Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20538 del 30/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 30/08/2017, (ud. 26/04/2017, dep.30/08/2017),  n. 20538

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CORTESI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16134/2014 R.G. proposto da:

D.V., rappresentato e difeso dall’Avv. Vittorio

ATTOLINO, presso il cui studio elegge domicilio in Roma, via F.

Ferraironi n. 25;

– ricorrente –

contro

D.G., DE.GR., D.R. e

D.T., rappresentati e difeso dall’Avv. Nadia BONI ed elettivamente

domiciliati presso di lei in Roma, via San Marcello Pistoiese, n.

73;

– controricorrenti-

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6119/2013,

depositata in data 15.11.2013, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.4.2017 dal

Consigliere Relatore Dott. CORTESI Francesco.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

– con Decreto n. 16432 del 2006 emesso su ricorso di G., Gr., R. e D.T., il Tribunale di Roma intimò a D.V. il pagamento dell’importo di Euro 200.000,00 oltre ad accessori, al quale l’intimato si era obbligato nei loro confronti con atto sottoscritto il 19.4.2005 e contestuale all’acquisto, da parte del medesimo, della nuda proprietà di un appartamento da parte della madre G.L., deceduta alcuni mesi dopo; con tale atto, infatti, l’intimato aveva riconosciuto un debito nei confronti dei restanti eredi della madre;

– con citazione notificata il 25.10.2006 D.V. propose opposizione disconoscendo la firma posta in calce alla scrittura nonchè il contenuto della stessa, ed affermando di aver già estinto il proprio debito mediante il pagamento del prezzo d’acquisto ed il versamento di ulteriori somme ai coeredi;

– i convenuti opposti si costituirono e proposero, fra l’altro, istanza di verificazione della scrittura privata; all’esito dell’istruttoria il tribunale respinse l’opposizione e confermò il decreto ingiuntivo;

– D.V. appellò la sentenza; i coeredi resistettero al gravame e ne chiesero il rigetto;

– la Corte d’Appello di Roma rigettò l’impugnazione, rilevando che D.V., a fronte della prova del credito fatta valere nei suoi confronti e costituita dalla scrittura privata, si era limitato a disconoscerla, ed il successivo giudizio di verificazione ne aveva invece confermata l’autenticità; il contenuto della scrittura doveva pertanto attribuirsi al suo autore, con conseguente irrilevanza delle ulteriori contestazioni relative al contenuto, compresa la deduzione di un riempimento contra pacta del documento, effettuata per la prima volta in appello; l’impugnazione era per il resto inammissibile, perchè non indicava le parti della sentenza oggetto di specifica censura;

– avverso tale decisione D.V. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; gli intimati hanno depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

– con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 342 e 116 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, assumendo che la corte d’appello, una volta accertata l’autenticità della scrittura sulla sola base della consulenza tecnica esperita in primo grado, non ne aveva esaminato il contenuto quantunque da lui fatto oggetto di specifica contestazione, fondata su circostanze obiettive ed incompatibili con il suo preteso valore ricognitivo;

– quanto alla doglianza attinente al mancato esame di circostanze obiettive, che il ricorrente formula con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5), essa è inammissibile in base al disposto di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, applicabile al giudizio d’appello in quanto introdotto dopo il trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134;

– per il resto, la censura non appare fondata, non incidendo sul rilievo fondamentale operato dalla corte d’appello in base al quale il riconoscimento dell’autenticità della scrittura ne comporta l’attribuzione del contenuto al suo sottoscrittore; nè il ricorrente evidenzia vizi specifici della consulenza tecnica su cui tale riconoscimento si è fondato, limitandosi a contestarla nelle sue risultanze;

– con il secondo motivo il ricorrente denunzia poi violazione dell’art. 345 c.p.c., dolendosi della ritenuta novità dell’eccezione di abusivo riempimento della scrittura- con il rilievo, al medesimo fine, della necessità di proporre querela di falso – ed assumendo di essersi in realtà limitato a svolgere contestazioni sul contenuto della scrittura che comportavano un’interpretazione della complessa operazione negoziale intervenuta con la madre ed i coeredi;

– anche tale motivo non coglie la ratio decidendi, poichè non incide sulla valutazione di rilevanza probatoria della scrittura, risolvendosi per il resto nella richiesta di esame di circostanze di fatto non più consentita in questa sede;

Ritenuto pertanto il ricorso meritevole di rigetto, con conforme statuizione sulle spese; ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

Rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese della presente fase di legittimità che liquida in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali in misura del 15% sul compenso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2017

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