Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20526 del 29/09/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20526 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 13728-2012 proposto da:
SANTOCONO CHIARINA SNTCRN4060C351P, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ANDREA BAFILE 3, presso lo studio
dell’avvocato SERGIO MASSIMO MANCUSI, che la rappresenta e
difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Direttore Generale Pensioni,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,
presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI,
EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, giusta procura
speciale in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 29/09/2014

- controricorrente nonché contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE – già
Direzione Provinciale Servizio Ragioneria;

avverso la sentenza n. 1424/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 15.2.2011, depositata il 26/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’8/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito per il controricorrente l’Avvocato Clementina Pulii che si riporta
agli scritti.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito
di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio,
preso atto dell’assenza di memorie delle parti.
Con sentenza 15.2/26.5.2011 la Corte di appello di Roma dichiarava
inammissibile l’appello proposto da Santocono Chiatina avverso la
sentenza di primo grado, che aveva respinto la domanda diretta al
riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, e condannava
l’appellante al pagamento delle spese del grado di appello, che
liquidava in Euro 1.850,00, di cui Euro 1.200,00 per onorari.
Avverso tale sentenza propone ricorso la Santocono con unico
motivo, avente ad oggetto il capo della sentenza relativo alla condanna
al pagamento delle spese di lite. L’INPS resiste con controricorso.
Con unico motivo di ricorso, si denuncia violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3
c.p.c., per avere la Corte di appello omesso di considerare che nell’atto
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-2-

-intimato –

introduttivo era stata specificamente allegata la sussistenza delle
condizioni di cui all’art. 42, comma 11, d.l. n. 269/03 ed era stata
prodotta una autocertificazione, recante la dichiarazione della
ricorrente di avere percepito per l’anno 2006 un reddito imponibile
Irpef pari ad Euro 15.600,00 e di impegnarsi a comunicare eventuali

Deve rilevarsi, in limine litis

,

l’improcedibilità del ricorso, non

risultando prodotti in allegato al ricorso per cassazione gli atti sui quali
il ricorso si fonda e, precisamente, il ricorso introduttivo del giudizio e
la dichiarazione sostitutiva di atto notorio recante Pautocertificazione
del reddito personale percepito dalla Santocono nell’anno precedente
all’introduzione del giudizio. Si afferma che tali atti sarebbero
rinvenibili nel fascicolo di parte di primo grado, che però non risulta
versato in atti. Dall’esame del fascicolo di causa risulta prodotto il solo
fascicolo di parte depositato in appello, il quale risulta privo di tali
documenti. Neppure risulta pervenuto il fascicolo d’ufficio, la cui
trasmissione è stata richiesta dalla parte ex art. 369, ult. comma, cod.
proc. civ..
Non sono dunque stati forniti a questa Corte gli elementi occorrenti
per verificare la fondatezza delle censure mosse alla sentenza
impugnata, stante il mancato adempimento dell’onere di cui all’art.
369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così come modificato
dall’art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di produrre, a pena di
improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti
o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.
Come affermato da Sezioni Unite n. 25038 del 7 novembre 2013,
l’onere di deposito degli atti processuali, dei documenti e dei contratti
o degli accordi collettivi sui quali si fonda il ricorso, sancito, a pena di
sua improcedibilità, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.,
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variazioni di reddito nel corso della causa.

è soddisfatto: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di
merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle fasi,
mediante il deposito di quest’ultimo, specificandosi, altresì, nel ricorso
l’avvenuta sua produzione e la sede in cui quel documento sia
rinvenibile; b) se il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito,

relativo fascicolo del giudizio di merito, benché, cautelativamente, ne
sia opportuna la produzione per il caso in cui quella controparte non si
costituisca in sede di legittimità o la faccia senza depositare il fascicolo
o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non
prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od
all’ammissibilità del ricorso, oppure attinente alla fondatezza di
quest’ultimo e formato dopo la fase di merito e comunque dopo
l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante il suo deposito,
previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito
del ricorso.
Né tale onere potrebbe ritenersi assolto mediante la richiesta di
trasmissione del fascicolo d’ufficio ex art. 369, ult. comma, cod. proc.
civ., per essere il ricorso e il suo allegato presenti in originale nel
fascicolo d’ufficio. Secondo Cass. n. 3689 del 2011, a norma dell’art.
369, primo e secondo comma, n. 4), cod. proc. civ., la parte che
propone ricorso per cassazione è tenuta, a pena di improcedibilità, a
depositare gli atti e i documenti sui quali il medesimo si fonda; ne
consegue che, qualora venga invocato, a sostegno del ricorso, un
determinato atto del processo, il ricorso deve essere dichiarato
improcedibile ove la parte non abbia provveduto al deposito di tale
atto, e ciò anche se il ricorrente abbia depositato l’istanza di
trasmissione del fascicolo d’ufficio del giudizio “a quo”, a norma del
terzo comma del medesimo art. 369.
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dalla controparte, mediante l’indicazione che lo stesso è depositato nel

In tale sentenza è stato osservato che il riferimento generico agli atti
processuali contenuto nell’art. 369, secondo comma, n 4 cod. proc.
civ., non si presta ad essere inteso nel senso che si debba trattare di
atti processuali rimasti nel dominio del ricorrente (o perché da lui
compiuti o perché, pur compiuti da altri, siano rimasti in sue mani,

terzo comma, prevede in via autonoma l’onere di richiedere la
trasmissione di detto fascicolo. “La presenza dei due oneri e la
sanzione dell’inosservanza del primo palesano, infatti, che, quando il
ricorso si fondi su atti processuali che dovrebbero essere inseriti nel
fascicolo d’ufficio, il ricorrente non può fare affidamento sul fatto che
essi possano essere rinvenuti in esso e, quindi, omettere di produrli,
confidando sul fatto che essi saranno li esaminabili. Ciò si spiega sia
con il fatto che tale fascicolo, pur richiesto, potrebbe non pervenire in
tempo utile per la trattazione (ed un rinvio di essa per l’acquisizione
mal si concilierebbe con il principio costituzionale di ragionevole
durata del processo), sia con il fatto che esso potrebbe non essere stato
tenuto correttamente o potrebbe non contenere più l’atto processuale
di cui trattasi. In effetti la ratio dell’imposizione al ricorrente della
formulazione dell’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio appare
funzionale a consentire che le allegazioni fondate dal ricorrente sulla
copia degli atti processuali da lui prodotta possano essere riscontrate,
sia per verificarne la conformità all’originale, sia, soprattutto, per
consentire alla Corte di cassazione di apprezzare l’atto nell’ambito della
dimensione più ampia in cui nel fascicolo d’ufficio esso si collochi: si
pensi, ad esempio, all’ipotesi di produzione di una parte del verbale di
una certa udienza per la parte che il ricorrente assume supportare la
sua censura ed alla verifica del suo effettivo significato nell’ambito del
verbale nel suo complesso. D’altro canto, come già altre volte è stato
Ric. 2012 n. 13728 sez. ML – ud. 08-07-2014
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come per esempio una relata di notificazione). Lo stesso art. 369, nel

notato (Cass. n. 4201 del 2010), la stessa trasmissione del fascicolo
d’ufficio potrebbe evidenziare una situazione in cui l’atto processuale
cui il motivo si riferisce non sia presente nemmeno in esso: si pensi al
caso in cui nel processo d’appello in cui sia stata emessa la sentenza
impugnata non sia stato acquisito il fascicolo d’ufficio del giudizio di

quali si fonda il motivo (ad esempio la c.t.u. espletata in primo grado,
ovvero i processi verbali del giudizio di primo grado). Anche questo
rilievo dimostra che l’onere di produzione degli atti processuali è onere
che assume un rilievo del tutto indipendente da quello di richiedere al
giudice a quo la trasmissione del fascicolo d’ufficio. Onere che l’ultimo
comma dell’art. 369 non a caso non prevede a pena di improcedibilità,
il che si spiega proprio con il fatto che gli atti processuali sui quali il
ricorso si fonda debbono essere prodotti sotto quella sanzione dal
ricorrente”. A ciò aggiungasi che “diventa d’altro canto, inimmaginabile
— ed appunto contrario all’esigenza della ragionevole durata del
processo – che la Corte, in una situazione di mancata trasmissione del
fascicolo nonostante la formulazione della tempestiva richiesta, come
quella che qui si deve constatare, possa ordinare l’acquisizione del
fascicolo rinviando la trattazione” (in tal senso, Cass., sent. n.3689 del
2011 cit.).
In adesione a tale indirizzo interpretativo,

ritenuto che alla

produzione del ricorso introduttivo e della dichiarazione sostitutiva di
atto notorio l’odierna ricorrente fosse onerata ai fini della
dimostrazione della sussistenza delle condizioni per l’esonero dalla
condanna al pagamento delle spese di lite e nonostante il deposito
dell’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio del giudizio a quo e
rilevato che tale onere non è stato adempiuto, il ricorso va dichiarato
improcedibile.
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primo grado, nel quale si trovino gli originali egli atti processuali sui

Le spese sono regolate secondo il principio della soccombenza e
sono liquidate, in favore dell’INPS, nella misura indicata in dispositivo
per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella
misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi
dell’art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55. Nulla va disposto quanto alle

P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, in favore
dell’INPS, in Euro 2.000,00 per compensi professionali e in Euro
100,00 per esborsi, oltre accessori di legge, e rimborso spese forfettarie
nella misura del 15 per cento. Nulla per le spese quanto agli altri
intimati.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 luglio 2014
Il Presidente

spese nei confronti delle restanti parti, rimaste intimate.

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