Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20541 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. II, 29/09/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 29/09/2020), n.20541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1316-2017 proposto da:

G.V., difeso da se medesimo e quale difensore di

R.N.;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il

08/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2020 dal Presidente GORJAN SERGIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’avv. G.V., ad esito della prestazione professionale resa in favore di R.N., ammesso al patrocinio a spese dello Stato nell’ambito di procedimento di lavoro definito avanti la Corte d’Appello di Salerno, ebbe a proporre istanza per la liquidazione del compenso e la Corte d’Appello di Salerno rigettò l’istanza disponendo,anzi, la revoca dell’ammissione poichè la pretesa, fatta valere nel giudizio di gravame, ritenuta manifestamente infondata.

L’avv. G. propose opposizione, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, ed il Presidente designato rigettò detta opposizione osservando come effettivamente la pretesa azionata dal R. avanti la Corte campana era manifestamente infondata, così confermando la statuizione adottata.

Avverso detta ordinanza l’avv. G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dall’avv. G.V. non ha fondamento giuridico e va rigettato.

Con il primo mezzo di impugnazione svolto,il ricorrente deduce violazione della disposizione ex art. 51 c.p.c., n. 4, poichè il Presidente designato ha omesso di esaminare la sua censura di nullità del decreto di liquidazione opposto e perchè adottato da Collegio diverso rispetto a quello che ebbe a decidere la causa di lavoro e perchè vi faceva parte il Magistrato che, quale Giudice del lavoro, ebbe a conoscere della lite in prime cure.

Trattandosi della deduzione di errore in procedendo è consentito a questa Corte esaminare l’atto di opposizione portante la questione di nullità – in tesi non valutata, Cass. sez. 5 n 5971/18 – che in effetto risulta proposta sotto due profili:

il Collegio che ebbe a decidere circa l’istanza di liquidazione compenso, proposta dal difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, era diverso rispetto a quello che esaminò e decise la causa di merito relativamente alla quale viene chiesto la liquidazione del compenso;

il Collegio che decise circa la sua istanza di liquidazione compenso era costituito anche dal Magistrato che svolse le funzioni di Giudice in prime cure della causa di lavoro.

Trattandosi di vizio processuale – Cass. Sez. 2 n 13649/05 – la questione non può esser dedotta siccome violazione della norma ex art. 112 c.p.c., bensì quale nullità per violazione di specifica norma, come in effetti fa il ricorrente.

Di conseguenza questa Corte è chiamata a valutare la concorrenza o non della dedotta nullità a prescindere dalla motivazione esposta nella sentenza impugnata – Cass. SU n 8077/12, Cass. sez. 3 n 25308/14 -, e nella specie la dedotta nullità non sussiste.

Difatti in ricorso l’avv. G. lamenta la violazione della norma ex art. 51 c.p.c., n. 4, poichè il Magistrato,che conobbe il giudizio di merito in prime cure e la cui decisione fu oggetto del gravame trattato dalla Corte d’Appello,fece parte del Collegio che ebbe ad esaminare la sua istanza di liquidazione del compenso per l’opera professionale prestata in regime di patrocinio a spese dello Stato.

Non sussisteva alcun obbligo di astensione in capo a detto magistrato posto che – Cass. sez. 1 n 22930/17 – le disposizioni in tema di astensione e ricusazione del Giudice sono di stretta interpretazione, in quanto eccezionali ed incidenti sul principio costituzionale del Giudice precostituito per legge, sicchè non vi può esser il ricorso all’analogia,siccome fa il ricorrente, per dedurre l’incompatibilità denunziata.

Difatti – come riconosce lo stesso ricorrente – la liquidazione del compenso al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato configura comunque un procedimento diverso ed autonomo rispetto al giudizio di merito, che rappresenta la mera occasione per la liquidazione del compenso.

Dunque non concorreva l’obbligo di astensione ex art. 51, n. 4, denunziato siccome violato.

Quanto poi alla questione – non riproposta – della circostanza che non fu il medesimo Collegio, che ebbe a decidere il procedimento di gravame anche a esaminare l’istanza di liquidazione, alcuna norma impone detta identità, posto che la norma invece si limita ad identificare esclusivamente l’Ufficio giudiziario competente all’esame della questione.

Con la seconda articolata ragione di doglianza il ricorrente individua ulteriore vizio per omissione della valutazione di un fatto processuale, poichè il Presidente designato non ebbe a rilevare, al fine dell’apprezzamento della manifesta infondatezza del gravame, che comunque la Corte d’Appello ritenne di procedere ad attività istruttoria mediante escussione di testi.

Un tanto,ad opinione del ricorrente, lumeggia la fondatezza delle critiche sul punto avanzate con il gravame ed il riconoscimento implicito della nullità della sentenza impugnata a prescindere dell’esito definitivo della lite,sicchè il proposto gravame non appariva manifestamente infondato, siccome ritenuto nel provvedimento impugnato.

La censura appare priva di fondamento poichè attinge il merito della decisione contrapponendo alla motivazione sul punto elaborata dal Giudice dell’opposizione propria ricostruzione alternativa,fondata su presupposto fattuale ipotetico.

Difatti il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello accogliendo il suo motivo di gravame teso all’escussione in causa a testi delle persone, già escusse in altro procedimento parallelo, ed i verbali delle cui dichiarazioni erano stati versati in atti e ritenuti formare adeguato elemento di valutazione ai fini della decisione della lite da parte del primo Giudice, ebbe implicitamente ad accogliere il gravame ritenendo nulla la prima sentenza, che si fondava su detta prova.

Trattasi all’evidenza di un vizio afferente alla valutazione degli elementi probatori in atti che non importa nullità della prima decisione, bensì comporta il mero espletamento dell’attività istruttoria non svolta, il cui esito comunque ha portato a decisione conforme alla soluzione adottata dal Tribunale.

Al rigetto del ricorso segue,ex art. 385 c.p.c., la condanna dell’avv. G. alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità verso l’Amministrazione costituita,liquidate in Euro 1.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono le condizioni processuali in capo al ricorrente per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato, ove dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento verso il Ministero della Giustizia delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di Consiglio, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

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