rispettivamente, quanto al primo, dall’essere stata la procura
trascritta nella copia notificata del ricorso, e, quanto agli altri due,
dalla menzione che, nell’atto a margine del quale essa è apposta, si
fa della sentenza gravata, restando, invece, irrilevante che la stessa
sia stata conferita in data anteriore a quella della redazione del
ricorso e che non sia stata indicata la data del suo rilascio, non
essendo tale requisito previsto a pena di nullità (Cass. 30/11/2016, n.

Ric. 2015 n. 12690 sez. 53 – ud. 02-02-2017
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la Corte di appello di Catanzaro dichiarò l’inammissibilità

24422; Cass., ord., 22/01/2015, n. 1205; Cass. 1/09/2014, n.
18468; Cass. 13/09/2006, n. 19560).
2. Con il primo motivo, rubricato «Violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 140, 145, 149 e 156 c.p.c., dell’art. 8 L.
890/1992, ex art. 360, comma I, n. 3) c.p.c.», la società ricorrente

grado) abbia emesso una sentenza illogica, carente e contraddittoria,
non avendo tenuto conto dell’inquadramento della fattispecie, degli
articoli richiamati in rubrica e delle sentenze della Corte
costituzionale.
In particolare la ricorrente sostiene che la cartolina di avviso di
deposito (CAD) non sarebbe mai pervenuta nella sfera conoscitiva del
destinatario in quanto sulla stessa sarebbe stato apposto un indirizzo
ed un nominativo sbagliato, essendo stato scritto ELIPMP anziché
ELIM e sarebbe stato indicato il numero civico 9 anziché 8 e ciò
sarebbe stato ritenuto irrilevante dal Giudice di prime cure, il quale,
ad avviso

della

ricorrente,

non avrebbe operato la necessaria

valutazione in ordine alla completezza del procedimento notificatorio
alla luce della sentenza n. 3 del 2010 della Consulta. Sostiene la
ricorrente di non aver mai ricevuto la cartolina di avviso di deposito
perché in essa era indicato un nome di società ed un indirizzo diverso
dai suoi e, quindi, in assenza della prova della sua ricezione da parte
del destinatario la notifica era nulla e/o irregolare.
Il predetto Giudice avrebbe inoltre fatto riferimento

sic et

simpliciter alla sentenza n. 346 del 1998 della Corte Costituzionale,
interpretandola ed applicandola in modo, ad avviso della ricorrente,
erroneo, in quanto, preso atto che la notifica a mezzo posta del d.i.
nei confronti della El.im. S.r.l. era avvenuto senza l’osservanza delle
disposizioni di cui all’art. 8, comma 2, della legge 20 novembre 1982,
come integrate dalla sentenza della Consulta da ultimo richiamata,
non essendovi prova della ricezione, da parte della stessa ricorrente,
Ric. 2015 n. 12690 sez. S3 – ud. 02-02-2017
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sostiene che «il giudice di primo grado (ed il giudice di secondo

della seconda raccomandata prescritta dalla legge, l’opposizione
proposta non avrebbe potuto essere considerata tardiva.
3.

Con il secondo motivo, lamentando «Violazione e falsa

applicazione dell’art. 650 c.p.c. art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», la
società ricorrente ribadisce che il suo assunto circa la pretesa

cartolina di avvenuto deposito dell’atto erano riportati erroneamente
il numero civico e il nome della stessa società, il che non potrebbe
che «far presumere che anche la prescritta successiva raccomandata,
mai ricevuta, sia stata inviata ad altro soggetto e ad altro indirizzo».
E che pertanto, dovendo ritenersi, a suo avviso, irregolare e/o nulla la
notifica del d.i., il primo Giudice avrebbe errato nel ritenere, con
motivazione peraltro illogica e immotivata, non ammissibile la
richiesta di rimessione in termini dell’attuale ricorrente ex art. 650
cod. proc. civ..
4. Con il terzo motivo, rubricato «Omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti
ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c.», la società ricorrente lamenta
che il Giudice di prime abbia omesso di verificare se nel merito
l’opposizione, pur se tardiva, era comunque fondata, avendo essa
dimostrato di aver pagato la somma ingiunta.
5. I tre motivi, che i quali, essendo strettamente connessi, ben
possono essere congiuntamente esaminati, non possono essere
accolti.
Le censure proposte, infatti, non colgono nel segno ma si
infrangono sull’impianto motivazionale della sentenza impugnata nella
parte in cui il giudice di primo grado ha correttamente rilevato l’esatta
indicazione della società destinataria e dell’indirizzo della stessa,
mediante invio di raccomandata A.R. con immissione di avviso in
cassetta dello stabile in indirizzo e con successivo invio di ulteriore
raccomandata laddove, invece, le doglianze – peraltro in parte
Ric. 2015 n. 12690 sez. 53 – ud. 02-02-2017
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irregolarità della notifica del d.i. si fonda sulla circostanza che nella

veicolate (v. ricorso p. 32 e p. 38) riproponendo inammissibilmente lo
stesso schema censorio del n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod.
proc. civ. nella sua precedente formulazione, inapplicabile ratione
temporis – si riferiscono alla comunicazione di avvenuto deposito e
tendono, in sostanza, ad un nuovo accertamento in fatto, non

Si evidenzia, peraltro che, come affermando da questa Corte, la
notifica a mezzo posta (come risulta essere stata effettuata quella di
cui si discute in causa, sicché il riferimento alla notifica ex art. 140
cod. proc. civ. fatto in ricorso, v. in particolare a p. 34, non è
pertinente), ove l’agente postale non possa recapitare l’atto, si
perfeziona per il destinatario trascorsi dieci giorni dalla data di
spedizione della lettera raccomandata, contenente l’avviso della
tentata notifica e del deposito del piego presso l’ufficio postale (Cass.
30/12/2015, n. 26088), sicché, ai fini della sua ritualità, è richiesta,
ex art. 8 della I. n. 890 del 1982, la sola prova della spedizione della
detta raccomandata (cd. C.A.D.) e non anche della sua avvenuta
ricezione.
Ne consegue che non sussiste la lamentata violazione dell’art. 650
cod. proc. civ. e che correttamente il Giudice del merito, una volta
ritenuta inammissibile – con decisione che resiste, per quanto sopra
argomentato, alle censure proposte – l’opposizione proposta, non
abbia proceduto all’esame nel merito di quanto rappresentato con
tale opposizione.
6. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
7.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da

dispositivo, seguono la soccombenza e vanno attribuite all’avv. Ettore
Zagarese, come da sua istanza, con la precisazione che la richiesta di
distrazione delle spese in suo favore proposta dal difensore deve
ritenersi validamente formulata anche qualora manchi – come nel
caso all’esame – l’esplicita dichiarazione del medesimo in ordine alla

Ric. 2015 n. 12690 sez. 53 – ud. 02-02-2017
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consentito in questa sede.

avvenuta anticipazione delle spese ed alla mancata riscossione dei
compensi, dato che quest’ultima può ritenersi implicitamente
contenuta nella domanda di distrazione delle spese (arg. ex Cass.
6/04/2006, n. 8085; Cass. 24/09/2009, n. 20547).
8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il

quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento,
in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e
agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Ettore
Zagarese; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio
2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge
24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti
per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Supre a si Cassazione, il 2 febbraio 2017.

versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-

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