Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20519 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. II, 29/09/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 29/09/2020), n.20519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21226/2016 proposto da:

B.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti GIUSEPPE

CANNIZZO, BENEDETTO PALAZZO;

– ricorrente –

contro

M.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

REGINA MARGHERITA 262-264, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

TAVERNA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ALESSANDRO PAINO, ANNA STEFANINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 844/2016 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

il 10/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/02/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale PEPE

Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Anna STEFANINI, difensore della resistente che si

riporta agli atti depositati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Oggetto di ricorso è la sentenza del Tribunale di Palermo – sezione specializzata imprese, pubblicata il 10 febbraio 2016, che ha rigettato l’appello proposto da B.A. avverso la sentenza del Giudice di pace di Palermo n. 4149 del 2013 e nei confronti di M.M.A..

1.1. Il Giudice di pace aveva rigettato l’opposizione proposta dalla sig.ra B. avverso il decreto ingiuntivo che le intimava di pagare Euro 1.759,90 al notaio M., per compensi professionali.

2. Il Tribunale ha confermato la decisione rilevando, in primo luogo, che il credito non era prescritto, giacchè il termine triennale previsto dall’art. 2956 c.c., comma 1, n. 2, era stato interrotto due volte, con invio di richieste di pagamento e costituzione in mora, regolarmente ricevute presso l’abitazione della sig.ra B. dalla figlia della stessa.

Lo stesso Tribunale ha quindi evidenziato che l’importo esposto nella parcella della professionista era documentato dalla produzione effettuata in appello, mentre era incontestato che, a fronte dell’attività svolta dalla professionista nell’interesse della B., costei avesse versato in due soluzioni l’importo di Euro 10.900,00. Risultava documentato inoltre che il notaio M. avesse fatto fronte agli obblighi fiscali ed erariali per importo pari ad Euro 10.305,16.

Considerato che vi erano state altre modeste spese, pure analiticamente indicate in parcella, secondo il Tribunale residuava a favore della professionista il credito azionato in via monitoria.

3. B.A. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, ai quali resiste M.M.A. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, che denuncia violazione o falsa applicazione del D.M. 9 aprile 2001, art. 39, artt. 138 e 139 c.p.c. e art. 43 c.c., la ricorrente contesta il rigetto dell’eccezione di prescrizione, sull’assunto che le richieste di pagamento inviate dal notaio M. non le sarebbero state recapitate.

La ricorrente evidenzia che l’indirizzo al quale le raccomandate erano state spedite – (OMISSIS) – era incompleto, in quanto mancante dell’indicazione specifica dell’unità abitativa, ed inoltre le raccomandate erano state consegnate a sua figlia, residente nel medesimo stabile ma in diversa unità abitativa.

1.1. La doglianza è inammissibile.

Accertato che gli atti contenenti la richiesta di pagamento furono consegnati presso l’indirizzo della destinataria e ricevuti dalla figlia che abita nel medesimo stabile, il Tribunale ha evidenziato che il rapporto di parentela e la vicinanza delle abitazioni di madre e figlia sorreggevano la presunzione iuris tantum che la destinataria avesse ricevuto gli atti.

L’affermazione è conforme alla giurisprudenza consolidata di questa Corte.

Si verte in tema di notifica di atti negoziali recettizi, per i quali vige la presunzione di conoscenza prevista dall’art. 1335 c.c., che opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo dell’atto negoziale nel luogo di destinazione (ex plurimis, Cass. 08/06/2012, n. 9303; Cass. 27/10/2005, n. 20924; Cass. 17/03/1995, n. 3099), salva per il destinatario la possibilità di provare di non averne avuto notizia, senza sua colpa.

Nella fattispecie in esame, la ricorrente invoca il principio affermato da Cassazione n. 14/11/2007, n. 23578, che ha dichiarato la nullità della notifica in un caso nel quale era provato che la consegna fosse avvenuta nell’abitazione della persona di famiglia, diversa da quella del destinatario dell’atto, ma il richiamo non è pertinente. La sentenza impugnata ha espressamente statuito che “l’appellante non ha fornito prova alcuna dell’assunto che l’atto sia stato consegnato presso il domicilio della figlia che, secondo quanto è dato evincere dalla certificazione anagrafica agli atti, abita nello stesso stabile della madre (tuttavia non al piano terra come costei, ma al primo)” (pag. 4, ultimo capoverso). Tale giudizio di fatto censurabile in sede di legittimità solo a mezzo (e nei limiti) della deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – non è stato specificamente censurato. Il vizio di violazione di legge denunciato con il motivo di ricorso in esame risulta fondato su un presupposto di fatto (che l’atto sia stato consegnato alla figlia della destinataria presso il domicilio della figlia e non presso il domicilio della destinataria) diverso da quello accertato in sentenza secondo un giudizio di fatto non specificamente censurato; donde l’inammissibilità della doglianza.

2. Con il secondo motivo è denunciato omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla dichiarazione resa dal notaio M. in sede di interrogatorio formale.

La ricorrente evidenzia che in quella sede il notaio aveva riconosciuto di avere ricevuto la somma di Euro 10.900,00, comprensiva sia delle spese erariali sia delle “spese di studio”, donde la conclusione che non esistevano ulteriori crediti.

2.1. La doglianza è infondata.

Nella sentenza impugnata si dà atto che era incontestata l’avvenuta corresponsione della somma di Euro 10.900,00, quindi si chiarisce che la somma di Euro 10.305,16 era stata impiegata dal notaio M. per l’adempimento degli obblighi fiscali ed erariali, e si imputa la somma differenziale ad “ulteriori più modeste spese, pure analiticamente indicate in parcella”.

La ricostruzione del Tribunale, pur non richiamando la dichiarazione resa dalla professionista (riportata a pag. 13 del ricorso), è perfettamente coerente con il suo contenuto: la somma ricevuta dalla B., pari ad Euro 10.900,00, copriva le spese vive e le spese di studio.

Non sussiste, pertanto, l’omesso esame denunciato dalla ricorrente e non è sindacabile la conclusione, peraltro plausibile, cui è giunto il Tribunale a proposito del significato della dichiarazione. La circostanza che la somma corrisposta dalla B. coprisse spese vive e spese di studio non comportava anche che il credito professionale dettagliatamente esposto in parcella e corrispondente alla documentazione prodotta – fosse stato interamente pagato, giacchè la locuzione “spese di studio” non comprende l’onorario professionale.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

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