Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20507 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. II, 29/09/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 29/09/2020), n.20507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17025/2018 proposto da:

B.D., B.L., nella qualità di eredi di B.S.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CAIO MARIO, 13, presso lo

studio dell’avvocato SAVERIO COSI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 3322/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 04/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/01/2020 dal Presidente Dott. SERGIO GORJAN;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.L. e B.D. ebbero a proporre domanda per ottenere l’equa riparazione in relazione alla non ragionevole durata di un procedimento civile di natura previdenziale avanti i Giudici romani, di cui il loro dante causa era stato parte.

Il procedimento presupposto s’era articolato nei tre gradi di giudizio ed era durato complessivamente dal marzo 1997 al febbraio 2009 con sentenza emessa dalla Corte di Cassazione.

Resistette l’Amministrazione della Giustizia, contestando la pretesa e rilevando l’intervenuta estinzione del giudizio poichè lo stesso non tempestivamente riassunto nel termine prescritto a seguito del cessare della situazione di interruzione rappresentata dalla sospensione dall’esercizio della professione del difensore dei ricorrenti.

La Corte d’Appello di Perugia ebbe a dichiarare l’estinzione del procedimento poichè non riassunto nel termine di legge in relazione alla cessazione della sospensione dall’esercizio della professione del difensore dei ricorrenti.

Avverso detto decreto i consorti B. hanno proposto ricorso per cassazione fondato su unico motivo, illustrato anche con memoria.

Il Ministero della Giustizia ha depositato atto di costituzione ma alcuno ha presenziato l’odierna udienza.

All’odierna udienza pubblica, sentite le conclusioni del P.G. – rigetto – e del difensore dei ricorrenti, questa Corte ha adottato la soluzione illustrata nella presente sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dai consorti B. non ha fondamento giuridico e va rigettato. Con l’unico articolato mezzo di impugnazione svolto, i ricorrenti hanno dedotto violazione delle norme giuridiche ex artt. 115 e 116 c.p.c., ed art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 301 e 305 c.p.c., L. n. 89 del 2001 e dell’art. 24 Cost..

Parte ricorrente osserva come il Collegio umbro, nel rilevare l’estinzione per la mancata tempestiva riassunzione a seguito della cessazione del periodo di sospensione dall’esercizio dell’attività professionale del loro difensore nel presente procedimento ex Lege n. 89 del 2001, non ebbe a tener conto del principio consolidato che l’istituto dell’interruzione è predisposto a difesa della parte colpita dalla mancanza di difesa tecnica.

Parte che, nella specie, invece alcun detrimento ebbe a subire in ragione dell’assenza di ogni attività processuale nello iato temporale di durata della sospensione dall’esercizio della professione del suo difensore.

Inoltre il Collegio perugino non aveva rilevato come, non solo il proprio provvedimento dichiarativo dell’interruzione era stato adottato quando la sospensione disciplinare aveva già esaurito il suoi effetti per lo scadere del termine previsto dalla legge, ma la stessa Corte aveva anche, con apposito proprio provvedimento adottato ex officio, revocato detta declaratoria di interruzione.

Nella memoria difensiva poi i consorti B. sottolineano, inoltre, come l’iscrizione all’Albo professionale abbia natura costitutiva, posto che in difetto non è legalmente possibile l’esercizio della professione, sicchè anche in caso di sospensione dall’esercizio della professione solo il provvedimento formale dell’Ordine di rimozione del provvedimento limitativo consente al professionista di nuovamente esercitare.

In ordine al primo profilo svolto dai ricorrenti afferente alla finalità di protezione perseguita dall’istituto ossia la tutela della parte colpita dalla mancanza – anche temporanea – di difensore abilitato va rilevato come parte ricorrente incorra in equivoco circa la pertinenza del principio richiamato con la fattispecie.

Difatti è ben vero che esiste insegnamento di questa Suprema Corte – Cass. sez. 3 n. 14520/15 – che correla la nullità conseguente all’inosservanza dell’interruzione alla concorrenza di specifico ed effettivo pregiudizio in capo alla parte che la rileva – siccome da insegnamento costante in tema di nullità – tuttavia nella specie non risulta rilevata nullità, bensì dichiarata l’estinzione del procedimento ex art. 305 c.p.c..

La necessità della riassunzione è correlata direttamente con l’insegnamento costante di questa Corte Suprema in tema di eventi che attingono il diritto di difesa specie la capacità professionale del difensore – Cass. sez. 3 n. 5705/83, Cass. sez. 1 n. 790/18 – e cioè che la morte la radiazione o la sospensione disciplinare – caso di specie – del difensore comportano automaticamente l’interruzione del processo a prescindere dalla conoscenza che contro parte od il Giudice abbia di detto evento.

Pertanto nell’ipotesi che il procedimento, nonostante il verificarsi dell’evento cui consegue l’interruzione, continui gli atti processuali posti in essere in detta situazione sono nulli e la relativa nullità va dedotta con anche l’indicazione del pregiudizio effettivo sul diritto di difesa.

Allorquando come nella specie sia il Giudice a rilevare – su segnalazione della controparte – il verificarsi dell’evento interruttivo e la mancata tempestiva riassunzione, venuta detta situazione a cessare, corretta è la statuizione di estinzione del procedimento poichè la questione attinge alla regolarità del processo e può anche essere rilevata ex officio oltre che eccepita dalla controparte, che benefica dell’evento estintivo.

Dunque la questione posta dai ricorrenti assume rilievo in ipotesi di denunzia della nullità di atti processuali, non anche quando dichiarata la estinzione del processo per la mancata tempestiva riassunzione.

Quanto all’osservazione difensiva che la Corte umbra non tenne conto della fattuale circostanza che la stessa Corte ebbe, ex officio, dapprima ad emettere provvedimento dichiarativo l’interruzione del procedimento per poi revocarlo, sempre ex officio, e che ambedue detti provvedimenti furono adottati dopo che la sospensione disciplinare del difensore aveva cessato d’aver effetto, la stessa non assume rilievo decisivo nel presente procedimento.

Difatti, come sottolineato dagli stessi ricorrenti, ambedue i provvedimenti, adottati ex officio dalla Corte perugina dapprima di declaratoria dell’interruzione e quindi di revoca di detto provvedimento, sono stati emessi ben dopo che la causa di interruzione era venuta meno, poichè terminato il periodo di durata fissato dalla legge alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale del difensore dei B..

Dunque alcuna incidenza detti provvedimenti hanno avuto sul verificarsi dell’effetto estintivo poichè la causa non è stata riassunta entro tre mesi dal venir meno della sospensione disciplinare – 18.7.2014 – del difensore, risultando emessi ben dopo la scadenza del citato termine di riassunzione.

Anche il terzo profilo della censura elevata dai B. – enfatizzato nella nota difensiva – appare privo di fondamento poichè se è ben vero che l’iscrizione all’Albo professionale ha effetto costitutivo in quanto consente l’esercizio della professione, altrimenti preclusa ex art. 2229 c.c., tuttavia in ipotesi di sospensione disciplinare detta questione non assume rilievo alcuno.

Difatti, come precisato da questa Corte nella sentenza che ha definito il ricorso dell’avv. Stanisca avverso il provvedimento dell’Ordine circa la data di cessazione degli effetti della sospensione disciplinare, questa cessa automaticamente con lo scorrere del suo termine di durata massima stabilito dalla legge, sicchè non v’è necessità di alcun provvedimento ordinistico acchè il difensore riacquisti lo ius postulandi – Cass. sez. 2 n. 24987/10.

Va tuttavia corretta la parte della motivazione esposta dalla Corte umbra inerente al momento iniziale di decorrenza del termine trimestrale per la riassunzione, poichè il dispositivo conforme a diritto.

Difatti come già stabilito da questa sezione – Cass. sez. 2 n. 3529/19, Cass. sez. 2 n. 22651/18 – in numerosi arresti in controversie omologhe, il momento iniziale di decorrenza del termine ex art. 305 c.p.c., va individuato allo scadere ex lege del periodo di sospensione disciplinare e, non già, siccome ritenuto dai Giudici umbri, al momento dello scadere del termine per l’esercizio della facoltà di proporre impugnazione incidentale da parte del CNF nel procedimento di cassazione avviato dall’avv. Staniscia.

Difatti i B. non avevano provveduto a revocare o sostituire il difensore sospeso, sicchè il loro difensore, riacquistato lo ius postulandi automaticamente con il venir meno della sospensione, ben poteva agire in forza della procura di cui era investivo e mai revocatagli dai clienti.

Dunque al 18.7.2014 era venuta meno l’efficacia del provvedimento di sospensione dall’esercizio della professione a carico del difensore dei B., sicchè da tale momento, poichè detto difensore ben a conoscenza del venir meno dell’evento interruttivo che lo riguardava direttamente, il procedimento automaticamente interrotto doveva esser riassunto entro mesi tre.

Un tanto non è avvenuto con conseguente estinzione del procedimento, siccome eccepito dal Ministero della Giustizia e rilevato dalla Corte umbra nel provvedimento impugnato.

Al rigetto del ricorso non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna dei B. alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità posto che l’Amministrazione ha depositato solamente nota ai fini ex art. 370 c.p.c., ed alcun suo rappresentante ha presenziato all’udienza.

Non si fa luogo al raddoppio del contributo unificato poichè la causa per sua natura è esente.

PQM

Rigetta il ricorso e nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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