Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20535 del 12/10/2016
Cassazione civile sez. trib., 12/10/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 12/10/2016), n.20535
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BOTTA Raffaele – rel. Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B.R., elettivamente domiciliato in Roma, via Crescenzio 91,
presso l’avv. Claudio Lucisano, che lo rappresenta e difende giusta
delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Equitalia Nomos S.p.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore;
– intimata –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del
Piemonte (Torino), Sez. 1, n. 21/1/11 del 26 novembre 2010,
depositata il 31 gennaio 2011, non notificata;
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 4 ottobre 2016
dal Presidente e Relatore Raffaele Botta;
Preso atto che nessuno è presente per le parti;
Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott.
Giacalone Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia riguarda l’impugnazione da parte del contribuente dell’iscrizione ipotecaria conseguente alla cartella esattoriale n. (OMISSIS), contestata per vizi propri ed attinenti al ruolo, emessa a seguito dell’avviso di accertamento (OMISSIS) relativo all’anno (OMISSIS) (IVA, IRPEF, IRAP), che era stato a sua volta impugnato dal contribuente, con esito per lui negativo nei gradi di merito.
Anche l’impugnazione della cartella aveva per il contribuente un esito negativo nei gradi merito e identica sorte aveva l’impugnazione dell’iscrizione ipotecaria, oggetto del presente giudizio: la sentenza in epigrafe, che rigettava l’appello del contribuente, era quindi impugnata con il ricorso per cassazione qui in esame, nella contumacia del concessionario.
L’avviso di accertamento era anch’esso impugnato con ricorso per cassazione iscritto al n. R.G. 29502/08: nelle more il contribuente presentava istanza per la definizione agevolata della controversia ai sensi del D.L. n. 98 del 20, art. 39, comma 12, ma l’Ufficio negava la definibilità della lite. Il provvedimento di diniego era impugnato dal contribuente con ricorso per cassazione iscritto al n. R.G. 26150/12.
Chiamata la causa all’odierna udienza il Collegio ha disposto per l’adozione della motivazione semplificata.
Diritto
MOTIVAZIONE
1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia la violazione e mancata applicazione del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 3, per non essere stata dichiarata, come peraltro si chiede sia dichiarata, l’estinzione del giudizio In conseguenza dell’avvenuta definizione per condono dell’atto impositivo presupposto.
2. La censura non è fondata. Questa Corte, dopo aver riunito i ricorsi iscritti ai nn. R.G. 29502/08 (relativo all’impugnazione dell’atto impositivo presupposto) e 26150/12 (relativo all’impugnazione del diniego della richiesta definizione agevolata della lite concernente il predetto atto), li ha rigettati con la sentenza n. 9837 del 2016: con la conseguenza che la lite non è stata definita ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, e l’atto impositivo presupposto è risultato confermato.
2.1. Di qui l’impossibilità di accogliere la pretesa che il giudizio relativo alla cartella che sul presupposto di quell’atto impositivo è stata emanata possa essere dichiarato estinto.
3. Con il secondo motivo, il contribuente denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c. per aver il giudice di merito liquidato le spese di lite in modo globale, senza distinguere tra spese, competenze e onorari.
La censura è inammissibile per genericità e difetto di autosufficienza, occorrendo che la parte specifichi quali siano le voci della tabella forense non applicate dal giudice del merito, elencando in dettaglio le prestazioni effettuate, per voci ed importi, così consentendo al giudice di legittimità il controllo di tale error in iudicando, ed occorre, altresì, riguardo agli onorari, la puntuale specificazione dell’importo minimo maturato per ciascuna attività (v. Cass. n. 17059 del 2007).
4. Con il terzo motivo il contribuente denuncia un vizio di ultrapetizione per Euro 585,00, per superamento dei limiti tariffari relativi agli onorari (fatti quest’ultimi pari a quanto globalmente liquidato dal giudice di merito).
4.1. Anche in questo caso la censura, formulata in modo squisitamente ipotetico, appare inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo specificamente indicato alcun elemento che consenta di ritenere applicabili nella specie i valori tabellari dichiarati dalla parte ricorrente.
5. Pertanto il ricorso deve essere respinto. Non occorre provvedere sulle spese stante la mancata costituzione della parte intimata.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2016