Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2052 del 04/02/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2052 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA

c u

sul ricorso 16978-2013 proposto da:
CALA’ IMPIROTTA ANTONELLA CLMNNL58R61D173R,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e difende, giusta
procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – società con socio unico in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
FIORILLO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente

A02.1.4

Data pubblicazione: 04/02/2015

avverso la sentenza n. 9837/2012 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 27.11.2012, depositata il 10/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/12/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito per la ricorrente l’Avvocato Roberto Rizzo che si riporta alla

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 4
dicembre 2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” In sede di rinvio da Cass. n. 19790/2010, la Corte di appello di
Roma, con sentenza del 10 gennaio 2013 – ferma la pronuncia
sull’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso
tra Calà Impirotta Antonella e Poste Italiane s.p.a. per il periodo
9.6.1999 — 30.10.1999 e conversione del rapporto in contratto a tempo
indeterminato – condannava la società al pagamento in favore della
lavoratrice, a titolo di risarcimento del danno, della indennità di cui
all’art. 32, comma 5° della legge n. 183/2010 nella misura di 3,5
mensilità con riferimento all’ultima retribuzione globale di fatto oltre
accessori come per legge.
La Corte territoriale, dopo aver precisato che sulla statuizione in
merito al risarcimento del danno non si era formato alcun giudicato,
applicava lo ius superveniens di cui all’art. 32 della L. n. 183/2010
determinando nei termini sopra indicati l’indennità dovuta alla
lavoratrice.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la Calà Impirotta
affidato a tre motivi.
Poste Italiane s.p.a. resiste con controricorso.

Ric. 2013 n. 16978 sez. ML – ud. 04-12-2014
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memoria ed insiste per raccoglimento del ricorso.

Con i tre motivi di ricorso si deduce nullità della sentenza per
violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. ( art. 360 n. 4 c.p.c.)
nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. ( 2° motivo) e
dell’art. 32 L. n. 183/2010 (3° motivo).
Viene evidenziato che nel giudizio rescindente era stato rigettato il

censurata la decisione della Corte di appello laddove aveva disposto la
condanna della società a corrispondere a titolo risarcimento al
lavoratore le retribuzioni dalla costituzione in mora sino alla scadenza
del triennio successivo all’ultimo contratto a termine ( dal 5 dicembre
2000 al 30 ottobre 2002) con conseguente passaggio in giudicato di
tale ultima statuizione. Peraltro, con l’accoglimento del ricorso
incidentale proposto dalla Calà Impirotta ed anch’esso concernente il
capo relativo al risarcimento del danno la Corte territoriale avrebbe
dovuto decidere esclusivamente in merito alla richiesta di condanna
della società, ribadita dall’appellante-ricorrente in riassunzione, al
risarcimento dell’ulteriore danno rispetto a quello già liquidato nella
impugnata sentenza.
I motivi da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi
sono infondati.
Si osserva che a seguito della cassazione con rinvio della sentenza
della Corte di appello anche del capo relativo al risarcimento del danno
— pur se operata per effetto dell’accoglimento del ricorso incidentale
proposto dalla Calà Impirotta — nessun giudicato poteva ritenersi
formato sul punto. La Corte di merito era infatti tenuta a rivalutare nel
giudizio di rinvio anche la questione relativa al risarcimento del danno.
Orbene, come correttamente rilevato nella decisione impugnata,
l’obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi al principio di diritto
affermato dalla Corte di cassazione viene meno quando la norma da
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motivo di ricorso proposto da Poste Italiane con il quale era stata

applicare, in ossequio a tale principio, sia stata successivamente
abrogata, modificata o sostituita per effetto dello zns superveniens ovvero
dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza della Corte
Costituzionale pubblicata dopo la decisione rescindente ( Cass. n.
13873 del 02/08/2012; Cass. n. 18824/2008, n. 12095/2007, n.

In tale ottica, quindi, correttamente il giudice di rinvio ha applicato il
disposto dell’art. 32 commi 5, 6 e 7 della L. n. 183/2010 quantificando
l’indennità ivi prevista in 3,5 mensilità non essendo revocabile in
dubbio che lo ius superveniens era riferibile al rapporto controverso.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone, ex art. 375
cod. proc. civ., n. 5, il rigetto del ricorso.”
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
La Calà Impirotta ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui si
sostiene che la prima sentenza di appello “inter partes” era stata
impugnata in cassazione da Poste Italiane solo sul capo relativo alla
pronuncia di accertamento della nullità del termine ma non sul capo
nel quale la Corte territoriale aveva disposto la condanna della società
appellata a “risarcire il danno al lavoratore in misura pari alle
retribuzioni spettanti dalla messa in mora del 5.12.2000 al 30.12.2002”.
Si evidenzia che si era, quindi, formato il giudicato progressivo sulle
più favorevoli conseguenze economiche statuite dalla corte di appello,
giudicato che precludeva l’applicazione in sede di rinvio dello ius
superveniens costituito dall’art. 32, comma 5 0 , della legge n. 183 del 2010.
In effetti la società, non impugnando con il ricorso per cassazione il
capo della sentenza relativa alla determinazione del risarcimento del
danno vi aveva prestato acquiescenza parziale ragion per cui l’ambito
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23169/06).

del giudizio di rinvio era limitato solo alla valutazione dell’ulteriore
risarcimento del danno richiesto dalla lavoratrice (fino al ripristino del
rapporto). Ed infatti questa Corte nella citata sentenza n. n.
19790/2010 aveva rilevato che il giudice di merito “non ha motivato la
decisione di determinare in via equitativa il danno risarcibile né la

dell’ultimo contratto” cassando la statuizione della Corte di Appello
“in punto di risarcimento del danno” . In altri termini il giudice del
rinvio era chiamato a pronunciarsi in merito alla fondatezza della
richiesta di danno ulteriore, ovvero quello negato dalla sentenza di
appello, successivo all’ottobre 2002, ed avrebbe dovuto disattendere
tale richiesta proprio in applicazione del’art. 32 cit. , ma ferma la
statuizione precedente che non era stata impugnata dalla società e,
quindi, era coperta da giudicato.
Osserva il Collegio che effettivamente, come correttamente rilevato
nella relazione, l’obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi al
principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione viene meno
quando la norma da applicare, in ossequio a tale principio, sia stata
successivamente abrogata, modificata o sostituita per effetto dello ius
superveniens

ovvero dichiarata costituzionalmente illegittima con

sentenza della Corte Costituzionale pubblicata dopo la decisione
rescindente ( Cass. n. 13873 del 02/08/2012; Cass. n. 18824/2008, n.
12095/2007, n. 23169/06).
Tuttavia, il giudice del rinvio avrebbe dovuto applicare tale principio
solo con riferimento alla questione relativa alla risarcibilità del danno
ulteriore rispetto a quello già liquidato dalla Corte di Appello, sul quale
si era formato il giudicato non essendo stata tale statuizione oggetto di
ricorso per cassazione da parte di Poste Italiane, e rigettare la richiesta
di ulteriore risarcimento del danno avanzata dalla lavoratrice non
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decisione di limitare il risarcimento ai tre anni successivi alla scadenza

potendo la stessa ottenere più di quanto già le era stato riconosciuto
dalla Corte di merito proprio in applicazione dello ius superveniens.
In definitiva, la statuizione in ordine alla liquidazione del danno
dovuto dal Poste Italiane alla Calà Impirotta contenuta nella sentenza
della Corte di Appello di Roma del 26.9.2005 ( “….in misura pari alle

andava confermata dal giudice del rinvio.
Alla luce di quanto esposto, il Collegio ritiene di non fare proprie le
conclusioni di cui alla riportata relazione e , quindi, accoglie il ricorso,
cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito ex art. 384 comma
2° c.p.c. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto,
conferma la quantificazione del risarcimento del danno dovuto da
Poste Italiane alla Calà Impirotta nella misura determinata dalla Corte
d’Appello di Roma nella sentenza in data 26 settembre 2005.
Le spese del presente giudizio, stante la peculiarità della vicenda
processuale determinata dall’entrata in vigore della 1. n. 183 del 2010
medio tempore tra la prima pronuncia di questa Corte ed il giudizio di
rinvio, vanno compensate tra le parti; diversamente, avuto riguardo
all’esito complessivo della lite liquida le spese delle precedenti fasi del
processo in modo conforme alla sentenza della Corte di Appello del 10
gennaio 2013 qui impugnata e, quindi, dispone la condanna di Poste
Italiane s.p.a. al pagamento in favore della Calà Impirotta delle spese
che si liquidano, per il primo grado e per il giudizio di appello nella
misura determina nella sentenza n. 3995/2005, per il primo giudizio di
legittimità in euro 2.000,00 e per il giudizio di rinvio in curo 1.800,00
con attribuzione in favore dell’avv. Roberto Rizzo per dichiarato
anticipo fattone.
Al presente giudizio, introdotto con ricorso notificato in data
successiva al 31/1/2013, va applicata la legge di stabilità del 2013 (art.
Ric. 2013 n. 16978 sez. ML – ud. 04-12-2014
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retribuzioni spettanti dalla messa in mora del 5.12.2000 al 30.12.2002”)

1, comma 17 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 del 2012), che ha
integrato l’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiungendovi il
comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche
incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o
improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore

impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice dà
atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al
periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del
deposito dello stesso”.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e decidendo
nel merito, conferma la quantificazione del risarcimento del danno così
come determinata dalla Corte di Appello di Roma con la sentenza in
data 26/9/2005; compensa le spese del presente giudizio e liquida le
spese delle precedenti fasi del processo in modo conforme alla
.2043

sentenza della Corte di Appello di Roma del 10 gennaio12913f, con
attribuzione in favore dell’avv. Roberto Rizzo.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2014

It F

importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa

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