Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20530 del 03/08/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 20530 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA
sui ricorso 723-2017 propostQ
VITALE LUCA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI
RIENZO 111, presso lo studio dell’avvocato LUCIO IANNOTTA, che Io
rappresenta e difende;
– ricorrente contro
ESPOSITO MARCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUDOVISI
35, presso lo studio dell’avvocato MARCO TREVISAN, rappresentato e
difeso dall’avvocato ANDREA MAFFETTONE;

Data pubblicazione: 03/08/2018

- con troricorrente nonchè contro
C.N.R. – CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE, MINISTERO
DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, DI
TOMMASI PAUL;

avverso la sentenza n. 3982/2016 del CONSIGLIO DI STATO,
depositata il 27/09/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/06/2018 dal Consigliere LUCIA TRIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale
MARCELLO MATERA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Lucio Iannotta ed Andrea Maffettone.

ESPOSIZIONE DEL FATTO
1. Alla base del presente giudizio vi è una complessa vicenda, i
cui passaggi maggiormente rilevanti ai fini del decidere sono i
seguenti:
1) il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) nel dicembre 2009
ha bandito un concorso ad un posto a tempo indeterminato di
ricercatore di terzo livello da destinare all’Istituto per i Sistemi
Agricoli e Forestali del Mediterraneo (ISAFoM) del CNR presso
strutture dislocate nella Regione Campania, nel profilo Area
scientifica: (E.2), comprendente specificamente, tra molteplici
materie, anche la materia: Tematica di lavoro: “Osservazioni da
aereo di ecosistemi terrestri”;
2)

nella graduatoria stilata all’esito del concorso risultavano

come primo classificato e vincitore il dott. Luca Vitale, come secondo
classificato il dott. Paul Di Tommasi e come terzo classificato l’ing.
Marco Esposito;

Ric. 2017 n. 00723 sez. SU – ud. 05-06-2018

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– intimati –

3) su ricorso di quest’ultimo il TAR per la Campania-Napoli, con
sentenza n. 3705 del 31 luglio 2012, previa reiezione del ricorso
incidentale proposto dal primo classificato e controinteressato Vitale,
accoglieva il primo motivo del ricorso principale, con il quale
l’Esposito aveva dedotto che sia il primo sia il secondo classificato

lett. b), del bando e dovevano quindi essere esclusi, non possedendo
gli stessi né un titolo di dottorato di ricerca né un’esperienza
lavorativa triennale attinenti alla Tematica di lavoro: «Osservazioni da
aereo di ecosistemi terrestri», in quanto i medesimi avevano
conseguito il dottorato di ricerca in Biologia applicata e non avevano
riportato nel curriculum alcuna attività di ricerca post lauream
comportante attività relativa ad osservazioni aeroportate di
ecosistemi terrestri;
4)

per effetto dell’accoglimento del primo motivo del ricorso

principale, il TAR annullava gli atti impugnati limitatamente
all’ammissione al concorso dei primi due classificati;
5) tale sentenza, appellata separatamente sia dal CNR sia dal
Vitale, è stata confermata dalla VI Sezione del Consiglio di Stato con
sentenza n. 5753 del 3 dicembre 2013, nella quale è stato
sottolineato che il thema decidendum doveva essere ristretto alla
questione se il dottorato di ricerca in Biologia applicata fosse o meno
attinente alla specifica tematica di lavoro richiesta nel bando in
argomento;
6)

nella parte finale della sentenza erano contenute alcune

puntualizzazioni sulle modalità di effettuazione della rinnovazione del
procedimento di verificazione dei requisiti di ammissione che sono
state poi censurate dal Vitale sia con un ricorso per revocazione sia
con un ricorso per eccesso di potere giurisdizionale davanti a queste
Sezioni Unite;

Ric. 2017 n. 00723 sez. SU – ud. 05-06-2018

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erano privi del requisito di partecipazione di cui all’art. 2, comma 2,

7) tale ultimo procedimento si è concluso con la cessazione della
materia del contendere, su istanza del ricorrente, per sopravvenuta
carenza di interesse, dovuta alla circostanza che con sentenza del 18
febbraio 2015, n. 826 il Consiglio di Stato, VI Sezione, aveva
dichiarato inammissibile il suddetto ricorso per revocazione, per

decisività;
8) successivamente Marco Esposito, non avendo il CNR dato
adeguata esecuzione alla citata sentenza n. 5753 del 2013, ha
proposto (il primo) ricorso al Consiglio di Stato per l’ottemperanza
alla sentenza stessa, impugnando gli atti adottati dalla nuova
Commissione nominata in asserita esecuzione della citata sentenza,
che avevano portato alla conferma della graduatoria originaria senza
alcuna rinnovazione dell’intera fase valutativa.;
9)

in particolare, il ricorrente evidenziava che la nuova

Commissione, in elusione del giudicato formatosi sul correlativo capo
della sentenza ottemperanda, aveva ridefinito i requisiti di
ammissione, suddividendo la tematica di lavoro oggetto del requisito
di ammissione sub art. 2, comma 2, lett. b), in relazione all’allegato
A) del bando («Osservazione da aereo di ecosistemi terrestri») in due
sub-aree – di cui l’una di ordine tecnico [a] e l’altra a carattere
generale [b] – prevedendo che l’attinenza dei titoli richiesti dal bando
dovesse essere valutata, in via alternativa, anziché in via cumulativa
(alla luce dei criteri così specificati) così, ritenendo idonei i titoli
prodotti dai primi due classificati in graduatoria perché attinenti alla
sub-area tematica di carattere generale come sopra configurata;
10) con sentenza 13 ottobre 2015, n. 4700 il Consiglio di Stato,
VI Sezione, ha accolto il primo e centrale motivo del ricorso per
ottemperanza – di elusione del giudicato – ritenendo che la nuova
Commissione fosse pervenuta alla contestata conclusione per l’artata
immutazione del requisito di ammissione in discussione, cioè

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essere quello impugnato un passaggio motivazionale privo di

aggirando artificiosamente il suddetto requisito, costituito dalla
specifica attinenza dei titoli dei candidati all’osservazione aeroportata
di ecosistemi terrestri;
11)

nella sentenza il suddetto accoglimento della richiesta di

ottemperanza veniva disposto precisandosi che l’attuazione del capo

necessario rinnovamento della fase procedimentale in questione, con
la nomina di una nuova Commissione, attesa l’incompatiblità della
permanenza della stessa Commissione incorsa nel vizio di elusione
del giudicato;
12) il 4 marzo 2016 l’ing. Esposito ha depositato un secondo
ricorso al Consiglio di Stato per l’ottemperanza delle sentenze n. 5753
del 2013 e n. 4700 del 2015, chiedendo l’annullamento degli atti con
cui era stata nuovamente approvata la graduatoria relativa al
concorso indetto dal CNR in oggetto, nella parte in cui il ricorrente
figurava, di nuovo, come terzo classificato, sul presupposto della
sussistenza dei requisiti di accesso in capo ai primi due classificati,
basato sull’individuazione da parte della nuova Commissione
giudicatrice di un rideterminato criterio per la valutazione dei requisiti
di ammissione, sempre non includente la specifica attinenza dei titoli
presentati alla tematica di lavoro dell’osservazione aerea degli
ecosistemi terrestri come richiesto dal bando e quindi con elusione
e/o violazione dei giudicati di cui alla richiamate sentenze;
13) con la sentenza 27 settembre 2016, n. 3982 il Consiglio di
Stato, VI Sezione, ha, in primo luogo, ribadito che l’attuazione del
capo di sentenza passato in giudicato – di cui alla sentenza n. 5734
del 2013, da leggere anche tenendo conto della sentenza n. 4700 del
2015 – esigeva la rinnovazione della valutazione circa l’attinenza dei
titoli presentati dai primi due classificati (dottorato di ricerca in
Biologia applicata) all’attività richiesta nell’allegato A) del bando

Ric. 2017 n. 00723 sez. SU – ud. 05-06-2018

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di sentenza passato in giudicato e in contestazione esigeva il

(ossia, alla tematica di lavoro «Osservazioni da aereo di ecosistemi
terrestri»);
14) il Consiglio di Stato è quindi pervenuto alla conclusione di
considerare fondate le doglianze del ricorrente, dedotte con il secondo
ricorso per ottemperanza, rilevando l’ambiguità e contrarietà alle

della riformulazione del requisito di accesso in contestazione, avendo
la Commissione richiesto competenze non tipiche della tematica di
lavoro stabilita nel bando, il quale – come interpretato, con efficacia
di giudicato, dalle sentenze n. 5735/2013 e n. 4700/2015 citate poneva l’accento proprio sulla tecnica dell’osservazione aeroportata
degli ecosistemi terrestri, configurandola come elemento qualificante;
15)

il Consiglio di Stato ha quindi rilevato che anche la

Commissione nominata in esecuzione della sentenza di ottemperanza
n. 4700 del 2015, era incorsa nel vizio di elusione e violazione del
giudicato formatosi sulle sentenze n. 5734 del 2013 e n. 4700 del
2015 che aveva reiterato, introducendo un criterio valutativo non
aderente alle previsioni del bando quali ricostruite dalle citate
sentenze nella parte conformativa del decisum e, in applicazione di
tale criterio, pervenendo ad un altrettanto viziato giudizio di attinenza
dei titoli vantati dai primi due classificati nella graduatoria al requisito
di ammissione de quo e quindi alla conferma della graduatoria
originaria nella quale l’Esposito era al terzo posto;
16)

dichiarata la nullità degli atti impugnati, per l’anzidetta

elusione e violazione del giudicati, il Consiglio di Stato, in applicazione
dell’articolo 114, comma 4, lettera a), cod. proc. amm., ha ritenuto
che non si potesse che pervenire all’esito del riscontro negativo del
possesso dei requisiti richiesti dal bando da parte dei primi due
classificati, con conseguente esclusione degli stessi dal concorso in
esame e dichiarazione dell’ing. Esposito come vincitore del concorso,
con ogni conseguenza di legge;

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previsioni del bando (quali ricostruite nelle sentenze ottemperande)

17) il Consiglio di Stato ha precisato che tale scelta è derivata
dalla mancata valutazione da parte delle diverse Commissioni
esaminatrici nominate in seguito alle sentenze del giudice
amministrativo – e, quindi, da parte dell’ultima Commissione – di una
concreta e specifica attinenza alla tematica di lavoro «Osservazioni da

dei primi due classificati nonché dall’insussistenza in capo al CNR e
all’organo incaricato della valutazione dei requisiti di accesso dei
candidati primi classificati di “alcun apprezzabile margine valutativo”
per pervenire a un esito diverso da quello suindicato, in
considerazione dei ripetuti giudicati di annullamento (e di nullità)
formatisi nei confronti degli atti del CNR medesimo.
2. Il ricorso di Luca Vitale, illustrato da memoria, domanda la
cassazione di quest’ultima sentenza per tre motivi, deducendo
eccesso di potere giurisdizionale per travalicamento da parte del
Giudice amministrativo dei limiti esterni della giurisdizione in
relazione al giudizio di ottemperanza, sotto diversi profili.
3. Resiste, con controricorso, Marco Esposito, mentre le altre
parti restano intimate.
4. Dagli atti risulta che l’attuale ricorrente nel 2016 ha proposto
al Consiglio di Stato un ricorso per revocazione della sentenza n.
3982 del 2016, che viene qui impugnata. Di conseguenza, con
ordinanza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. 5476 del 2016,
pubblicata il 7 dicembre 2016, è stata sospesa l’efficacia della
suindicata sentenza, fino alla definizione con sentenza del giudizio
sulla revocazione, definizione che si è avuta con la sentenza n. 1691
dell’Il aprile 2017, con la quale la Sesta Sezione del Consiglio di
Stato ha dichiarato il ricorso del Vitale inammissibile per mancata
individuazione dell’errore revocatorio denunciato.
14. Inoltre il Vitale nel 2017 ha proposto un ulteriore ricorso al
Consiglio di Stato “in riassunzione del ricorso per ottemperanza”, che

Ric. 2017 n. 00723 sez. SU – ud. 05-06-2018

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aereo di ecosistemi terrestri» dei curricula e dei dottorati di ricerca

è tuttora pendente e che è sostanzialmente diretto a “ribaltare il
giudicato progressivo formatosi sulle sentenze di ottemperanza n.
4700 del 2015 e n. 3982 del 2016 del Consiglio di Stato”.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I – Sintesi delle censure

ricorrente denuncia – in riferimento all’art. 111, ottavo comma, Cost.
e agli artt. 360, n. 1 e 362, primo comma, cod. proc. civ. – eccesso di
potere giurisdizionale per travalicamento dei limiti esterni della
giurisdizione in relazione al giudizio di ottemperanza, in quanto:
a)

avendo il CNR per il tramite dell’ultima Commissione

esaminatrice rispettato il decisum delle sentenze passate in giudicato
n. 5753 del 2013 e n. 4700 del 2015, il Consiglio di Stato, VI Sezione,
con la sentenza impugnata n. 3982 del 2016 – a fronte di simile
adempimento riguardante tutti gli obblighi prescritti da tali sentenze non avrebbe potuto, in sede di ottemperanza, esprimere valutazioni
sull’operato della suddetta Commissione, perché avrebbe dovuto
considerare la verifica della correttezza di tale operato afferente alla
giurisdizione di legittimità del Giudice amministrativo e non a quella
di ottemperanza (primo motivo);
b) il Consiglio di Stato non avrebbe potuto fare applicazione
dell’articolo 114, comma 4, lettera a), cod. proc. amm., dichiarando
la nullità della procedura, nominando l’Esposito vincitore del concorso
in oggetto e disponendo l’estromissione dalla procedura del Vitale e
del Di Tommasi, perché il ricorso per ottemperanza era inammissibile,
mentre l’applicazione della suindicata disposizione presuppone
l’accoglimento del ricorso per ottemperanza che, nella specie, non
poteva aversi data l’inesistenza della relativa giurisdizione in capo al
Consiglio di Stato e la sussistenza invece della giurisdizione di
legittimità del TAR Campania-Napoli (secondo motivo);

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1. Il presente ricorso è articolato in tre motivi, con i quali il

c) in presenza di un giudicato (sentenza n. 5753 del 2013 cit.)
che aveva richiesto di verificare l’attinenza alla tematica di lavoro
«Osservazioni da aereo di ecosistemi terrestri» del dottorato di
ricerca in Biologia applicata, posseduto dal Vitale senza fare
riferimento al suo grado di specificità e concretezza, il Consiglio di

tale giudicato dall’assenza di una concreta e specifica attinenza alla
suddetta tematica di lavoro, spettando la suindicata valutazione al
giudice di legittimità (TAR), visto che nella sentenza ottemperanda
tale grado di attinenza non era stato definito (terzo motivo).
II — Esame delle censure
3. Il ricorso è inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.
4. Secondo costanti orientamenti di queste Sezioni Unite:
a)

il controllo della Corte di cassazione sulle pronunce

giurisdizionali del Consiglio di Stato è limitato all’accertamento
dell’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria
giurisdizione da parte del massimo organo della giustizia
amministrativa, situazione che può verificarsi fra l’altro in caso di
arbitraria invasione del campo dell’attività riservata alla Pubblica
Amministrazione attraverso l’esercizio di poteri di cognizione e di
decisione non previsti dalla legge, con conseguente passaggio da una
giurisdizione di legittimità a quella di merito (ex multis: Cass. SU 15
marzo 1999, n. 137; Cass. SU 10 dicembre 2002, n. 17553; Cass. SU
27 aprile 2018, n. 10267);
b) la speciale giurisdizione di ottemperanza affidata al giudice
amministrativo presenta caratteri affatto peculiari, in virtù dei quali
l’ingerenza

del

giudice

nel

merito dell’agire della

Pubblica

Amministrazione ha un raggio d’azione più esteso essendo in tal caso
espressamente attribuito al giudice amministrativo un potere di
giurisdizione anche di merito (art. 7, comma 6, e art. 134 cod. proc.
amm.), con possibilità sia di procedere alla “determinazione del

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Stato, in sede di ottemperanza, non poteva desumere l’elusione di

contenuto del provvedimento amministrativo” ed alla “emanazione
dello stesso in luogo dell’Amministrazione” (art. 114, comma 4, lett.
a, cod. proc. amm.), sia di “sostituirsi” all’Amministrazione” (art. 7,
comma 6, cod. proc. amm.) nominando, ove occorra, un commissario
ad acta (art. 114, comma 4, lett. d, cod. proc. amm.);

giudizio di ottemperanza sono soggette al sindacato delle Sezioni
Unite sul rispetto dei limiti esterni della giurisdizione e in tal caso è
attribuita al giudice amministrativo una giurisdizione anche di merito,
per distinguere le fattispecie in cui il sindacato sui limiti di tale
giurisdizione è consentito da quello in cui risulta invece inammissibile,
è decisivo stabilire se quel che viene in questione è il modo in cui il
potere giurisdizionale di ottemperanza è stato esercitato dal giudice
amministrativo – il che attiene ai limiti interni della giurisdizione oppure il fatto stesso che un tal potere, con la particolare estensione
che lo caratterizza, a detto giudice non spettava (Cass. SU 26 aprile
2013, n. 10060; Cass. SU 3 febbraio 2014, n. 2289; Cass. SU 31
marzo 2015, n. 6494);
d) tale valutazione va fatta muovendosi dalla premessa che il
giudizio di ottemperanza, nel caso in cui siano denunciati
comportamenti della Pubblica Amministrazione elusivi del giudicato
amministrativo o manifestamente in contrasto con esso, chiama il
giudice amministrativo ad

(a)

una triplice operazione di:

interpretazione del giudicato, al fine di individuare il comportamento
doveroso per la Pubblica Amministrazione in sede di ottemperanza;
(b) accertamento del comportamento in effetti tenuto dalla medesima
Amministrazione; (c) valutazione della conformità del comportamento
tenuto dall’Amministrazione a quello che avrebbe dovuto tenere
(Cass. SU 28 febbraio 2017, n. 5058; Cass. SU 18 giugno 2018, n.
16016);

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c) poiché anche le decisioni del Consiglio di Stato in sede di

e) ne consegue che afferiscono ai limiti interni della giurisdizione
gli eventuali errori imputati al giudice amministrativo
nell’individuazione degli effetti conformativi del giudicato medesimo,
nella ricostruzione della successiva attività dell’Amministrazione e
nella valutazione di non conformità di questa agli obblighi derivanti

amministrativo nel compimento delle indicate operazioni. Così come
restano confinati all’interno della giurisdizione amministrativa e sono
insindacabili dalla Corte di cassazione i vizi che inficiano la
motivazione sui suddetti punti, essendo inerenti al giudizio di
ottemperanza (così Cass. SU 19 gennaio 2012, n. 736; Cass. SU 4
luglio 2016, n.13575; Cass. SU 26 aprile 2013, n. 10060; Cass. SU
29 novembre 2013, n. 26775; Cass. SU 2 dicembre 2009, n. 25344);
f)vengono, invece, in considerazione i limiti esterni di detta
giurisdizione quando è posta in discussione la possibilità stessa, nella
situazione data, di far ricorso alla giurisdizione di ottemperanza;
g)

pertanto, un eccesso di potere giurisdizionale del giudice

amministrativo per invasione della sfera riservata al potere
discrezionale della Pubblica Amministrazione, non potrebbe essere
certamente ravvisato nel fatto in sé che il giudice dell’ottemperanza,
rilevata la violazione od elusione del giudicato amministrativo, abbia
adottato (o ordinato di adottare) quei provvedimenti che
l’Amministrazione inadempiente avrebbe dovuto già essa stessa
adottare;
h)

proprio in questo sta infatti la funzione del giudizio di

ottemperanza che, in ossequio al principio dell’effettività della tutela
giuridica e per soddisfare pienamente l’interesse sostanziale del
soggetto ricorrente, non può arrestarsi di fronte ad adempimenti
parziali, incompleti od elusivi del contenuto della decisione del giudice
amministrativo (in tali termini: Cass. SU 19 gennaio 2012, n. 736;

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dal giudicato, trattandosi di errori effettuati dal giudice

Cass. SU 2 febbraio 2015, n. 1823 nonché Cass. SU 19 agosto 2009,
n. 18375; Cass. SU 24 novembre 2009, n. 24673).
5.

Nel presente giudizio tutte le censure sono incentrate

sull’assunto secondo cui il Consiglio di Stato con la sentenza
impugnata avrebbe invaso la sfera delle attribuzioni riservate al

avrebbe potuto, in sede di ottemperanza, esprimere valutazioni
sull’operato della nuova Commissione esaminatrice de qua, visto che
la verifica della correttezza di tale operato avrebbe dovuto essere
oggetto di un ordinario giudizio di cognizione di mera legittimità,
mentre l’erronea dilatazione del concetto di elusione del giudicato
avrebbe

condotto

il

giudice

amministrativo

ad

esercitare

impropriamente una giurisdizione di merito in presenza di situazioni
che avrebbero potuto dare adito solo alla normale giurisdizione di
legittimità, e quindi all’esercizio di poteri cognitivi e non anche
esecutivi.
Si tratta, con tutta evidenza, di contestazioni relative alle
modalità con le quali il potere di ottemperanza è stato esercitato e
quindi ai limiti interni della giurisdizione amministrativa, le quali sono
rivolte avverso una sentenza che risulta del tutto conforme ai principi,
ricondotti a sistema, elaborati da plurime Adunanze plenarie del
Consiglio di Stato e dalla successiva giurisprudenza amministrativa, in
materia degli effetti del tempo e delle sopravvenienze sulle situazioni
giuridiche dedotte nel giudizio amministrativo anche in relazione alla
portata precettiva dei giudicati (Cons. Stato Ad plen. 19 aprile 2013,
n. 2; Ad. plen. 15 gennaio 2015, n. 3; Ad. plen. 13 aprile 2015, n. 4;
Ad. plen. 9 febbraio 2016, n. 2; Cons. Stato, Sez. IV, 20 aprile 2016,
n. 1551).
6. Tali principi muovono, infatti, dalla premessa secondo cui il
giudice dell’ottemperanza è il “giudice naturale della conformazione
dell’attività amministrativa successiva al giudicato e delle obbligazioni

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discrezionale apprezzamento dell’Amministrazione perché non

che da quel giudicato discendono o che in esso trovano il proprio
presupposto.” (Cons. Stato, Ad. plen. n. 2 del 2013 cit.), non
dovendosi procedere con il rito ordinario se l’atto si colloca
nell’ambito coperto dal giudicato, come chiarito nella sentenza
dell’Adunanza plenaria ora citata e nella seguente giurisprudenza (fra

2014, n. 1625), essendo necessario elaborare una esegesi della
normativa in materia che risulti conforme ai valori espressi dalla
Costituzione, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla
Carta dei diritti fondamentali dell’UE (ove applicabile, spec. artt. 41 e
47), che raggiunge la massima portata espansiva proprio in relazione
ai giudizi di esecuzione dei giudicati, dove è più avvertita l’esigenza di
assicurare alla parte vittoriosa il bene della vita effettivamente
riconosciuto dal giudicato.
Al riguardo in conformità con l’orientamento interpretativo della
Corte europea dei diritti dell’uomo – secondo cui l’Amministrazione, in
sede di esecuzione di una decisione definitiva del giudice
amministrativo, non può rimettere in discussione quanto accertato in
sede giurisdizionale (in questo senso, vedi: sentenze 18 novembre
2004, Zazanis c. Grecia; 27 maggio 2010, Tilev c. Bulgaria; 23
ottobre 2012, Seizer Et Eksen Holding A.S. c. Turchia) – nella su
richiamata giurisprudenza si sottolinea come l’art. 112, comma 1, del
cod. proc. amm. imponga l’obbligo di dare esecuzione ai
provvedimenti del giudice a tutte le parti. Ma tale obbligo è
particolarmente stringente per la P.A., in un’ottica di leale ed
imparziale esercizio del munus publicum che corrisponde al principio
del giusto procedimento (introdotto dalla legge n. 241 del 1990), da
intendere in senso ampio, secondo quanto affermato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 310 del 2010.
In tale sentenza il Giudice delle leggi ha, infatti, sottolineato che
l’applicazione delle norme sulla partecipazione dei consociati al

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le altre: Cons. Stato, Sez. IV: 19 marzo 2015, n. 1511 e 7 aprile

procedimento amministrativo, contenute nella legge n. 241 del 1990,
comporta che ai principi di pubblicità, di trasparenza e di efficacia
dell’azione amministrativa vada “riconosciuto il valore di principi
generali, diretti ad attuare sia i canoni costituzionali di imparzialità e
buon andamento dell’amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.),

diritto di difesa nei confronti della stessa Amministrazione (artt. 24 e
113 Cost.)”.
E se, nella citata sentenza della Corte costituzionale, la più
intensa tutela di tale ultimo diritto si è fatta derivare anche dal
deflazionamento del contenzioso conseguente allo svolgimento
dell’attività amministrativa in conformità con i suddetti principi, è del
tutto evidente che il rispetto dei principi stessi comporti, a maggior
ragione, che le Pubbliche Amministrazioni si adoperino per dare
corretta e tempestiva esecuzione alle sentenze del giudice
amministrativo divenute cosa giudicata per tutte le anzidette ragioni
ed anche per gli elevati costi, umani e materiali, che una diversa
condotta comporta.
7. Del resto, a questa stessa ottica risponde anche l’art. 114,
comma 4, lett. a), cod. proc. amm. – di cui il Consiglio di Stato ha
fatto applicazione nella sentenza impugnata – che, fra le varie opzioni
poste a disposizione del giudice dell’ottemperanza, prevede quella
dell’emanazione diretta dei provvedimenti necessari per dare
esecuzione al giudicato senza limitare l’esercizio di tale potere ai soli
casi di attività vincolata della Pubblica Amministrazione e quindi
includendovi anche quelli di attività discrezionale, lasciando
comunque al giudice amministrativo la facoltà di decidere, in
relazione alla particolarità della fattispecie concreta, le misure più
idonee ad assicurare l’attuazione del giudicato, dando rilievo anche
all’eventuale persistente inadempimento della P.A.

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sia la tutela di altri interessi costituzionalmente protetti, come il

8. Nella specie la VI Sezione del Consiglio di Stato ha in primo
luogo rilevato che l’Amministrazione non aveva dato esecuzione né
alla sentenza n. 5734 del 2013 né alla prima sentenza emessa in
sede di ottemperanza n. 4700 del 2015, in quanto, in entrambi i casi,
le Commissioni esaminatrici nominate in seguito a tali sentenze erano

alla conferma della graduatoria originaria nella quale l’Esposito era al
terzo posto, senza affrontare la questione dell’attinenza o meno del
dottorato di ricerca in Biologia applicata (di cui erano in possesso i
primi due classificati) alla specifica tematica di lavoro «Osservazioni
da aereo di ecosistemi terrestri», contemplata nel bando di concorso.
Alla suddetta conclusione il Consiglio di Stato è pervenuto con
una disamina analitica e allo stesso tempo stringente della complessa
vicenda sub judice svoltasi attraverso l’individuazione della portata
dei due suindicati giudicati e la ricostruzione della successiva attività
delle Commissioni esaminatrici reiteratamente nominate.
Quindi, dopo aver dichiarato la nullità degli atti impugnati per
elusione e violazione dei giudicati, il Consiglio di Stato, in applicazione
dell’articolo 114, comma 4, lettera a), cod. proc. amm., ha ritenuto
che non si potesse che pervenire all’esito del riscontro negativo del
possesso dei requisiti richiesti dal bando da parte dei primi due
classificati, con conseguente esclusione degli stessi dal concorso in
esame e dichiarazione dell’ing. Esposito come vincitore del concorso,
con ogni conseguenza di legge, sottolineando che i ripetuti giudicati di
annullamento (e di nullità) formatisi nei confronti degli atti del CNR e
non eseguiti escludevano la permanenza di “alcun apprezzabile
margine valutativo” in capo al CNR e all’organo incaricato della
valutazione dei requisiti di accesso dei candidati al concorso in
oggetto, per pervenire a un esito diverso da quello suindicato.
9. Non è questa la sede in cui convenire o dissentire dalla
conclusione della violazione e della elusione dei plurimi giudicati

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pervenute – per strade diverse ma sempre non conformi ai giudicati –

amministrativi cui è pervenuto il Consiglio di Stato, ma va
sottolineato che è innegabile che il giudice amministrativo ha
adempiuto il compito che gli competeva quale giudice
dell’ottemperanza, nel senso anzidetto.
Compito che proprio in ciò consiste: nel verificare se l’azione

disallineata rispetto al contenuto del giudicato formatosi (Cass. SU 31
marzo 2015, n. 6494 cit.).
10. Gli eventuali errori nei quali il giudice amministrativo, in
ipotesi, possa essere incorso nell’opera di interpretazione del
giudicato e di accertamento del comportamento tenuto dalla P.A. e
quindi dalle nominate Commissione giudicatrici nonché nella
valutazione di conformità di tale comportamento rispetto a quello che
si sarebbe dovuto tenere, inerendo al contenuto essenziale e tipico
del giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa
e non integrano il denunciato eccesso di potere giurisdizionale.

III – Conclusioni
11. Alla luce delle suddette considerazioni, il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella
misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto
della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater,
del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della
legge n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio,
liquidate in euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, euro 5000,00
(cinquemila/00) per compensi professionali, oltre spese forfetarie
nella misura del 15°/0 e accessori come per legge.

Ric. 2017 n. 00723 sez. SU – ud. 05-06-2018

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amministrativa successiva alla decisione giurisdizionale sia o meno

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, sì dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2018.

comma 1-bis dello stesso art. 13.

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