Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2054 del 29/01/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2054 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 18411-2014 proposto da:
MEREDO ANTONIO MRDNTN48H03I403R, elettivamente domiciliato in
TRIESTE, VIA DEL CORONEO, 31/2, presso lo studio dell’avvocato
PIERO LUGNANI, che lo rappresenta e difende giusta procura a
margine della comparsa di costituzione di nuovo difensore;
– ricorrente Contro

CASSA DI RISPARMIO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA SPA
91025940312, in persona del procuratore avv. ANDREA URBANI,
elettivamente domiciliata in ROMA, V. TEULADA 52, presso lo studio

2so

dell’avvocato ANGELO SCARPA, che la rappresenta e difende

Data pubblicazione: 29/01/2018

unitamente all’avvocato GENIALE CARUSO giusta procura in calce al
controricorso;
– con troricorrente –

avverso la sentenza n. 22/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,
depositata il 20/01/2014;

2/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ALBERTO CARDINO che ha concluso per il rigetto;
udito l’Avvocato ANTONINO BRANCA per delega.
FATTI DI CAUSA
La Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia S.p.a. chiese ed
ottenne dal Tribunale di Udine l’emissione di un d.i. nei confronti della
debitrice Deco Art Ceramiche S.r.l. e dei suoi fideiussori, Flavio
Dorigo, Antonio Meredo, Milla Ostan e Aristide Ciutto, per l’importo di
euro 166.817,00 risultante dal saldo passivo della società debitrice
nei rapporti bancari intrattenuti con il predetto istituto di credito.
Avverso il d.i. propose opposizione non solo Aristide Ciutto ma
anche, con distinto atto, la debitrice principale Deco Art Ceramiche
S.r.l. e gli altri fideiussori, Milla Ostan, Flavio Dorigo e Antonio
Meredo.
L’opposta si costituì in entrambi i procedimenti.
Riunite le due opposizioni, con sentenza depositata in data 24
luglio 2012, il Tribunale adito confermò il d.i. opposto, revocandolo
nei confronti dei soli fideiussori Ciutto e Meredo (il primo perché
uscito dalla compagine sociale fin dal 2005, il secondo, per la qualità
di socio di minoranza), per i quali ritenne l’assenza di poteri gestionali
sulla società debitrice, con il corollario della non presumibile
consapevolezza della situazione patrimoniale della società alla quale
era stato concesso un ampliamento del credito senza chiedere

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

l’autorizzazione al fideiussore garante anche delle obbligazioni future
alle quali non aveva partecipato consapevolmente.
Tale sentenza fu impugnata dalla Cassa di Risparmio del Friuli
Venezia Giulia che ne chiese la riforma parziale.
Con distinte comparse si costituirono Aristide Ciutto e Antonio

La Corte di appello di Trieste, con sentenza depositata in data 20
gennaio 2014, rigettò l’appello incidentale condizionato di Antonio
Meredo e il secondo motivo dell’appello proposto dalla Cassa di
Risparmio del Friuli Venezia Giulia S.p.a.; in accoglimento del primo
motivo dell’appello principale, rigettò l’opposizione del Meredo al d.i.
opposto che confermò anche nei confronti del predetto fideiussore in
solido con gli altri già condannati e regolò le spese tra le parti.
Avverso la sentenza della Corte territoriale Antonio Meredo ha
proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi e illustrato da
memoria.
Ha resistito con controricorso la Cassa di Risparmio del Friuli
Venezia Giulia S.p.a.
In data 10 febbraio 2017 è stata depositata dalla controricorrente
procura speciale, tra gli altri, ad Andrea Urbani per atto pubblico del
26 settembre 2012 per notaio Panella di Udine, richiamata nella
procura speciale in calce al controricorso e notificata anche alla
controparte ex art. 372 cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, lamentando «violazione e falsa
applicazione degli artt. 132, 2 co., n. 2 e 342 c.p.c., 111 Cost. in
relazione all’art. 360, co. 1 n. 3, c.p.c.», il ricorrente si duole che la
Corte di merito non abbia dichiarato inammissibile l’appello proposto
dalla Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia S.p.a. per mancanza
dei requisiti essenziali prescritti dall’art. 342 cod. proc. civ., nella sua
nuova formulazione, applicabile nel caso all’esame ratione temporis.

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Meredo/ che proposero pure appello incidentale condizionato.

1.1. Il motivo è inammissibile per genericità, non essendo stato
riportato nello stesso il tenore letterale dei motivi di appello dei quali
si censura la ritenuta — da parte della Corte di merito – ammissibilità
(Cass. 20/07/2012, n. 12664).
2. Il secondo motivo è così rubricato: «Violazione e falsa

1370, 1375, 1956, 2697, 2730 e 2733 c.c., idelllart. 119 TUB e
dell’art. 1.15 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.».
Il ricorrente sostiene che l’obbligazione fideiussoria assunta dal
Meredo nel 1995, insieme agli altri soci della Deco Art S.r.l., sarebbe
venuta meno nel 2000 con l’estinzione, mediante pagamento, delle
esposizioni debitorie della detta società, che le nuove linee di credito
di cui si discute in causa sarebbero «state concesse alla Deco Art
S.r.l., senza garanzia, come pattuito per iscritto e nell’esercizio della
libertà contrattuale garantita dall’art. 41 Cost.», per cui, ad avviso del
ricorrente, «non sarebbe predicabile l’operatività della fideiussione
dd. 24.10.1995 sia perché estinta, sia perché trattasi di rapporto che
la debitrice e la creditrice hanno espressamente escluso
dall’operatività della vecchia fideiussione»; deduce altresì il ricorrente
che dette linee di credito sarebbero state concesse il 5 giugno 2006 e
poi “aumentate” con lettera del 18 dicembre 2006 nonostante le
condizioni della debitrice fossero peggiorate, omettendo la banca di
“notiziare” i fideiussori, come era suo specifico obbligo ai sensi
dell’art. 119 TUB, e lamenta che la Corte di appello avrebbe omesso
di considerare tale violazione, non avrebbe, nel valutare il corredo
probatorio in atti, fatto buon governo delle regole ermeneutiche di cui
agli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ., con la precisazione che le
espressioni usate dalla banca nei suoi moduli andrebbero, nel dubbio,
interpretate a favore del ricorrente, ai sensi dell’art. 1370 cod. civ., e
non avrebbe tenuto conto del fatto decisivo che il mancato invio dei
rendiconti periodici, ex art. 119 TUB e la mancata segnalazione del

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applicazione degli artt. 1175, 1227, 1237, 1326, 1362, 1363, 1366,

Meredo alla Centrale Rischi della Banca d’Italia costituirebbero
ulteriori elementi di prova in ordine alla pattuita esclusione di
qualsiasi garanzia personale o reale per la concessione delle nuove
linee di credito per le quali le parti avrebbero escluso per iscritto
qualsiasi garanzia reale o personale.

avviso, la Corte di merito avrebbe ritenuto che le linee di credito
concesse nel 2006 alla Deco Art. S.r.l. sarebbero comunque assistite
dalla vecchia fideiussione del 24 ottobre 1995.
2.1. Il motivo non può essere accolto.
Si osserva che, con il mezzo all’esame, oltre a prospettare
questioni nuove, non avendo il ricorrente indicato quando e in che
termini abbia dedotto nel giudizio di merito la lamentata violazione
dell’art. 119 TUB, il Meredo tende, in sostanza, ad una rivalutazione
del merito non consentita in questa sede e non coglie la

ratio

decidendi. A tale ultimo riguardo si evidenzia, in particolare, che la
Corte territoriale ha ritenuto infondato l’appello incidentale con cui il
Meredo ha censurato la parte della motivazione della sentenza di
primo grado relativa all’interpretazione dei documenti in atti «nei
quali la banca dava atto alla debitrice e ai terzi (diversi dai
fideiussori) dell’assenza di garanzie a tutela dei finanziamenti erogati
[nel] 2001 e ampliati neI2006» riportando testualmente la
motivazione della sentenza del Tribunale sul punto e rilevando che
«dei plurimi argomenti esposti dal Tribunale il Meredo ne attinge uno
solo: “andrà corretta nella parte in cui assume che il negozio giuridico
che intercorre fra il creditore e il debitore è privo di rilievo sul
rapporto accessorio di fideiussione”, rendendo la critica priva di
interesse per la consolidata intangibilità degli altri argomenti
adoperati dal primo giudice, in particolare l’omessa restituzione del
titolo di garanzia al fideiussore accompagnato dall’omesso invito in tal
senso da parte dei debitori che credevano di essere liberati, unica
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Il ricorrente contesta, infine, le ragioni in base alle quali, a suo

circostanza

idonea

a

dimostrare

l’estinzione

del

rapporto

processuale». Tale affermazione della Corte di merito non risulta,
infatti, specificamente censurata dal ricorrente.
3. Il terzo motivo è così rubricato: «Violazione e falsa applicazione
degli artt. 1175, 1375, 1956 c.c., artt. 115 e 132 c.p.c., art. 119 TUB,

Con tale mezzo il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia
accolto il secondo motivo dell’appello principale proposto dall’istituto
di credito soltanto nei suoi confronti, confermando la sentenza
impugnata solo con riferimento al Ciutto, sul rilievo che andava
esclusa l’applicabilità dell’art. 1956 cod. civ. nei confronti del Meredo
in quanto componente del Consiglio di amministrazione.
Ad avviso del ricorrente, l’accoglimento di tale motivo di appello
nei suoi confronti sarebbe fondata su affermazioni tra loro in
insanabile contrasto, perché la Corte di merito avrebbe, da un lato,
ritenuto che le comunicazioni inviate dalla banca alla Deco Art
Ceramiche S.r.l. debitrice principale non proverebbero l’estinzione
della fideiussione perché indirizzate alla debitrice principale estranea
al rapporto fideiussorio e, dall’altro, escluso nei confronti del Meredo
l’applicazione dell’art. 1956 cod. civ. in quanto componente del CdA.
Il ricorrente, inoltre, censura la motivazione della sentenza
impugnata nella parte in cui la Corte di merito ha affermato che «la
tesi dell’impossibilità gestionale del Meredo malgrado la
partecipazione al Consiglio di Amministrazione, non può ritenersi
provata per il rilievo che la controparte non ha contestato quel fatto,
come vorrebbe l’appellante incidentale Meredo, perché per poter
ammettere un fatto bisognerebbe conoscerlo, quindi, il Meredo
dovrebbe prima dimostrare la consapevolezza della banca della sua
condizione personale di impossibilità gestionale di fatto della società,
per poi, solo dopo, attingere all’istituto processuale del fatto non
controverso in causa».
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art. 41 e 1.11 Cost. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.».

Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la
Corte di merito avrebbe affermato che egli «avrebbe dovuto notiziare
la banca del fatto che non era nelle condizioni di gestire la società, sì
da indurre la stessa a richiedere anche la sua autorizzazione» e
sostiene al riguardo che, come da lui denunciato con l’appello

concesse dalla banca alla debitrice principale dipendeva non da una
sua violazione dei poteri gestori quale componente del CdA o da “un
eccesso di potere da parte del presidente”, bensì dal potere statutario
da quest’ultimo autonomamente e legittimamente esercitato senza
coinvolgere il Meredo.
3.1. Il motivo è inammissibile in base all’assorbente rilievo che lo
stesso difetta di specificità, non essendo stato riportato il tenore
testuale con cui il ricorrente avrebbe dedotto nel giudizio di merito la
sua estraneità alla gestione sociale né sussiste il denunciato
«insanabile contrasto» tra le affermazioni contenute in sentenza,
essendo chiaramente comprensibile il percorso argomentativo seguito
dalla Corte di merito.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
5.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da

dispositivo, seguono la soccombenza.
6.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il

versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,

comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento,
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore
della controricorrente, in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese
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incidentale, la sua non conoscenza delle nuove linee di credito

forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e
agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma

1-quater, del

d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,

dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Su rema di Cassazione, il 2 febbraio 2017.
Il Consigl

tensore

Il Presidente

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello

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