Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20518 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 30/07/2019, (ud. 17/07/2018, dep. 30/07/2019), n.20518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21245/2014 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

EUROPA 190, presso l’AREA LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE

ITALIANE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSSANA CLAVELLI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

N.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO RENI 2,

presso lo studio dell’avvocato MARIA BRUCALE, rappresentato e difeso

dall’avvocato EUGENIO LONGO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1612/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 11/09/2013 R.G.N. 1845/2011.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza depositata in data 11.9.2013 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della pronunzia del Tribunale di Agrigento resa il 29.7.2010 – con la quale Poste Italiane S.p.A. era stata condannata a corrispondere a N.V., collocato a riposo in data 1.1.2006, a seguito di accordo per la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro, la somma di Euro 3.207,75, oltre accessori, a titolo di indennità per 21 giorni di ferie non godute nel 2004 e nel 2005 e per 156 ore di lavoro straordinario -, ha condannato la società datrice a corrispondere al N. la minor somma di Euro 1.928,85, a titolo di differenze retributive per lavoro straordinario, oltre accessori di legge; che per la cassazione di tale pronunzia Poste Italiane S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo;

che N.V. ha resistito con controricorso;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso per cassazione, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la erroneità della sentenza per la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.p.c. e segg., in relazione al verbale di conciliazione del 31.5.2005, sottoscritto dalle parti, con il quale il N. avrebbe sostanzialmente rinunciato ad ogni eventuale ulteriore credito o pretesa, anche di natura risarcitoria, comunque connessa al rapporto di lavoro; si lamenta, in sostanza, che la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato l’accordo transattivo raggiunto dalle parti con il predetto atto, disconoscendo quanto in esso previsto e sottoscritto, senza, peraltro, indagare quale fosse la comune intenzione delle parti ex art. 1362 c.p.c.;

che il motivo non è meritevole di accoglimento, in quanto i giudici di merito sono pervenuti alla decisione oggetto del giudizio di legittimità attraverso un iter motivazionale sorretto da un corretto percorso logico-giuridico, fondato sull’esame analitico degli atti di causa e sulla valutazione del comportamento tenuto dalle parti nella vicenda di cui si tratta. Ed invero, hanno correttamente e condivisibilmente sottolineato che, nell’accordo di cui si tratta, la società ha riconosciuto al dipendente la somma di Euro 14.500,00, sia in aggiunta alle competenze di spettanza, che a titolo di incentivazione all’esodo; pertanto, tale accordo, limitatamente alle indennità di ferie maturate e non godute, è valido ed efficace, determinando, attesa la sua mancata impugnazione nel termine di sei mesi previsto dall’art. 2113 c.c., l’inammissibilità della domanda volta al conseguimento di importi per il medesimo titolo. Lo steso accordo è, invece, nullo relativamente agli altri diritti derivanti dal rapporto di lavoro intercorso, per indeterminatezza dell’oggetto, in quanto, relativamente ad essi, la formula adoperata è del tutto generica e tale, dunque, da non consentire al lavoratore di esprimere una volontà che presupponesse una rappresentazione esatta dei medesimi; per la qual cosa, correttamente, la Corte di Appello ha dichiarato inammissibile la domanda inerente all’indennità di ferie non godute ed ha accolto, invece, la domanda relativa al compenso per lavoro straordinario;

che, per le considerazioni svolte, il ricorso va rigettato;

che le spese – liquidate come in dispositivo e da distrarre, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del difensore del N., avv. Eugenio Longo, dichiaratosi antistatario – seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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