Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20517 del 03/08/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 20517 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: CIRESE MARINA

Data pubblicazione: 03/08/2018

sul ricorso 22037/2014 proposto da:
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro
tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n.12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope
legis;
-ricorrente contro
Dosa Domenico;
– intimato 1

avverso la sentenza n. 325/2014 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA, depositata il 01/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 460/2013 il Tribunale di Pescara, in accoglimento
dell’opposizione proposta da Dosa Domenico, annullava l’ordinanza
ingiunzione n. 1077 del 14.11.2012 con cui era stata irrogata la
sanzione amministrativa di Euro 9000,00 con confisca degli
apparecchi sequestrati per avere installato videogiochi non in regola
con la normativa vigente in violazione dell’art. 110, comma 9,
TUILPS. Affermava detto giudice che erroneamente l’ordinanza era
stata emessa non già nei confronti della General Games s.r.I.,
proprietaria degli apparecchi, bensì nei confronti del Dosa
precisandosi solo in motivazione che lo stesso era legale
rappresentante della società.
Interposto appello avverso detta pronuncia da parte dell’Agenzia
delle Dogane e dei Monopoli, la Corte d’Appello dell’Aquila con
sentenza n. 325 dell’1.4.2014 rigettava l’appello confermando che la
sanzione amministrativa doveva essere applicata alla società e non
personalmente al suo legale rappresentante.
Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli
proponeva ricorso per cassazione articolato in un motivo.
Parte intimata non si costituiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce la violazione
dell’art. 6 della I. n. 689 del 1981 e la contestuale falsa applicazione
dell’art. 110, comma 9, lett. e del r.d. n. 773 del 1931 in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte territoriale, pur riconoscendo
la vigenza nel nostro ordinamento del principio personalistico della
responsabilità da illecito amministrativo, applicato l’art. 110 comma 9
lett. e) TULPS a fattispecie in esso non sussumibile.
La doglianza è fondata.
L’impianto motivatorio della sentenza impugnata si fonda su una
lettura coordinata dell’art. 6 della I. n. 689 del 1981, che sancisce il
9

09/05/2018 dal cons. CIRESE MARINA.

principio della natura personale della responsabilità amministrativa,
con l’art. 110, comma 9 lett. e) che, essendo successivo all’art. 6 ed
avendo carattere speciale, nell’assunto della Corte di merito dovrebbe
ritenersi prevalente e quindi applicabile alla fattispecie dedotta in
giudizio.
emessa
l’ordinanza
ingiunzione
tale
ricostruzione
Secondo
dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli-Ufficio Regionale
dell’Abruzzo, delle Marche e del Molise -Sezione distaccata di Pescara
avente ad oggetto il pagamento della sanzione amministrativa
pecuniaria di euro 9000,00 irrogata in conseguenza della violazione
dell’art. 110, comma 6, R.D. n. 773/1931 doveva essere applicata
alla General Games s.r.l. e non già personalmente al suo legale
rappresentante, Dosa Domenico.
Ciò premesso, l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale non può
essere condivisa.
Ed invero “Nel sistema introdotto dalla legge 24 novembre 1981, n.
689, fondato sulla natura personale della responsabilità, autore
dell’illecito amministrativo può essere soltanto la persona fisica che
ha commesso il fatto, e non anche un’entità astratta, come società o
enti in genere, la cui responsabilità solidale per gl’illeciti commessi dai
loro legali rappresentanti o dipendenti è prevista esclusivamente in
funzione di garanzia del pagamento della somma dovuta dall’ autore
della violazione, rispondendo anche alla finalità di sollecitare la
vigilanza delle persone e degli enti chiamati a rispondere del fatto
altrui. Il criterio d’imputazione di tale responsabilità è chiaramente
individuato dall’art. 6 della legge n. 689 cit., il quale, richiedendo che
l’illecito sia stato commesso dalla persona fisica nell’esercizio delle
proprie funzioni o incombenze, stabilisce un criterio di collegamento
che costituisce al tempo stesso il presupposto ed il limite della
responsabilità dell’ente, nel senso che a tal fine si esige soltanto che
la persona fisica si trovi con l’ente nel rapporto indicato, e non anche
che essa abbia operato nell’interesse dell’ente” (vedi Cass. Sez. 2, n.
3879/2012).
Posto tale principio generale, che informa il sistema della
responsabilità amministrativa, non può ritenersi che lo stesso sia
derogato dall’art. 110 comma 9, lett. e) TULPS, come modificato
dall’art. 10 comma 9 quinquies del d.l. 2 marzo 2012 n. 16 convertito
nella L 26.4.2012 n. 144 che testualmente prevede che “Se la
violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una
persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica, la
sanzione si applica alla persona giuridica o all’ente” atteso che tale
norma, alla luce del dato letterale e della collocazione sistematica,
ben lungi dall’avere una portata generale, disciplina invece una
specifica ipotesi di recidiva prevedendo una sanzione di tipo
3

P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla
Corte d’Appello dell’Aquila, in diversa composizione, anche per la
regolamentazione delle spese del giudizio.

interdittivo che non può che avere come destinatario la persona
giuridica.
Deve, pertanto, ritenersi che tale ultima norma non possa essere
applicata alla fattispecie dedotta in giudizio.
Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla
Corte d’appello dell’Aquila in diversa composizione per un nuovo
esame dell’appello demandando altresì al giudice di rinvio la
regolamentazione delle spese del giudizio.

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