Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20514 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. II, 30/07/2019, (ud. 08/04/2019, dep. 30/07/2019), n.20514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8758/2015 proposto da:

B.R., e P.C., rappresentati e difesi

dall’Avvocato LUCIO GERACI ed elettivamente domiciliati presso lo

studio dell’Avv. Roberto Minutillo Turtur in ROMA, VIA MARIA

ADELAIDE 8;

– ricorrenti –

contro

C.F., rappresentato e difeso dall’Avvocato ANDREA CORSARO,

ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato

Silvestri in ROMA, VIA GIROLAMO da CARPI 6;

– controricorrente –

e contro

S.G., titolare della impresa individuale EDILTEKNICA del

geometra S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4534/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, pubblicata

il 24/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/04/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 6.11.2008 B.R. e P.C. convenivano in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Palermo, C.F. chiedendo la condanna per tutti i danni patrimoniali ed extra patrimoniali subiti nell’appartamento di loro comproprietà indivisa sito in (OMISSIS), causati da infiltrazioni provenienti dall’immobile soprastante di proprietà del convenuto.

Si costituiva in giudizio C.F., eccependo il difetto di legittimazione passiva, in quanto egli non era nè autore materiale nè soggetto giuridicamente responsabile dei lamentati danni, da imputare in via esclusiva alla propria impresa appaltatrice. Chiedeva e otteneva l’autorizzazione alla chiamata in garanzia della ditta EDILTEKNICA del geom. S.G., la quale si costituiva chiedendo il rigetto delle domande spiegate dagli attori e dal convenuto per assenza di sua responsabilità.

Espletate le prove testimoniali e una CTU, il Giudice di Pace, con sentenza n. 3657/2011, depositata in data 21.7.2011, accoglieva integralmente la domanda degli attori, condannando il C. al pagamento in loro favore della complessiva somma di Euro 2.400,00 a titolo di danni patrimoniali e non patrimoniali; accertava che la Edilteknica avrebbe dovuto tenere indenne il convenuto da quanto dovuto da quest’ultimo agli attori a titolo di risarcimento dei danni causati dalla tracimazione della cisterna idrica pari a Euro 1.600,00; condannava il C. e la Edilteknica, in solido tra loro, alle spese di giudizio, ponendo a loro carico le spese di CTU nella misura del 50% ciascuno.

Contro detta sentenza proponeva appello C.F. chiedendo: 1) il rigetto della domanda degli attori di condanna al pagamento della somma di Euro 500,00, quale risarcimento del danno al vano attiguo alla veranda perchè infondata per difetto di legittimazione passiva del convenuto, non essendo stato tale danno provocato dall’appellante, come riconosciuto dalla B. e dal CTU; 2) il rigetto della domanda degli attori di condanna al pagamento della somma di Euro 900,00, quale risarcimento dei danni ai vani cucina, corridoio, bagno grande, lavanderia e terrazzo-balcone, derivati dalla tracimazione d’acqua dalla cisterna per il difetto di legittimazione passiva dell’appellante, essendo tali danni imputabili in via esclusiva all’impresa appaltatrice Edilteknica o, in subordine, la condanna di questa a tenere indenne il C. da quanto questi tenuto a pagare; 3) il rigetto della domanda degli attori di condanna del C. al pagamento della somma di Euro 1.000,00 quale risarcimento dei danni non patrimoniali derivati dall’impossibilità di utilizzo dei locali in questione ovvero il disagio del loro utilizzo, per carenza dei presupposti ex art. 2059 c.c., nonchè per carenza assoluta di prova e per difetto di legittimazione passiva del C., dovendo rispondere in via esclusiva l’impresa appaltatrice, ovvero, in subordine, quantificare detto danno in misura non superiore a Euro 250,00 e, comunque, condannare detta impresa a tenere indenne il C.; 4) in via del tutto subordinata, condannare la Edilteknica al pagamento delle spese legali.

Si costituivano gli appellati chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.

Nella contumacia di Edilteknica, con sentenza n. 4534/2014 del 24.9.2014, il Tribunale di Palermo accoglieva l’appello e, per l’effetto, rigettava le domande formulate dalla B. e dal P., condannandoli alle spese di entrambi i gradi di giudizio, compensando tra le altre parti le spese di giudizio. In particolare, il Tribunale riteneva che non risultasse che il C. fosse venuto meno ai propri doveri di controllo sull’operato della ditta appaltatrice, nè che questa fosse una mera esecutrice degli ordini del committente, sicchè dei danni provocati non l’appellante, ma l’impresa appaltatrice avrebbe dovuto essere ritenuta responsabile. Il Tribunale accoglieva altresì l’appello con riferimento ai danni presenti nello studio-veranda (preesistenti ai lavori di ristrutturazione), danni accertati dal CTU come cagionati da problemi al sistema di smaltimento delle acque bianche di natura condominiale. Anche i danni da sofferenza morale non potevano essere liquidati per esclusione di responsabilità dell’appellante. Aggiungeva il Tribunale come il rigetto della domanda degli appellati assorbisse la domanda di garanzia spiegata dal C. nei confronti dell’impresa appaltatrice.

Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione B.R. e P.C. sulla base di tre motivi; resiste C.F. con controricorso; l’intimato S.G. non svolge difese. I ricorrenti ed il controricorrente hanno depositato rispettive memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 c.c. e segg. e artt. 1655 c.c. e segg. (art. 360 c.p.c., n. 3) – Omessa e/o insufficiente motivazione su fatti decisivi e controversi per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5)”. Osservano i ricorrenti che, in seguito alla citazione in giudizio del C. per i danni subiti nell’appartamento di loro proprietà, il convenuto chiedeva ed otteneva di chiamare in causa la ditta appaltatrice Edilteknica, spiegando nei confronti di quest’ultima domanda di responsabilità esclusiva per i danni conseguenti alla tracimazione della cisterna verificatasi nel novembre 2005. Gli attori estendevano la propria domanda anche al terzo chiamato e, al momento della precisazione delle conclusioni, chiedevano di accertare la responsabilità e condannare il C. in proprio e/o anche per il tramite dell’impresa appaltatrice, per quanto ritenuto di spettanza di quest’ultima. Di ciò dava atto il Giudice di Pace, che condannava Edilteknica a tenere indenne il convenuto da quanto dovuto da questo agli attori a titolo di risarcimento dei danni causati dalla tracimazione della cisterna, pari a Euro 1.600,00. Nonostante gli odierni ricorrenti avessero chiesto nel giudizio di primo grado il ristoro dei danni, previo accertamento della relativa responsabilità, sia nei confronti del C. che dell’appaltatore, il Giudice di secondo grado ometteva di valutare tale circostanza ed annullava il risarcimento dei danni statuito in primo grado a carico sia del C. che della terza chiamata in causa.

1.1. – Il motivo è fondato.

1.2. – il Tribunale, preso atto dell’esistenza del contratto di appalto tra il C. e la ditta Edilteknica e del fatto che il sinistro si fosse verificato mentre i lavori di ristrutturazione dell’appartamento del C. erano in corso, ha inteso applicare il principio giurisprudenziale secondo il quale l’autonomia dell’appaltatore comporta che il medesimo debba considerarsi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera (in tal senso, Cass. n. 7356 del 2009; Cass. n. 24320 del 2008; Cass. n. 11371 del 2006; Cass. n. 11478 del 2004).

Il giudice d’appello, inoltre, precisava (citando Cass. n. 14443 del 2010 e Cass. n. 10605 del 2010) che la corresponsabilità del committente verso i terzi poteva configurarsi solo ove, per sopravvenute circostanze di cui fosse venuto a conoscenza, come l’abbandono del cantiere o la sospensione dei lavori da parte dell’appaltatore, egli avesse omesso di apprestare le precauzioni che il proprietario della cosa deve adottare per evitare che dal bene derivino pregiudizi ai terzi. Il Tribunale dava atto che nella fattispecie non sussistesse neanche l’eccezionale corresponsabilità ex art. 2043 c.c., del committente non essendo emersa una culpa in eligendo del medesimo, oppure la derivazione del sinistro da una sua specifica direttiva a fronte della quale il ruolo dell’appaltatore fosse risultato degradato a quello di mero esecutore materiale.

Pertanto, considerato il difetto di legittimazione passiva del C., il Tribunale non condannava la ditta Edilteknica, autrice materiale ed unica responsabile dell’illecito in questione, poichè i ricorrenti non avevano chiesto la sua condanna.

1.3. – Il Tribunale, tuttavia, non ha tenuto conto della ulteriore giurisprudenza di legittimità in tema di estensione della domanda dell’attore al terzo chiamato. Secondo la quale “Il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al chiamato in causa da parte del convenuto trova applicazione allorquando la chiamata del terzo sia effettuata al fine di ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa dell’attore, in ragione del fatto che il terzo s’individui come unico obbligato nei confronti dell’attore ed in vece dello stesso convenuto, realizzandosi in tal caso un ampliamento della controversia in senso soggettivo (divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto) ed oggettivo (inserendosi l’obbligazione del terzo dedotta dal convenuto verso l’attore in alternativa rispetto a quella individuata dall’attore), ma ferma restando, tuttavia, in ragione di detta duplice alternatività, l’unicità del complessivo rapporto controverso. Il suddetto principio, invece, non opera, allorquando il chiamante faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto dall’attore come causa petendi come avviene nell’ipotesi (che tuttavia è estranea alla fattispecie) di chiamata di un terzo in garanzia, propria o impropria (Cass. n. 13131 del 2006; conf. Cass. n. 5580 del 2018; Cass. n. 20610 del 2011; Cass. n. 12317 del 2011; Cass. n. 27525 del 2009; Cass. n. 1693 del 2009; Cass. n. 25559 del 2008; Cass. n. 13374 del 2007).

Nella specie, il Tribunale di appello non ha tenuto conto della operatività nel giudizio della estensione della domanda al terzo chiamato; e non ne ha tratto le dovute conseguenze in ordine all’avvenuto ampliamento della controversia in senso soggettivo.

2. – Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 c.c. e segg. (art. 360 c.p.c., n. 3). – Insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5)”, là dove, con riferimento alla responsabilità autonomamente ascritta al C. per gli ulteriori danni presenti nel locale studio-veranda di proprietà degli odierni ricorrenti, il Tribunale ha ritenuto di accogliere l’appello sulla considerazione che il CTU avesse accertato che si trattasse di danni (condominiali) cagionati da problemi al sistema di smaltimento delle acque bianche, in particolare da un cavedio condominiale.

2.1. – Il motivo va accolto.

2.2. – I ricorrenti rilevano come il CTU (del cui elaborato peritale riportano i passi salienti, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso in cassazione: v. ricorso pagg. 15-16) avesse viceversa individuato la causa delle infiltrazioni in un problema di smaltimento delle acque bianche proveniente dal solaio dell’appartamento del C., che si propagava dall’appartamento di quest’ultimo a quello degli appellati e che risultava essersi aggravato anche dopo la ristrutturazione effettuata dal C. nel servizio igienico adiacente.

Per cui le richieste dei ricorrenti erano state dettate dalla colpevole omessa manutenzione dell’appartamento del C. e, come tali, confermate dallo stesso Giudice di Pace, che ravvisava l’evidente inerzia del resistente, concludendo che, “Anche in tali casi, i suddetti danni sono da ascrivere alla responsabilità del C. che ha omesso negligentemente di porre in essere la dovuta ed esatta manutenzione del proprio immobile, noncurante così di arrecare danno all’altrui proprietà e ciò nonostante la puntuale e reiterata diffida degli attori” (pagg. 4-5 della sentenza di primo grado, riportata a pag. 16 del ricorso).

A fronte della puntuale motivazione del Giudice di primo grado, il Tribunale ha negato, invece, la richiesta tutela risarcitoria dei ricorrenti (con violazione dell’art. 2043 c.c.), sul mero assunto che, quella del CTU, fosse una “conclusione non sorretta da elementi di fatto, che, peraltro, dà conto della responsabilità del condominio”.

Peraltro, quanto alla dedotta (e, come visto, sussistente) carenza, nella sentenza impugnata, del minimo contenuto motivazionale costituzionalmente garantito, richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (erroneamente evocato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione anteriore alla novella del 2012, non applicabile ratione temporis alla fattispecie), giova rilevare che tale requisito è individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza di legittimità in relazione alle note ipotesi enucleate dalle sezioni unite (Cass. sez. un. 8053 del 2014: mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale;

motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (ex plurimis Cass. n. 13999 del 2018).

3. – In ragione dell’accoglimento dei primi due motivi, è assorbito il terzo motivo, con cui i ricorrenti deducono la “Violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.”, là dove il Tribunale di appello ha posto a carico degli odierni ricorrenti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, dovendo queste essere invece poste a carico di controparte o, in via subordinata, integralmente compensate.

4. – Vanno dunque accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso, con assorbimento del terzo motivo; la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al Tribunale di Palermo, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, con assorbimento del terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Palermo, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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