Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20511 del 12/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 12/10/2016, (ud. 20/09/2016, dep. 12/10/2016), n.20511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16980/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI AVEZZANO, in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

B.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 63/2010 della COMM. TRIB. REG. di L’AQUILA,

depositata il 07/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PISANA che ha chiesto

raccoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione emesso con riferimento all’imposta di registro, conseguente alla stima di maggior valore del terreno oggetto di compravendita. Il ricorrente deduceva vizio di motivazione, con riferimento all’omessa allegazione dei documenti richiamati.

La CTP accoglieva le ragioni del contribuente e, nel rigettare l’appello dell’ufficio, la CTR confermava la sentenza di primo grado.

Avverso quest’ultima sentenza, l’ufficio ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di due motivi, mentre il contribuente non ha spiegato difese scritte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo e secondo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, attenendo ad un medesimo profilo di censura, il ricorrente ufficio denuncia, da una parte, il vizio di violazione di legge, in particolare del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 bis, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dall’altra denuncia il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento al medesimo profilo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto, erroneamente i giudici d’appello avrebbero ritenuto il difetto di motivazione dell’avviso d’accertamento per omessa allegazione dei documenti richiamati dall’ufficio nella motivazione, al fine dell’applicazione del criterio sintetico comparativo, in quanto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, il comma 2 bis, sancisce che la motivazione dell’atto impositivo debba indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale; nel caso di specie, il contenuto essenziale dell’atto richiamato in comparazione, per la rideterminazione della base imponibile su cui ricalcolare l’imposta dovuta, a seguito del trasferimento dell’immobile oggetto di tassazione, era ben riportato nell’avviso d’accertamento.

L’articolato motivo di censura è fondato.

E’, infatti, insegnamento di questa Corte quello secondo cui “Nel regime introdotto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto correttamente motivato l’atto con cui l’Ufficio aveva rettificato, ai fini dell’imposta di registro e dell’INVIM, il valore di un immobile dichiarato in un contratto di compravendita, richiamando in comparazione altro atto di cessione di bene, ritenuto della stessa natura, senza allegarlo integralmente, ma riportandone soltanto alcuni stralci significativi)” (Cass. n. 6914/11, 1906/08, ord. n. 9032/13). In particolare, la funzione della motivazione è quella di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che sostengono la maggiore pretesa impositiva secondo un iter logico conforme al criterio valutativo adottato dall’ufficio, e non quella di dimostrare definitivamente anche sul piano probatorio, l’effettiva fondatezza delle determinazioni dell’ufficio (da riservare all’eventuale successiva fase contenziosa). Nel caso di specie, dalla motivazione dell’atto impositivo riportato in ricorso, è possibile evincere come dell’atto richiamato per relationem sussista il contenuto essenziale, con riferimento agli estremi di registrazione dello stesso (che ne consente la conoscibilità nelle sedi opportune), l’indicazione catastale del bene (che ne consente l’agevole localizzazione), l’indicazione del valore dichiarato e le ragioni che giustificano l’aumento di quel valore per rapportarlo meglio alla diversa realtà temporale del mercato immobiliare: questi elementi sono sufficienti a garantire al contribuente gli strumenti indispensabili per la conoscenza e valutazione della pretesa tributaria e di predisporre le eventuali difese in sede contenziosa.

Inoltre, il richiamo, presente nella motivazione dell’atto, al criterio assunto per la stima in rettifica, sulla base, in particolare, del metodo sintetico comparativo, deve essere reputato sufficiente, in quanto secondo questa Corte “In tema di accertamento tributario, la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, (nella specie, relativo all’imposta di registro sulla cessione di azienda), senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale, senza poter invocare la violazione, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 2-bis, del dovere di allegazione delle informazioni date dal cedente (l’azienda) ove il contenuto essenziale degli atti sia stato riprodotto sull’avviso di accertamento” (Cass. 25153/13). Infine, non può non rilevarsi, come nella presente vicenda, non solo non sussista il vizio formale erroneamente rilevato dai giudici d’appello, ma neppure alcuna censura afferente al merito della pretesa impositiva risulta essere stata sollevata nel giudizio di secondo grado.

Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito, ponendosi a carico della intimata le spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la società intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2016

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