Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20502 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. un., 30/07/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 30/07/2019), n.20502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sezione –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 33500/2018 proposto da:

N.D., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARCO ZAMBELLI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, MINISTERO

DELLA GIUSTIZIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 152/2018 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA

MAGISTRATURA, depositata il 14/09/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/03/2019 dal Consigliere RAFFAELE FRASCA;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale MATERA

Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, p.q.r.;

udito l’Avvocato Marco Zambelli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. N.D., magistrato ordinario, ha proposto, affidandolo a tre motivi, ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione avverso la sentenza n. 252 del 14 settembre 2018, con cui la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura l’ha assolta da due imputazioni disciplinari, rispettivamente perchè il primo illecito disciplinare, di cui al capo A) dell’incolpazione, non era configurabile essendo il fatto contestatole di scarsa rilevanza e l’altro, di cui al capo B), non sussisteva.

2. I tre motivi riguardano soltanto l’assoluzione per il capo A) dell’incolpazione.

In esso veniva ravvisato a carico della N. l’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1, e art. 2, comma 1, lett. g), perchè, quale giudice del Tribunale monocratico di (OMISSIS) e nell’esercizio delle relative funzioni, “mancando ai doveri di correttezza, diligenza ed equilibrio, incorreva in grave ed inescusabile violazione di legge”, in quanto, essendo “investita – nel procedimento penale n. (OMISSIS) a carico di C.D., D.J.I. e C.G.I. – della richiesta di convalida dell’arresto dei predetti e di contestuale giudizio direttissimo, con provvedimento adottato all’udienza di convalida di sabato (OMISSIS), ore 12.10, disponeva la restituzione del fascicolo al pubblico ministero, senza procedere nè al giudizio convalida nè all’eventuale giudizio direttissimo”.

2.1. Il Procuratore Generale, nell’elevare l’addebito osservava che il provvedimento era stato motivato dalla N. “sul presupposto che la ricerca di un interprete era stata “totalmente infruttuosa”” e su quello “che – pur constatando il predetto magistrato che l’arresto era avvenuto alle ore 8.30 di quella mattina e che i relativi atti processuali con le richieste del P.M., fossero ritualmente già pervenuti presso il Tribunale – gli arrestati non erano “ancora presenti” alle ore 12.10 e che dunque – stante il decreto del Presidente del Tribunale di (OMISSIS) del 21.2.2006, secondo cui “per motivi organizzativi” sarebbero dovuti essere celebrati “in giornata i processi per direttissima che perverranno nella cancelleria del Tribunale entro le ore 12.00” – il ritardo nella traduzione degli arrestati (constatato nella misura di dieci minuti) impediva comunque la celebrazione del giudizio direttissimo, rappresentandosi, nel medesimo provvedimento di restituzione degli atti al P.M., “l’eventuale opportunità” che questi richiedesse “la convalida al G.I.P.”, posto che la misura avrebbe perso efficacia dal successivo lunedì mattina alle ore 8.30″.

In relazione a tale motivazione il P.G. assumeva che “risultava integrare una grave violazione di legge per ignoranza e comunque per inescusabile diligenza, posto, che, secondo le ordinarie regole procedurali quali affermate dalla pacifica interpretazione giurisprudenziale, il predetto magistrato, nella qualità specificata era per legge obbligato, in ogni caso a provvedere, positivamente o negativamente, sulla richiesta di convalida a ciò non essendo ostativi nè l’impossibilità di reperire tempestivamente un interprete e neppure l’assenza fisica dell’imputato all’udienza, atteso che la mancata presentazione dell’imputato all’udienza di convalida per mancata volontaria comparizione o per legittimo impedimento non osta(va) alla prosecuzione del giudizio ed alla decisione sulla convalida e comunque considerando, nella specie, l’imminente arrivo degli arrestati, essendo in corso la loro traduzione presso il Tribunale, ciò che rendeva ampiamente tollerabile un brevissimo differimento dell’udienza anche oltre le ore 12.00″.

3. L’addebito di cui al capo B) dell’incolpazione, veniva individuato nell’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1, art. 2, comma 1, lett. a), per avere, nella qualità di cui sopra ed in violazione dei doveri di correttezza, diligenza ed equilibrio, adottando il provvedimento di cui al capo d’incolpazione precedente, arrecato un ingiusto vantaggio agli indagati C.D., D.J.I. e C.G.I.”.

Tale addebito veniva giustificato adducendosi che, “in esito alla restituzione degli atti al P.M. disposta ed alla conseguente impossibilità di mantenere legittimamente la misura restrittiva provvisoria in atto nei loro confronti fino alla celebrazione della relativa udienza di convalida prima dello spirare dei termini di legge (ore 8.30 dell’11 luglio 2016), venivano posti immediatamente in libertà, con provvedimento del P.M. di (OMISSIS) delle ore 12.45 del (OMISSIS): e ciò, nonostante l’arresto dei predetti fosse stato legittimamente eseguito e nonostante i relativi atti, con la richiesta di convalida e di giudizio direttissimo, fossero stati tempestivamente depositati presso la cancelleria del Tribunale, come attestato dalla stessa Dott.ssa N. nel verbale di udienza di convalida delle ore 12.10 del (OMISSIS). “.

4. In sede di udienza davanti alla Sezione Disciplinare il Procuratore Generale concludeva, peraltro, chiedendo l’assoluzione per esclusione degli addebiti contestati.

5. Nella sentenza impugnata la Sezione Disciplinare ha innanzitutto ricostruito i fatti in questi termini:

“1. I fatti oggetto di contestazione riguardano in primo luogo le vicende inerenti il procedimento penale 7814/2016 a carico di tre imputati romeni nei confronti dei quali la Procura di (OMISSIS) in data (OMISSIS) aveva avanzato richiesta di convalida dell’arresto per tentativo di furto e contestuale giudizio direttissimo. Dalla ricostruzione in atti è emerso che: alle ore 12.00, come si evince dalla nota di udienza del Pubblico Ministero Onorario, Dott.ssa F., gli atti erano pervenuti innanzi al Giudice per la convalida e gli arrestati non erano ancora presenti in aula. Sul punto la difesa affermava che il ritardo si protraeva fino alle 12.30 come peraltro attestato dal Dott. D. nella sua relazione; alle ore 12.15 l’incolpata decideva di non attendere oltre attesa l’assenza di ragguagli circa la traduzione degli arrestati da parte dei Carabinieri e disponeva la restituzione del fascicolo al pubblico ministero senza procedere nè al giudizio della convalida, nè al giudizio direttissimo sul presupposto che: la ricerca di un interprete era stata totalmente infruttuosa; il ritardo nella presentazione degli arrestati impediva, anche alla luce di quelle che erano le circolari organizzative del Tribunale di (OMISSIS), la celebrazione del giudizio direttissimo; il PM avrebbe potuto comunque potuto avanzare le proprie richieste al G.I.P., considerando che il termine di efficacia del provvedimento dell’arresto sarebbe comunque scaduto alle ore 08:30 del lunedì mattina successivo; alle 12.30 gli arrestati tradotti dai carabinieri della Stazione di Sovere giungevano presso il Palazzo di Giustizia di (OMISSIS). Sul punto la annotazione di servizio a firma del m.llo P. attestava testualmente quanto segue: “all’interno dello stesso in prossimità del varco di uscita, l’app. M.M. della stazione dei carabinieri di (OMISSIS) incontrava il giudice Dott.ssa N.D., con la quale si scusava per il ritardo ma la predetta Autorità Giudiziaria rispondeva di aver consegnato il fascicolo al pubblico ministero e al GIP e che pertanto non avrebbe tenuto altre udienze quel giorno”.”.

5.1. Dopo di che ha così motivato per quanto interessa l’affermazione della sussistenza della incolpazione sub A:

“Così ricostruiti i fatti ritiene questa Sezione che il comportamento della Dott.ssa N. integri quella grave ed inescusabile violazione di legge prevista dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, lett. g), avendo la stessa omesso di provvedere sulla richiesta di convalida dell’arresto e di contestuale giudizio direttissimo in violazione dei doveri di diligenza nell’esercizio delle funzioni considerato che: durante la mattinata del (OMISSIS) vi era stata interlocuzione tra l’ufficio di Procura e la cancelleria del dibattimento nella quale si annunciava che gli arrestati stavano arrivando, circostanza questa riferita nella deposizione testimoniale del Dott. D.; si trattava dell’unico processo della giornata; erano da poco trascorse le ore 12 e quindi l’ora non poteva considerarsi tarda e come tale implicare l’esistenza di problematiche organizzative per la celebrazione dell’udienza. Non può pertanto trovare pregio difensivo la richiamata opzione della Dott.ssa N. per il solco giurisprudenziale avvalorante la necessaria presenza dell’arrestato al momento dell’udienza di convalida perchè alla luce degli elementi fattuali sopraindicati l’incolpata avrebbe dovuto esperire tutti i tentativi necessari per la celebrazione dell’udienza, tra cui una più accurata ed approfondita ricerca dell’interprete senza restituire gli atti al PM solo perchè erano da poco trascorse le ore 12.”.

5.2. La Sezione Disciplinare ha, poi, motivato l’assoluzione della ricorrente da detta incolpazione per la scarsa rilevanza del fatto ai sensi del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis, così esprimendosi:

“Tanto non impedisce, tuttavia, a questa Sezione, come oramai più volte ribadito dalla Suprema Corte, di considerare e valutare la condotta dei magistrati al fine di verificarne la effettiva offensività, ai fini dell’applicazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis. Sul piano di tale valutazione deve evidenziarsi che dalla lettura degli atti può escludersi qualsiasi lesione o compromissione del prestigio dell’ordine giudiziario riconoscendo l’elevata professionalità della dottoressa N.. A ciò deve aggiungersi che l’episodio si presenta come isolato nella vita professionale del magistrato. Può pertanto, escludersi che, nel caso di specie, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, possa ritenersi maturata una effettiva lesione o compromissione del prestigio dell’ordine giudiziario. In altri termini, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, sussistono tutte le condizioni per escludere la effettiva lesione dei beni giuridici presidiati dalla norma incriminatrice disciplinare e per ritenere, conseguentemente, la scarsa rilevanza del fatto (per tutte Sez. Disc. n. 101 del 2012) non risultando il prestigio dell’ordine giudiziario, nel contesto sopra descritto, in alcun modo compromesso”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare si deve rilevare che correttamente la ricorrente, prima di passare ad esporre i tre motivi su cui fonda il ricorso, rileva – richiamando Cass., Sez. Un., n. 29914 del 2017 – che esso è ammissibile nonostante l’assoluzione dal capo A) della incolpazione per la scarsa rilevanza del fatto.

Il principio di diritto affermato da detta decisione (nel senso che “In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, l’assoluzione con la formula di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis, da parte della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura, non è tale da escludere qualsiasi effetto svantaggioso per il magistrato assolto ed è, pertanto, idonea a radicare il suo interesse a impugnare la sentenza davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, al fine di ottenere una pronuncia, totalmente liberatoria, di esclusione dell’addebito per insussistenza del fatto o perchè il fatto non è a lui attribuibile.”) è stato ribadito da Cass., Sez. Un., nn. 24133 del 2018, 1416 del 2019 e 6354 del 2019.

2. Con il primo motivo si deduce: “Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità – artt. 521 e 522 c.p.p., D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 17, commi 8 e 19, (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c)”, nonchè “Inosservanza o erronea applicazione del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, comma 1, lett. g), e dell’art. 2, comma 2 (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b)”.

Nella illustrazione del motivo si ricorda il contenuto del capo di incolpazione A) e, quindi, si riferisce che nel procedimento disciplinare la ricorrente si era difesa adducendo che l’interpretazione giurisprudenziale sulla quale esso si basava, là dove aveva addebitato alla medesima la grave ed inescusabile violazione di legge sull’assunto che non sarebbero stati ostativi alla decisione sulla richiesta di convalida dell’arresto nè l’impossibilità di reperire un interprete nè l’assenza dell’imputato, risultava assolutamente non pacifica, il che riconduceva il comportamento della ricorrente alla norma del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 2.

Dopo avere ricordato che il giorno della discussione del giudizio di disciplinare il Sostituto Procuratore Generale presente in udienza aveva chiesto l’esclusione dell’addebito, si passa ad esporre la censura rilevando che l’impugnata sentenza avrebbe ritenuto la responsabilità per l’addebito di grave ed inescusabile violazione di legge sulla base di un fatto diverso da quello che ne era stato oggetto e ciò senza consentire alla ricorrente di difendersi rispetto ad esso. Da qui la violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p., e del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 17, commi 8 e 19, con conseguente nullità della sentenza impugnata.

L’assunto è sostenuto adducendo che la Sezione Disciplinare ha affermato la responsabilità della ricorrente non già basandola sull’ignoranza – invocata nell’incolpazione – della pretesa regola procedurale che le avrebbe imposto di celebrare l’udienza di convalida nonostante l’impossibilità di reperire un interprete, bensì su un fatto diverso, rappresentato dal “non aver esperito tutti i tentativi necessari per la celebrazione dell’udienza, tra cui una più accurata e approfondita ricerca dell’interprete”.

In tal modo la Sezione avrebbe giudicato su un fatto diverso da quello oggetto dell’incolpazione.

Sulla base di tali deduzioni si assume configurabile la situazione indicata dall’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), e si sollecita la cassazione senza rinvio della sentenza quanto alla statuizione resa sul capo A) dell’incolpazione.

3. Il motivo è fondato.

3.1. Rilevano le Sezioni Unite che nel capo di incolpazione sub A come emerge dalla riproduzione che ne ha fatto la sentenza, come sopra si è fatto constare – l’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1, e art. 2, comma 1, lett. g), risultava individuato nell’essere incorsa la ricorrente, venendo meno ai doveri di correttezza, diligenza ed equilibrio in una grave ed inescusabile violazione di legge, che risultava ravvisata nella motivazione del provvedimento del (OMISSIS), perchè in essa risultava integrata “una grave violazione di legge per ignoranza e comunque per inescusabile diligenza, posto, che, secondo le ordinarie regole procedurali quali affermate dalla pacifica interpretazione giurisprudenziale” il magistrato incolpato “era per legge obbligato, in ogni caso a provvedere, positivamente o negativamente, sulla richiesta di convalida a ciò non essendo ostativi nè l’impossibilità di reperire tempestivamente un interprete e neppure l’assenza fisica dell’imputato all’udienza, atteso che la mancata presentazione dell’imputato all’udienza di convalida per mancata volontaria comparizione o per legittimo impedimento non osta(va) alla prosecuzione del giudizio ed alla decisione sulla convalida e comunque considerando, nella specie, l’imminente arrivo degli arrestati, essendo in corso la loro traduzione presso il Tribunale, ciò che rendeva ampiamente tollerabile un brevissimo differimento dell’udienza anche oltre le ore 12.00”.

Emerge da tale motivazione del capo di incolpazione che la motivazione del provvedimento adottato all’udienza di convalida del (OMISSIS) venne ritenuta integrare una grave violazione di legge per ignoranza o per inescusabile diligenza di un preteso modus procedendi, che le avrebbe imposto, secondo quella che veniva assunta come “pacifica interpretazione giurisprudenziale”, di provvedere comunque, positivamente o negativamente, sulla richiesta di convalida degli arresti, in quanto al provvedere non sarebbe stata ostativa nè l’impossibilità di reperire tempestivamente un interprete nè la stessa assenza fisica dell’imputato in udienza. Quest’ultima, peraltro, veniva valutata in un duplice modo, sostanzialmente alternativo: in primo luogo veniva fatta oggetto dell’affermazione astratta circa la non ostatività di una mancata comparizione volontaria o per legittimo impedimento ed in secondo luogo, con la frase che inizia con l’avverbio “comunque”, veniva apprezzata sotto il profilo dell’assenza nel momento del provvedimento adottato in udienza, la quale veniva considerata cessanda per l’imminente arrivo degli arrestati per essere in corso la loro traduzione e come tale assunta come giustificativa di un brevissimo differimento dell’udienza oltre le ore 12.00 indicate nel decreto del Presidente del Tribunale (e ciò, peraltro, con una certa contraddizione, atteso che lo stesso capo di incolpazione dava atto che il provvedimento di restituzione del fascicolo al pubblico ministero era stato adottato alle ore 12.10).

3.2. Ebbene, nel capo di incolpazione la violazione di legge veniva ravvisata in termini generali, secondo una prima alternativa, nell’avere ignorato una pacifica esegesi giurisprudenziale che avrebbe obbligato l’incolpata a provvedere positivamente o negativamente sulla richiesta di convalida perchè non era ostativa nè l’impossibilità di reperire tempestivamente un interprete nè l’assenza fisica dell’imputato. Quest’ultima, peraltro, veniva indicata con un riferimento alla mancata volontaria comparizione o ad un legittimo impedimento, senza precisarsi se nella situazione degli arrestati ricorresse l’una o l’altra ipotesi.

In una seconda alternativa la violazione veniva addebitata per non avere l’incolpata differito l’udienza poco oltre le ore 12.00 in ragione del preannunciato imminente arrivo degli arrestati.

3.3. E’ palese che la Sezione Disciplinare, nel valutare se l’addebito si configurava avrebbe potuto ritenerlo esistente o condividendo la prima alternativa o condividendo la seconda.

All’interno della prima avrebbe anzi dovuto valutare due circostanze, quella indicata nel capo di incolpazione come “impossibilità di reperire tempestivamente un interprete” e quella dell’assenza fisica degli imputati.

Viceversa, la Sezione Disciplinare ha apprezzato come comportamento configurante la grave ed inescusabile violazione di legge un fatto, cioè un comportamento dell’incolpata, diverso supponendolo possibile e descritto come il mancato adempimento del dovere di “esperire tutti i tentativi necessari per la celebrazione dell’udienza, tra cui una più accurata ed approfondita ricerca dell’interprete senza restituire gli atti al PM solo perchè erano da poco trascorse le ore 12”.

Questo fatto, anzi, per un verso viene individuato in modo generico e, poi, con una sorta di esemplificazione.

Infatti, sotto il primo aspetto la Sezione Disciplinare fa riferimento al dovere l’incolpata “esperire tutti i tentativi necessari per la celebrazione dell’udienza”. Sotto il secondo aspetto ne individua uno, la “più accurata ed approfondita ricerca dell’interprete”.

3.4. Ora, è palese che la genericità della prima affermazione, se confrontata con il capo di incolpazione, integra un addebito che esula da esso, giacchè il medesimo, secondo quella che si è definita seconda alternativa, contemplava solo la tollerabilità di un brevissimo differimento, sicchè non è possibile ricondurre tale pur generico apprezzamento al “fatto” ritenuto esistente (e ciò in disparte l’apprezzamento di tale generico assunto come una motivazione effettiva, là dove non individuava i comportamenti da tenere, il che esula dal motivo in esame).

Ne deriva che la Sezione Disciplinare è incorsa nella violazione della norma dell’art. 521 c.p.p., comma 2, dando rilievo d’ufficio ad un fatto diverso da quello contestato dall’accusa, già reputando integrare la contestata violazione disciplinare dell’art. 2, comma 1, lett. g) il non avere l’incolpata esperito “tutti i tentativi necessari per la celebrazione dell’udienza”, atteso che nel capo A) della incolpazione non era contestato un simile (pur generico) comportamento.

Allo stesso modo, nel capo di incolpazione non era contemplato il non avere l’incolpata compiuto uno di detti tentativi, cioè “una più accurata ed approfondita ricerca dell’interprete”. L’incolpazione, anzi, supponeva “l’impossibilità di reperire tempestivamente un interprete”, assunta come motivazione del provvedimento dell’incolpata. Si dice, infatti, che nel provvedimento si era motivato che “la ricerca di un interprete era stata totalmente infruttuosa”.

Sicchè è palese anche sotto tale aspetto la violazione del principio di correlazione fra imputazione e sentenza, espresso nell’art. 521, comma 2, già citato.

3.5. Il Collegio per mera completezza osserva che, se anche si volesse considerare il motivo in esame – in quanto esso, pur evocando la motivazione anche sul punto, a pagina 10 si concentra sul riferimento alla mancanza di una ricerca più accurata dell’interprete – come non denunciante la violazione della norma quanto al rilievo dato dalla Sezione Disciplinare al mancato esperimento di “tutti i tentativi necessari”, la violazione stessa resterebbe configurabile e comunque validamente denunciata, giacchè la motivazione della sentenza impugnata si regge necessariamente sull’addebito della condotta specifica come parte essenziale della ritenuta esistenza della responsabilità.

Ne seguirebbe comunque che la violazione dell’art. 521, comma 2, citato resterebbe idoneamente denunciata.

3.6. Va a questo punto rilevato che nel caso di specie ricorre una situazione nella quale la violazione dell’art. 521 citato, che, com’è noto, si intende oggetto del richiamo di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 18, comma 4, si configura alla stregua del principio di diritto secondo cui: “In tema di procedimento disciplinare riguardante magistrati, il principio di correlazione tra fatto addebitato e fatto ritenuto in sentenza risulta violato allorquando in questi non sia possibile individuare un nucleo comune, con la conseguenza che essi si pongono tra di loro non in rapporto di continenza, bensì di eterogeneità.” (Cass., Sez. Un., n. 26133 del 2011); nonchè di quello di cui a Cass., Sez. Un. 10415 del 2017, secondo cui: “Nel procedimento disciplinare a carico di magistrati, si ha modificazione del fatto, dalla quale scaturisce la mancanza di correlazione tra l’addebito contestato e quello diverso ritenuto in sentenza, soltanto quando venga operata una trasformazione o sostituzione degli elementi costitutivi dell’addebito, ma non quando gli elementi essenziali della contestazione formale restano immutati nel passaggio dalla contestazione all’accertamento dell’illecito, variando solo elementi secondari e di contorno, ovvero quando ai primi si aggiungono altri elementi sui quali l’incolpato abbia comunque avuto modo di difendersi nel procedimento”; ed ancora di quello secondo cui: “In tema di procedimento disciplinare riguardante magistrati, il rispetto del principio della necessaria correlazione tra il fatto addebitato e quello ritenuto in sentenza va valutato non in senso rigorosamente formale, ma con riferimento alla finalità cui esso è diretto, sicchè la sua violazione è ipotizzabile esclusivamente in presenza di un effettivo pregiudizio per la possibilità di difesa; pertanto, l’osservanza del principio del contraddittorio, richiamato anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (in particolare, con la sentenza 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia), è assicurata quando il giudice di merito provveda alla riqualificazione degli stessi direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione dell’interessato sul punto, posto che il rispetto del contraddittorio è comunque assicurato dalla possibilità di contestare tale diversa definizione mediante il ricorso per cassazione”. (Cass., Sez. Un., n. 26548 del 2013).

Nella specie la Sezione Disciplinare ha ritenuto la responsabilità della ricorrente sulla base di elementi diversi ed eterogenei rispetto all’incolpazione sub A), perchè in essa si assumeva come presupposto l’impossibilità di assicurare la presenza di un interprete e la si considerava comunque non ostativa alla configurabilità dell’illecito. Dando rilievo al mancato esperimento di tutti i non meglio specificati tentativi di celebrare l’udienza e fra essi a quello di ricercare più accuratamente un interprete, ha sostituito la condotta contemplata nel capo di incolpazione e ciò, si badi, anche con riferimento a quella che il capo di imputazione contemplava – come s’è veduto con la sopra segnalata contraddizione – come tollerabilità di un brevissimo differimento dell’udienza oltre le ore 12.00, che aveva nel capo di incolpazione un preciso presupposto fattuale.

4. Si deve, dunque, ritenere la fondatezza del motivo, in quanto risulta violata la norma dell’art. 521 c.p.p., comma 2.

La sentenza impugnata dev’essere, in conseguenza, cassata nella parte in cui ha ravvisato la sussistenza dell’illecito nei termini risultanti dalla immutazione della contestazione disciplinare, per poi ritenere il fatto così d’ufficio individuato di scarsa importanza.

4.1. La cassazione può essere disposta senza rinvio, in quanto ricorre l’ipotesi di cui all’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l).

4.2. Queste le ragioni.

La Sezione Disciplinare, nell’affermare la responsabilità dell’incolpata dando rilievo ad un fatto diverso rispetto a quello oggetto della contestazione disciplinare, ha, sebbene in modo implicito, ritenuto che i fatti oggetto della contestazione, per come enunciati nel capo di incolpazione sub A), non risultavano configurabili e fonte di responsabilità.

Tanto si evince dalla circostanza che il non poter “trovare pregio difensivo la richiamata opzione della Dott.ssa N. per il solco giurisprudenziale avvalorante la necessaria presenza dell’arrestato al momento dell’udienza di convalida” evidenzia il convincimento che quella presenza era effettivamente necessaria, di contro a quanto ritenuto nel capo di incolpazione e, dunque, implica che il fatto per come in esso contestato è stato considerato non integrante l’addebito disciplinare.

D’altro canto, rispetto a quel fatto il Pubblico Ministero presente nell’udienza disciplinare aveva chiesto l’assoluzione.

Si aggiunga che – in disparte il problema della compatibilità con l’atteggiamento tenuto nell’udienza disciplinare – il Pubblico Ministero si è astenuto dal ricorrere contro la sentenza adducendone la nullità per mutamento del fatto e chiedendo che la pronuncia dovesse riguardare il fatto contestato.

Ed inoltre lo stesso Pubblico Ministero in udienza davanti a questa Corte ha chiesto accogliersi il ricorso.

Per mera completezza, si rileva, inoltre, che, scrutinando il capo di incolpazione sub B) la Sezione Disciplinare ha espressamente ritenuto che assumeva rilevanza nella condotta della N. la disposizione organizzatoria del Presidente del Tribunale circa il doversi espletare l’incombente di rito entro le ore 12.00.

Ne seguirebbe che, se si cassasse la sentenza con rinvio, risultando il secondo ed il terzo motivo assorbiti dalla cassazione in accoglimento del primo, e si rimettessero gli atti al Pubblico Ministero in sede disciplinare per l’eventuale nuova richiesta di un giudizio sul capo di incolpazione A) per come formulato, il Pubblico Ministero si troverebbe di fronte all’esistenza di un giudicato sul fatto che bene il giudizio sulla convalida non aveva avuto corso in ragione della cennata disposizione organizzatoria.

Conclusivamente, è accolto il primo motivo e la sentenza è cassata senza rinvio in relazione alla incolpazione sub A), con assorbimento degli altri due motivi.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo. Dichiara assorbiti il secondo ed il terzo motivo. Cassa la decisione impugnata senza rinvio a norma dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l).

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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