Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20531 del 30/07/2019
Cassazione civile sez. II, 30/07/2019, (ud. 04/12/2018, dep. 30/07/2019), n.20531
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7911-2017 proposto da:
C.A., G.V., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA UGO DE CAROLIS 83, presso lo studio dell’avvocato SABRINA
D’ALLEVA, rappresentati e difesi dagli avvocati MARCO DI PAOLO,
DOMENICO BUDINI;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
– intimato –
avverso il decreto n. 1807/2016 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositato il 08/08/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/12/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
Fatto
RILEVATO
che:
– C.A. e G.V. proponevano domanda ex L.89/2001 in relazione alla non ragionevole durata di un giudizio pendente innanzi al TAR Lazio, iscritto al N. 17602/2000;
– il giudizio ex L. n. 89 del 2001, veniva iscritto con RG 4668/2010, e veniva dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello di Perugia con decreto N. 3623/2010;
– la Corte di cassazione, accogliendo il ricorso di C.A. e G.V., con sentenza N. 6647/2015, cassava il decreto impugnato;
– riassunto il giudizio, la Corte d’appello di Perugia, con decreto del 9.8.2016, rigettava il ricorso per indeterminatezza dell’oggetto, rilevando che il giudizio cui faceva riferimento l’atto di riassunzione (N. 2289/99) era diverso da quello oggetto del procedimento ex Legge Pinto, che, invece faceva riferimento al numero RG. 17602/2010;
– per la cassazione di detto decreto hanno proposto ricorso C.A. e G.V. sulla base di un motivo;
– ha resistito con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze;
– è rimasto intimato il Ministero della Giustizia;
– in prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato memorie difensive.
Diritto
RITENUTO
che:
– con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 164 c.p.c., comma 3, art. 392 c.p.c. e art. 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che vi fosse indeterminatezza dell’oggetto con riferimento al numero di registro generale del procedimento presupposto, mentre, invece, sarebbe sufficiente la corretta indicazione del giudizio da riassumere:
– il motivo è fondato;
– l’atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento, ma espleta esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, con la conseguenza che per la sua validità il giudice di merito deve apprezzarne l’intero contenuto, onde verificarne la concreta idoneità a consentire la ripresa del processo;
– la nullità dell’atto di riassunzione non deriva dalla mancanza di uno o più dei requisiti di cui all’art. 125 disp. att. c.p.c., bensì dall’impossibilità del raggiungimento dello scopo a causa della carenza di elementi essenziali quali: il riferimento esplicito alla precedente fase processuale, l’indicazione delle parti e di altri elementi idonei a consentire l’identificazione della causa riassunta, il provvedimento del giudice che legittima la riassunzione e la manifesta volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo (Cassazione civile sez. I, 09/05/2018, n. 11193; Cass. Civ., sez. 02, del 21/07/2004, n. 13597);
– nella specie l’atto di riassunzione conteneva l’espresso riferimento al giudizio di equa riparazione avente RG. 4668/2010, impugnato innanzi a questa Corte, che aveva cassato il decreto della corte territoriale;
– la circostanza che nell’atto di riassunzione si indicasse erroneamente come Registro Generale del giudizio presupposto il numero RC 2269/1999, vertente tra altri soggetti, anzichè il numero di RG 17602/2000 non esclude l’identificazione della causa che si intendeva riassumere;
– l’identificazione risultava, infatti, chiara attraverso il richiamo del numero di registro generale (N. 4668/2010) relativo al procedimento di equa riparazione, ma soprattutto dall’indicazione della sentenza della Corte di cassazione, che aveva annullato il decreto impugnato;
– si trattava, evidentemente, di mero errore materiale relativo all’indicazione di altro numero di registro generale, che, in ogni caso, consentiva l’individuazione del giudizio da riassumere;
– il decreto va, pertanto, cassato, e rinviato innanzi alla Corte d’appello di Perugia, che provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità;
– il ricorso va dichiarato inammissibile nei confronti del Ministero della Giustizia, che non era parte del giudizio di equa riparazione e non era legittimato a resistere all’impugnazione (Cass. Civ., sez. 06, del 02/10/2014, n. 20789, Cassazione civile sez. trib., 30/05/2017, n. 13584);
– non deve provvedersi sulle spese del giudizio di legittimità, in quanto il Ministero della Giustizia è rimasto intimato.
PQM
accoglie il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione.
Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero della Giustizia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019