Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20537 del 30/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 30/08/2017, (ud. 20/04/2017, dep.30/08/2017),  n. 20537

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17903-2013 proposto da:

V.V., (OMISSIS), P.O. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA BERNARDO BLUMENSTIHL 71, presso lo studio

dell’avvocato STEFANO MARTINELLI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FONTANELLA

BORGHESE 72, presso lo studio dell’avvocato PAOLO VOLTAGGIO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ELISA DE BERTOLIS,

NICOLETTA STECCANELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5002/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza 11.10.2012 la Corte d’Appello di Roma, respingendo l’impugnazione proposta dai coniugi venditori V.V. e P.O., ha confermato la decisione del Tribunale che, in accoglimento della domanda del compratore S., aveva qualificato come compravendita la scrittura privata del 23.1.1986, dichiarando trasferita in favore del S. la proprietà di un locale commerciale.

Per giungere a tale soluzione, la Corte territoriale – per quanto ancora interessa in questa sede – ha qualificato l’atto, non già come un preliminare di vendita, ma come un vero e proprio contratto definitivo produttivo di immediato effetto traslativo, sicchè non poteva attribuirsi alcun rilievo alla successiva dichiarazione rilasciata dal S. il 5.2.1988 ed invocata dagli appellanti per sostenere la tesi del recesso da parte del compratore (dichiarazione non firmata per esteso, ma siglata con un segno – ad avviso della Corte territoriale – neppure attribuibile al compratore).

Contro tale decisione i V.- P. ricorrono con due motivi.

Resiste con controricorso il S. che, nell’imminenza della camera di consiglio, ha prodotto nuovi documenti.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Premessa l’inammissibilità della produzione documentale in questa sede per assenza delle condizioni previste dall’art. 372 c.p.c. (trattandosi di documenti finalizzati a paralizzare l’eccezione di nullità del contratto sollevata dal ricorrente in sede di legittimità e quindi a dimostrare unicamente l’infondatezza dell’impugnazione), rileva il Collegio che col primo motivo i ricorrenti denunziano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 1470 e 1236 c.c. e art. 2643 c.c. e ss, introducendo la tesi della mancanza di consenso delle parti, perchè la scrittura del 1986 recava la sola sottoscrizione dei venditori e non anche del compratore; rilevano inoltre che la dichiarazione del S. resa il 5.2.1988 valeva, per il suo contenuto, come dichiarazione di remissione del debito, come tale idonea ad estinguere l’obbligazione assunta dai proponenti del 23.1.1986, con effetto preclusivo di ogni ulteriore contestazione.

Il motivo è inammissibile.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata nè indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga la questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (tra le varie, sez. 1, Sentenza n. 25546 del 30/11/2006 Rv. 593077; Sez. 3, Sentenza n. 15422 del 22/07/2005 Rv. 584872) Sez. 3, Sentenza n. 5070 del 03/03/2009 Rv. 606945).

Nel caso di specie, la sentenza non affronta le questioni della mancanza di consenso di una delle parti o della remissione del debito (indubbiamente implicanti accertamenti in fatto) e i ricorrenti non dimostrano di averle tempestivamente devolute ai giudici del merito, sicchè devono ritenersi proposte per la prima volta in questa sede.

2 Col secondo motivo si deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 1421 c.c. in relazione alla L. n. 47 del 1985, art. 17 e art. 40, comma 2 e/o del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46: i giudici di appello avrebbero dovuto comunque rilevare la nullità dell’atto di trasferimento per mancanza delle prescritte dichiarazioni urbanistiche ed evidenziano la possibilità di proporre tale eccezione anche in sede di legittimità.

Questo motivo è invece fondato.

A norma della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, i beni immobili che abbiano subito, in epoca successiva al 1 settembre 1967, interventi di trasformazione edilizia per i quali sia necessaria la concessione, sono incommerciabili – con conseguente nullità dei relativi atti di trasferimento – ove l’alienante non dia conto degli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria o della presentazione della relativa domanda.

Nel caso di specie i ricorrenti deducono proprio l’assenza delle prescritte dichiarazioni nell’atto di vendita e quindi sollevano una questione di nullità che il giudice di merito avrebbe dovuto sicuramente valutare, anche di ufficio, quanto meno prospettandola alle parti (v. in proposito, Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014 Rv. 633502).

Ciò comporta la cassazione della sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma che, uniformandosi al citato principio di diritto, rivaluterà la questione della validità della scrittura privata, traendone le debite conseguenze e provvedendo, all’esito, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

la Corte dichiara inammissibile il primo motivo; accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2017

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