Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20535 del 29/09/2020
Cassazione civile sez. II, 29/09/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 29/09/2020), n.20535
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
(art. 380-bis. 1 c.p.c.)
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 23509/17) proposto da:
T.A., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difesi, in
virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv.
Vincenzo Annibale Larocca, ed elettivamente domiciliato presso il
suo studio, in Roma, v. Ruffini, n. 2/A;
– ricorrente –
contro
PREFETTO DELLA PROVINCIA DI VICENZA, (C.F.: (OMISSIS));
– intimato –
avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza n. 1196/2017 (depositata
il 17 marzo 2017);
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19 febbraio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
1. Con sentenza n. 1237/2014 l’acnto Giudice di pace di Vicenza rigettava l’opposizione proposta da T.A. avverso alcuni verbali di accertamento elevatigli dalla Polizia stradale di Vicenza il 9 agosto 2012 con riferimento alla contestazione delle violazioni della L. n. 727 del 1978, art. 19 e dell’art. 174 C.d.S..
2. Interposto appello da parte del T. e nella costituzione dell’appellato Prefetto di Vicenza, il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 1196/2017 (depositata il 17 marzo 2017), dichiarava l’inammissibilità del gravame rilevando la violazione dell’art. 342 c.p.c., da parte dell’appellante, che condannava anche alle spese del grado.
3. Avverso la citata sentenza di appello ha formulato ricorso per cassazione (indicando correttamente in premessa la citata sentenza n. 1196/2017 e riportando, per errore materiale, nelle conclusioni il riferimento ad altra sentenza dello stesso Tribunale, la n. 127/2017, relativa a diverso procedimento di appello), affidato a tre motivi, il T.A.. L’intimato Prefetto di Vicenza non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, sul presupposto dell’asserita violazione del termine di novanta giorni dall’accertamento previsto da detta norma per procedere alla contestazione delle violazioni a suo carico.
2. Con la seconda censura il ricorrente ha denunciato la violazione della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 8, riguardanti la disciplina della partecipazione al procedimento amministrativo con il quale si realizza l’intervento degli interessati in detto procedimento e la possibilità degli stessi di orientare la direzione del provvedimento finale in fase non contenziosa.
3. Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 8, deducendo che, nella fattispecie, avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina della continuazione.
4. Rileva il collegio che il ricorso, così come formulato, è inammissibile (in tal senso rimanendo superata – per il principio della “ragione più liquida” l’irritualità della sua notifica presso il Prefetto e non presso l’Avvocatura Generale dello Stato, essendosi costituita in appello l’Avvocatura distrettuale dello Stato), poichè con esso non risulta affatto censurata l’unica ratio su cui il giudice di appello ha fondato l’impugnata sentenza, ovvero quella poggiante sulla ritenuta violazione dell’art. 342 c.p.c., per la ravvisata carenza di specificità dei motivi addotti a sostegno del gravame.
Infatti, con il ricorso avanzato in questa sede, la difesa del T. ha denunciato solo censure attinenti a possibili profili di legittimità del procedimento relativo all’accertamento delle violazioni contestategli e al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra le stesse, ma non ha propriamente confutato la decisione basata in via esclusiva sulla richiamata violazione processuale, che, perciò, avrebbe dovuto essere specificamente attinta dal ricorrente e, solo nel caso di rilevata insussistenza di detta violazione, si sarebbero potuto proporre le censure attinenti ai profili procedimentali e sostanziali delle contestate violazioni.
5. Per le spiegate ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile, senza che debba adottarsi alcuna pronuncia sulle spese del presente giudizio, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020