Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20549 del 30/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 30/08/2017, (ud. 21/06/2017, dep.30/08/2017),  n. 20549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12725/2013 R.G. proposto da:

S.G., (C.F.: (OMISSIS)), S.M.E. (C.F.: (OMISSIS))

e S.D. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentate e difese dall’Avv.

Massimo Serra (C.F.: SRRMSM66M24H501N), con domicilio eletto in

Roma, via del Consolato, n. 6, presso lo studio di quest’ultimo;

– ricorrenti –

contro

Eredi di S.V.M., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e

difesi dall’Avv. Sergio Ruperto (C.F.: RPRSRG58D19D7620), con

domicilio eletto in Roma, via Salvatore Lorizzo, n. 140, presso lo

studio del primo;

– controricorrenti –

e

S.F.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma depositata il

03/04/2012 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno

2017 dal Consigliere Andrea Penta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 28419/2002, pronunciando nell’ambito della controversia instaurata da D., G. e S.M.E. per lo scioglimento della comunione ereditaria in ordine ad immobile pervenuto in successione della propria madre, occupato dalla loro sorella, S.F., ritenuta tardiva la produzione di testamento olografo ad opera del coerede S.V., accoglieva la domanda; assegnava il cespite a S.F., che dichiarava tenuta al conguaglio in denaro in favore degli altri condividenti; operava la compensazione tra i rispettivi riconosciuti crediti (indennità di occupazione, da un lato, ed anticipazione spese, dall’altro) e compensava integralmente le spese di lite.

Avverso tale decisione proponeva impugnazione S.V. sotto il profilo della “illegittimità della mancata acquisizione agli atti del procedimento del testamento olografo rinvenuto in corso di causa” e della conseguente ritenuta fondatezza della domanda.

Si costituivano S.F., la quale instava per il rigetto del gravame, e le altre appellate, che proponevano appello incidentale, lamentando: l’erroneità del criterio di determinazione del valore locativo dell’immobile; l’erroneità nell’individuazione della data di decorrenza dell’obbligo di restituzione dei frutti; l’omessa pronuncia in merito alle eccezioni di tardività della domanda riconvenzionale e di prescrizione dei crediti vantati dalla convenuta ammessi in compensazione; l’omessa pronuncia sulla richiesta di interessi e rivalutazione sulle somme dovute; il valore incongruo attribuito all’immobile dal Tribunale.

Nel corso del grado di appello, l’appellante, con la “memoria integrativa della difesa”, S.V. deduceva di aver rinvenuto “un nuovo e ultimo testamento della madre datato scritto e firmato in modo autonomo da essa”, chiedendo, sulla scorta del documento non cognito e della sua “essenzialità ai fini del giudizio”, l’acquisizione agli atti, ex art. 345 c.p.c., comma 2, dell’atto di ultime volontà.

La corte territoriale, con sentenza non definitiva n. 496/09, rigettava il primo motivo di appello ed ammetteva la produzione del secondo testamento olografo depositato dall’appellante.

All’udienza del 25.3.09 le controparti dichiaravano “di voler disconoscere la scrittura e la sottoscrizione del testamento” e, avendo manifestato S.V. la volontà di avvalersi del testamento, proponevano domanda di riduzione per lesione della quota di legittima.

Espletata C.T.U. grafica, la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 3.4.2012, in riforma dell’impugnata sentenza, ha dichiarato che la successione della de cuius Sa.Sa. è regolata dal testamento olografo datato 19.3.1983 (pubblicato per notar C. in data (OMISSIS)), inammissibile l’azione di riduzione per lesione della quota di legittima ed improcedibili le ulteriori domande, sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

1) l’espletata C.T.U. grafica aveva consentito di accertare l’autenticità del testamento olografo datato 19.3.1983 e, dunque, la sua attribuzione a Sa.Sa.;

2) le risultanze peritali non erano state contestate dalle parti, dovendo ritenersi rinunciate le eccezioni formulate da D., G. e S.M.E. non reiterate in sede di precisazione delle conclusioni (v. foglio separato allegato al verbale di udienza del 6.4.2010) e non riproposte, ed erano, comunque, frutto di indagini accurate, pertinenti e scientificamente asseverate e, pertanto, non censurabili;

3) l’azione di riduzione per lesione di legittima andava dichiarata inammissibile, non tanto per la sua novità, essendo stata necessitata dal deposito nel grado di appello di un testamento, bensì per difetto dei presupposti;

4) invero, dato il tenore della scheda olografa della de cuius, non era esclusa l’esistenza di altri beni caduti in successione o da conferire in collazione, aspetto, questo, che le appellate avrebbero dovuto considerare e chiarire ai fini della determinazione della quota disponibile. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso S.G., S.M.E. e S.D., sulla base di un unico motivo. S.V.M. ha resistito con controricorso. S.F. non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 556,564 e 2697 c.c. e artt. 115,116 e 232 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa, insufficiente ed erronea motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la corte territoriale considerato che rappresentava circostanza non contestata, ed anzi ammessa, quella per cui l’appartamento costituiva l’unico bene in relazione al quale occorreva determinare la quota di legittima (e, dunque, non esistevano altri beni, relitti o donati) e che il riferimento contenuto nel testamento olografo alla “casa del parco (OMISSIS)” era, in realtà, operato ad un immobile appartenente al figlio di S.M.E., di cui la de cuius non era mai stata titolare.

1.1. Preliminarmente, va evidenziato che, per quanto non rappresentasse un onere a loro carico, le ricorrenti hanno comunque provveduto, all’esito del decesso dell’avv. S.V.M. (controricorrente, nonchè codifensore di sè stesso), a notificare il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio, agli eredi del medesimo presso il suo ultimo domicilio.

Invero, nel giudizio di cassazione, il decesso dell’unico difensore non determina l’interruzione del processo, ma attiva il potere della Corte di differire l’udienza di discussione, disponendo la comunicazione alla parte personalmente per consentirle la nomina di un nuovo difensore; tuttavia, anche per l’attivazione di tale potere è necessario che l’evento risulti da attestazione fidefacente dell’ufficiale giudiziario notificante l’avviso di udienza e che sia mancato il tempo ragionevole per provvedere alla nomina di un nuovo difensore (Sez. 1, Sentenza n. 21608 del 20/09/2013; conf. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3898 del 26/02/2015).

Orbene, nel caso di specie, fermo restando che il S. era rappresentato e difeso altresì, anche disgiuntamente, dall’avv. Sergio Ruperto, i suoi eredi, tenuto conto che il suo decesso è avvenuto nel mese di (OMISSIS), avrebbero, comunque, avuto circa sei mesi a loro disposizione per costituirsi per il tramite, se del caso, di altro difensore.

2. Nel merito, rappresenta principio ormai consolidato quello secondo cui l’onere di specifica contestazione, introdotto, per i giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990 (e, quindi, ancor prima della modifica apportata all’art. 115 c.p.c.), dall’art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, comporta che i suddetti fatti, qualora non siano contestati dal convenuto, debbono essere considerati incontroversi e non richiedenti una specifica dimostrazione (Sez. 3, Sentenza n. 12231 del 25/05/2007; conf. Sez. 2, Sentenza n. 27596 del 20/11/2008).

Tuttavia, i ricorrenti non colgono la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata.

Invero, il principio di non contestazione opera sul piano probatorio, esonerando la parte che ne sarebbe gravata dall’onere di dimostrare un determinato fatto costitutivo (o, a parti invertite, estintivo, modificativo o impeditivo). Viceversa, nel caso di specie, sì come è desumibile dalla sentenza qui impugnata (cfr. pag. 4), il rilievo formulato dalla corte locale è sul piano diverso assertivo e, quindi, delle allegazioni (“Infatti, dato il tenore della scheda olografa della de cuius (…), non è esclusa l’esistenza di altri beni caduti in successione o da conferire in collazione, aspetto, questo, che le appellate avrebbero dovuto considerare e chiarire ai fini della determinazione della quota disponibile (…)).

Il legittimario che propone l’azione di riduzione ha, infatti, l’onere, ancor prima che di comprovare, di allegare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia o meno avvenuta ed in quale misura la lesione della quota di riserva, e quindi anche l’inesistenza nel patrimonio del de cuius di altri beni oltre quelli che formano oggetto dell’azione di riduzione (Sez. 2, Sentenza n. 11432 del 17/10/1992). In, particolare, in materia di successione testamentaria, il legittimario che agisca in riduzione ha l’onere d’indicare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonchè quello della quota di legittima violata, dovendo, a tal fine, in primo luogo allegare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva (Sez. 2, Sentenza n. 20830 del 14/10/2016; conf. Sez. 2, Sentenza n. 1357 del 19/01/2017).

D’altra parte, al riguardo, debbono condividersi i più recenti approdi di legittimità, secondo cui il principio di non contestazione, con conseguente relevatio dell’avversario dall’onere probatorio, postula che la parte che lo invoca abbia per prima ottemperato all’onere processuale a suo carico di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte è tenuta a prendere posizione (Cass. n. 3023/2016); e ciò in quanto il sistema di preclusioni del processo civile e di avanzamento nell’accertamento giudiziale dei fatti mediante il contraddittorio delle parti suppone che la parte che ha l’onere di allegare e provare i fatti anzitutto specifichi le relative circostanze in modo dettagliato e analitico, così che l’altra parte abbia il dovere di prendere posizione verso tali allegazioni puntuali e di contestarle, ovvero di ammetterle, in mancanza di una risposta in ordine a ciascuna di esse (Cass. n. 21847/2014).

Alla stregua delle considerazioni che precedono, inconferente è il richiamo operato all’asserita violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., laddove, anche a prescindere dai detti rilievi, non pertinente si sarebbe rivelato ugualmente il riferimento alla violazione degli artt. 556 e 564 c.c. e 232 c.p.c. (non risultando, a tal ultimo proposito, neppure che i resistenti o l’intimata siano stati sottoposti ad interrogatorio formale).

1.2. Per quanto concerne la censura avente ad oggetto il profilo motivazionale, nella specie deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, figure – queste – che circoscrivono ormai l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830), mentre non risulta dedotto il vizio di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo), non avendo parte ricorrente indicato come era suo onere – il “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti nonchè la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831).

In proposito, di recente la S.C. ha altresì affermato che il novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, laddove in tale paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Sez. 2 n. 14802/2017).

3. In definitiva, il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 8.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi ed accessori come per legge.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2017

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