Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20504 del 06/10/2011
Cassazione civile sez. trib., 06/10/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 06/10/2011), n.20504
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 20607/2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE
FINANZE, in persona dei legali rappresentanti pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrenti –
contro
Z.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA RUFFINI 2-A, presso lo studio dell’avvocato SANTINI
CLAUDIO, rappresentata e difesa dall’avvocato COMELLA Antonio giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 144/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di NAPOLI del 26/06/08, depositata il 10/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI;
è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.
La Corte:
Fatto
FATTO E DIRITTO
– rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“Con sentenza n. 144/23/08 la CTR della Campania rigettava il gravame proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Napoli (OMISSIS), avverso la sentenza di prime cure, con la quale era stata accolto il ricorso proposto da Z.S. nei confronti dell’avviso di accertamento, ai fini dell’ILOR per l’anno di imposta 1997, intestato alla società La Commerciale Friulana s.a.s. di Federico Ciro & C. Il giudice di appello riteneva, invero, che l’Ufficio non avesse fornito la prova del nesso esistente tra la società suindicata e la contribuente, e – segnatamente – della sua qualità di socio, quantunque occulto e, quindi, coinvolto nelle illecite operazioni poste in essere da detta società.
Avverso la sentenza n. 144/23/08 hanno proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate articolando un unico motivo, al quale 1’intimata ha replicato con controricorso.
Il ricorso appare inammissibile.
L’amministrazione ricorrente – la quale ha dedotto con l’unico motivo di ricorso vizi della motivazione dell’impugnata sentenza – ha, invero, del tutto omesso di formulare un’indicazione riassuntiva e sintetica, contenente la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2, a tenore del quale la formulazione della censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo operata dalla ricorrente (Cass. 8897/08, Cass. S.U. 11652/08).
L’amministrazione si è limitata, per contro, ad esporre una serie di ragioni per le quali la sentenza sarebbe affetta dal denunciato vizio motivazionale, talune delle quale neppure aderenti al thema decidendi, ed altre palesemente attinenti a questioni di merito, indeducibili in questa sede.
Di conseguenza, il ricorso può essere deciso in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1”;
– che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
– che non sono state depositate conclusioni scritte dal P.M., nè memorie;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna dell’ amministrazione ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’amministrazione ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2011