Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20523 del 12/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 12/10/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 12/10/2016), n.20523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 4271/12 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Comune di Albaredo D’Adige, Comune di Angiari, Comune di Bevilacqua,

Comune di Casaleone, Comune di Concamarise, Comune di Legnago, in

persona dei loro Sindaci pro tempore, elettivamente domiciliati in

Roma, Via Santamaura n. 49, presso lo Studio dell’Avv. Giuseppe

Salacchi, rappresentati e difesi dall’Avv. Alessandro Turolla,

giuste deleghe a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 127/21/11 della Commissione Tributaria

Regionale del Veneto sez. staccata di Verona, depositata il 17

ottobre 2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

settembre 2016 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;

udito l’Avv. dello Stato Alessandro Maddalo, per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 127/21/11 depositata il 17 ottobre 2011 la Commissione Tributaria Regionale del Veneto respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la decisione n. 86/02/10 della Commissione Tributaria Provinciale di Verona che aveva accolto il ricorso promosso dai Comuni di Albaredo d’Adige, Angiari, Bevilacqua, Casaleone, Concamarise e Legnago contro il silenzio rifiuto opposto alla richiesta dl rimborsare il versamento della tassa governativa sulle concessioni in relazione ad abbonamenti di radiofonia mobile di cui erano intestatari.

La CTR confermava l’accoglimento del ricorso dei contribuenti giudicando che l’abrogazione del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 318 – che prevedeva il rilascio di apposita licenza per le stazioni trasmittenti e l’abbonamento che teneva luogo alla licenza per quelle riceventi abrogazione avvenuta ad opera del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 218, comma 1, lett. s) – aveva “travolto” l’art. 21 della Tariffa allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, istitutivo della tassa sulla “licenza o documento sostitutivo per l’impiego dl apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre di comunicazione”. La CTR osservava inoltre – “per completezza di esposizione” – che i Comuni “perseguendo finalità di interesse pubblico” sarebbero stati comunque esclusi dal pagamento della tassa prevista dall’art. 21 della Tabella allegata al D.P.R. n. 641 cit..

L’Ufficio proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.

I Comuni resistevano con controricorso.

Diritto

1. Con il primo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 641 del 1972, art. 1 e dell’art. 21 della Tariffa allegata, anche in combinato disposto con il D.Lgs. n. 259 del 2003, artt. 25 e 160, con il D.M. 13 febbraio 1990, n. 33, con la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 203, con il D.L. n. 151 del 1991, art. 3, convertito in L. 12 luglio 1991, n. 202, art. 3 e con il D.M. 8 settembre 1988, n. 484, art. 28, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, l’Ufficio nella sostanza lamentava sotto più profili che erroneamente la CTR aveva ritenuto “travolto” l’art. 21 della Tabella D.P.R. n. 641 cit., in particolare evidenziando che il “presupposto della tassa di concessione governativa” di cui all’art. 21 della Tabella allegata al D.P.R. n. 641 cit. non era venuto affatto meno a seguito dell’abrogazione del D.P.R. n. 156 cit., art. 318 e questo perchè in attualità il D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 160, prevedevo il rilascio di una generale autorizzazione alla stazione trasmittente e alla stazione ricevente di un abbonamento che D.M. 13 febbraio 1990, n. 33, ex art. 3, comma 2, sostituiva a tutti gli effetti la licenza presupposto della tassa governativa dl concessione.

2. Con il secondo motivo dl ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 641 del 1972, art. 11 e dell’art. 21 della Tariffa allegata, anche in combinato con il D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13 bis e con l’art. 21 della Tariffa allegata al D.P.R. 641 del 1972 nonchè violazione dell’art. 114 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 33”, l’Ufficio deduceva che erroneamente la CTR aveva sostenuto che il Comune potesse andare esente dal pagamento della tassa “perseguendo finalità di interesse pubblico”, in particolare rilevando che solo lo Stato in quanto titolare del potere di autorizzare la radiofonia mobile era perciò esente.

3. I motivi, che essendo tra loro strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati alla luce della condivisibile giurisprudenza delle sezioni unite di questa Corte e ss., secondo cui:

3.1. “In tema di radiofonia mobile, l’abrogazione del D.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, art. 318, ad opera del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 218, non ha fatto venire meno l’assoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa di cui all’art. 21 della Tariffa allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nel D.Lgs. n. 259 cit., art. 160. Va, infatti, esclusa – come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con il D.L. 28 gennaio 2014, n. 4, art. 2, comma 4, conv. con modif. in L. 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione – una differenziazione di regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radiotrasmittenti”, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al D.Lgs. n. 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al D.Lgs. 9 maggio 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicchè il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art. 160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del medesimo D.Lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque, neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Nè, in ogni caso, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria attesa l’esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia (CGCE, 12 dicembre 2013 in C-335/2013)” (Cass. sez. un. n. 9560 e n. 9561 del 2014; Cass. sez. 6^ n. 1963 del 2014).

3.2. “In tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, art. 13 bis, comma 1, a favore dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2, l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa” (Cass. sez. un. n. 9560 del 2014; Cass. sez. 6^ n. 17386 del 2014).

4. Non essendo necessario accertare ulteriori fatti la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso proposto dai contribuenti contro il silenzio rifiuto al rimborso.

5. Nel recente consolidarsi del richiamato orientamento giurisprudenziale debbono essere fatte consistere le ragioni che inducono la Corte a compensare le spese di ogni fase e grado.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, respinge il ricorso originariamente proposto dai contribuenti; compensa le spese di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2016

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