Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20545 del 06/08/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 20545 Anno 2018
Presidente: ORILIA LORENZO
Relatore: FEDERICO GUIDO

ORDINANZA

sui ricorso 11690-2014 proposto da:
GIOVANNI SCARAMOZZA & C. s.n.c., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in

ROMA,

VIA

COSSERIA

5,

presso

lo

dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI,

studio
che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati SERGIO
MONTICONE, RICCARDO LUDOGOROFF, VILMA ALIBERTI;
– ricorrenti contro

2018
654

cu

COMUNE di CASALE CORTE CERRO, in persona del Sindaco
pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZION CLODIA 86 piano l int. 5, presso lo
studio

dell’avvocato

ROBERTO

MARTIRE,

che

lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERO

Data pubblicazione: 06/08/2018

MARCHIONI;
– o/ricorrente e ricorrente incidentale

avverso la sentenza n. 631/2013 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 22/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

FEDERICO.

consiglio del 15/02/2018 dal Consigliere GUIDO

Esposizione del fatto
Il Comune di Casale Corte Cerro conveniva in giudizio la Giovanni
Scaramozza & c. snc per sentirla condannare al rilascio delle aree site in

via Molino, fraz. Gabbo, distinte al NCT dllo stesso Comune al fg.30,
mapp. 119,148,173,308,309 e 310, in quando occupate senza titolo dalla
convenuta.
La convenuta , costituitasi , resisteva, rilevando di aver goduto, in modo
pieno ed esclusivo, delle aree oggetto di domanda, avendo, sin dal 1976
ivi trasferito la sede operativa della società, costituita da un cantiere
permanente e da un ricovero per macchine movimento terra.
Chiedeva pertanto, in via riconvenzionale, dichiararsi l’acquisto per
usucapione delle aree in oggetto.
Il Tribunale di Verbania dichiarava l’intervenuto acquisto della proprietà
delle aree in capo alla Scaramozza & c. snc.
La Corte d’Appello di Torino, espletata Ctu descrittiva dello stato dei
luoghi, in revoca della sentenza di primo grado, rigettava la domanda di
usucapione, ritenendo che non risultava provato l’animus possidendi in
capo alla Scaramozza snc.
Questa Corte, con l’ordinanza n.7757/11 , accoglieva il ricorso della
Scaramozza snc e cassava con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di
Torino, affermando che, ai fini dell’animus, dovesse ritenersi irrilevante
il fatto che la società ricorrente avesse chiesto di essere ammessa al
condono edilizio e, nell’impugnare una delle ordinanze di demolizione,
avesse manifestato di essere consapevole dell’appartenenza dell’area al
Comune, posto che il riconoscimento poteva ritenersi idoneo ad
escludere l’animus possidendi soltanto se accompagnato dalla volontà di

3

attribuire la disponibilità del bene al soggetto che si riconosce
proprietario e che, al fine di interrompere l’usucapione, è irrilevante

un’iniziativa giudiziale, da assumere entro il termine ventennale.
Riassunta la causa, la Corte d’Appello di Torino accoglieva parzialmente
la domanda di usucapione, limitatamente all’area, distinta al fg.10 mapp.
148, su cui insisteva il capannone adibito a deposito-magazzino con
circostante area cortilizia pertinenziale con ghiaietto compresso.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso la Giovanni Scaramozza Sz. c.,
snc.
Considerato in diritto
Con il primo motivo di ricorso, articolato in due censure, la ricorrente
denuncia anzitutto (sub 1.a), l’errata condanna al rilascio dei terreni
indicati ai mapp. 173, 308, 309 e 310 e di parte del mapp. 148,
lamentando la violazione dell’art. 384 cpc; lamenta altresì (sub 1.b.),
l’errata identificazione dell’appezzamento oggetto di usucapione, in
quanto erroneamente limitato ad una parte soltanto del mapp.148.
Entrambe le censure sono inammissibili per genericità, in quanto, a parte
il generico richiamo all’art. 384 cpc, non viene specificato quale, tra i
vizi tassativamente previsti dall’art. 360 comma 1 cpc, venga dedotto,
senza una chiara esposizione delle ragioni della doglianza nè del tenore
della pronuncia caducatoria richiesta, formulando inammissibili censure
di merito sulla valutazione della perizia da parte del giudice di appello,
laddove l’eventuale travisamento di fatti decisivi risultanti dagli atti di
causa avrebbe dovuto, se del caso, essere censurato mediante il diverso
rimedio revocatorio di ci all’ art. 395 n.4) cpc.

C

l’affermazione del proprio diritto da parte del titolare, essendo necessaria

In ogni caso, la dedotta violazione dell’art. 384 cpc non sussiste.
La Corte territoriale si è infatti attenuta al principio di diritto enunciato

incongruità delle argomentazioni poste dalla Corte d’Appello a
fondamento della statuizione di rigetto della domanda di usucapione,
demandando al giudice di rinvio l’accertamento, nel merito, dei relativi
presupposti e l’esatta identificazione dei beni oggetto di usucapione.
Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo,
lamentando che la Corte abbia omesso di esaminare la relazione peritale
avuto riguardo ai terreni occupati dalla Scaramozza, senza indicare la
ragione per la quale ha dichiarato l’usucapione di una piccola parte del
mapp.148, omettendo di rilevare l’interclusione del medesimo mapp.148.
Il motivo è inammissibile.
Si osserva infatti che l’art. 360 comma 1 cpc, come riformulato dall’art.
54 D1 83/2012, conv nella 1.134/2012 ha introdotto nell’ordinamento un
vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di
un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo
della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di
discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo ( vale a dire che , se
esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Ne consegue che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per
sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico
sia stato comunque preso in esame, ancorchè la sentenza non abbia dato
atto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Ss.Uu. 8053/2014).
Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha specificamente preso in
esame la ctu descrittiva dello stato dei luoghi, traendo proprio da essa gli

dalla Corte di cassazione, la quale si era limitata ad affermare la

elementi per la statuizione che il possesso ad usucapionem in capo
all’odierna ricorrente fosse limitato ad una parte soltanto dell’area

Priva di decisività, in forza del disposto dell’art. 1051 c.c., che prevede la
costituzione di servitù coattiva in favore del proprietario di un fondo
intercluso, e generica, la deduzione secondo cui, in conseguenza della
statuizione di usucapione si sarebbe determinata l’interclusione dell’area
di cui è stato riconosciuto l’acquisto per usucapione.
La dedotta interclusione del fondo oggetto di usucapione non costituisce
evidentemente ragione per estendere gli effetti del’ usucapione ad altro
bene rispetto a quello su cui il possesso è stato esercitato,
Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo, articolato in due sub
censure, il Comune di Casale Corte Cerro denuncia, anzitutto (1.a.) la
violazione degli artt. 934, 1158 e 1163, nonché dell’art. 7 1. 47/85 degli
artt. 633 e 639 c.p. , in relazione agli artt. 360 nn.3) e 5) cpc, lamentando
l’omessa motivazione del giudice di rinvio, per aver escluso il possesso
in modo violento dell’area e per aver omesso di valutare adeguatamente
gli atti amministrativi;
con la seconda censura si denuncia la violazione degli artt. 1158 e 1140
c.c., 112 e 116 cpc, in relazione all’art. 360 n.5) cpc.
Le censure, che, in quanto strettamente connesse vanno unitariamente
esaminate, sono inammissibili, poichè, in ambedue le doglianze, la
medesima questione viene prospettata sotto profili diversi ed
incompatibili, quali la violazione di legge ed il difetto di motivazione,
senza una chiara enucleazione dello specifico vizio della sentenza che si
intende censurare (Cass. 19443/2011; 9793/2013).

descritta al mapp. 148.

Si osserva, inoltre, che la insufficiente motivazione, lamentata in
entrambi i motivi non è più censurabile alla luce del nuovo disposto del

atteso che l’art. 360 comma 1 cpc, come riformulato dall’art. 54 DI
83/2012, conv nella 1.134/2012 ( applicabile ratione temporis al caso di
specie), ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico, relativo
all’omesso esame di un fatto storico.
Orbene, nel caso di specie, risultano specificamente prese in esame e
valutate dalla Corte territoriale tutte le circostanze dedotte dal ricorrente
nel giudizio di appello e la Corte di merito, con adeguato apprezzamento
di fatto, ha ritenuto provati i presupposti per l’acquisto dell’usucapione in
capo alla società Giovanni Scaramozza, escludendo il possesso
clandestino del mapp.148, ed affermando la configurabilità di un
possesso pieno ed esclusivo dell’area e del capannone successivamente
edificato sul’area medesima.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale si denuncia la violazione
degli artt. 112, 116, 163 e 278 cpc, censurando la sentenza impugnata per
aver disatteso la domanda di condanna generica a carico della ricorrente
principale, derivante dall’occupazione abusiva dei terreni da parte della
Scaramozza, sulla base della mancata prova della lesione di uno specifico
interesse di natura pubblica o comunque di un possibile diverso utilizzo
delle aree da parte dell’ente territoriale.
Il motivo è fondato e va accolto.
A fronte della domanda del Comune di Casale Corte Cerro, di condanna
generica al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio per
l’occupazione abusiva delle aree, la statuizione della Corte territoriale,

n.5) comma 1 dell’art. 360 codice di rito, ( Cass. Ss.Uu. n.8053/2014),

che ha rigettato la domanda per carenza di prova, non è conforme a
diritto.

occupazione illegittima di un immobile il danno subito dal proprietario è
“in re ipsa”, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall’
impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile(Cass.16670/2016).
La sentenza impugnata va dunque cassata sul punto.
Considerato peraltro che non sono necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa può essere decisa nel merito, con pronuncia di condanna
generica della ricorrente principale al risarcimento dei danni in favore del
Comune di Casale Corte Ceno, per l’occupazione abusiva dei terreni, da
liquidarsi in separato giudizio.
In definitiva, va respinto il ricorso principale ed il primo motivo del
ricorso incidentale del Comune di Casale Corte Cerro, accolto il secondo
motivo.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto
e, decidendo la causa nel merito, la Giovanni Scaramozza snc va
condannata al risarcimento dei danni in favore del Comune di Casale
Corte Cerro, da liquidarsi in separato giudizio.
Quanto alla regolazione delle spese di lite, considerate le ragioni della
decisione e la soccombenza reciproca, sussistono i presupposti per
disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero
giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 sussistono i
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore

Ed invero, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, nel caso di

importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

La Corte rigetta il ricorso principale ed il primo motivo del ricorso
incidentale.
Accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e, decidendo
la causa nel merito, condanna la Giovanni Scaramozza snc al
risarcimento dei danni in favore del Comune di Casale Corte Cerro ,
danni da liquidarsi in separato giudizio.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del’intero giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Cosi deciso in Roma il 15 febbraio 2018
Id,\/Presidehte

pri”A
H Film

o Giudiziario
NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma, 05 AGU. 2018

u

,

P.Q.M.

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