Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20502 del 03/08/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 20502 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: CINQUE GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso 28575-2015 proposto da:
AUTOGRILL

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAZZA POPOLO 18 presso lo studio
dell’avvocato PIERLUIGI RIZZO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato NUNZIO RIZZO giusta
2018

delega in atti;
– ricorrente –

1521

contro

PALDERA FILOMENA, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

Data pubblicazione: 03/08/2018

rappresentato e difeso dallAvvocato LORENZO IANNONE
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 6586/2015 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/09/2015 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/04/2018 dal Consigliere Dott.
GUGLIELMO CINQUE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

79/2015;

RG 28575/2015

Fatti di causa
1. Il Tribunale di Torre Annunziata, accogliendo l’opposizione
attivata ai sensi dell’art. 1 commi 51 e ss. della legge n. 92/2012 da
Filomena Paldera, ha dichiarato la illegittimità del licenziamento
collettivo intimato a quest’ultima ai sensi della legge n. 223/1991,
con comunicazione in data 25.10.2013, condannando la datrice di

lavoro Autogrill spa alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di
lavoro, oltre al pagamento in suo favore delle somme a titolo di
indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto, accessori e spese di lite.
2.

Con la sentenza n. 6586/2015 la Corte di appello di Napoli ha

rigettato il reclamo proposto dalla società ai sensi dell’art. 1 comma
58 della legge n. 92/2012.
3.

A fondamento del decisum i giudici di seconde cure hanno

rilevato che: 1) l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione, per
essere stato mutato il thema decidendum rispetto a quello formulato
con l’originario atto introduttivo, non era fondata perché le difese
della fase di opposizione comunque erano coerenti e nei limiti delle
richieste e delle prospettazioni di fatto e giuridiche avanzate nella
fase sommaria; 2) la chiusura del punto di ristorazione, all’interno
dell’area di servizio della rete autostradale “Torre Annunziata Est”,
non poteva essere considerata quale cessazione di un attività di una
unità produttiva dotata di indipendenza tecnica ed amministrativa tali
che in essa si esaurisse per intero il ciclo relativo ad una frazione o ad
un momento essenziale dell’attività aziendale; 3) conseguentemente,
l’omessa esplicitazione dei criteri di scelta, con riferimento al
complesso aziendale o quanto meno alle altre unità produttive facenti
parte del medesimo territorio, integrava un vizio sostanziale per
violazione stessa dei criteri di scelta; 4) la società datrice di lavoro
non aveva allegato né provato la possibilità di collocare la lavoratrice

IL
1

RG 28575/2015

in altra unità produttiva ovvero che al riguardo vi fosse stato un
rifiuto al trasferimento da parte della stessa.
4.

Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per

cassazione Autogrill spa affidato a quattro motivi.
5.

Ha resistito con controricorso Filomena Paldera.

6.

La società ha depositato memoria ex art. 378 cpc.

Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo Autogrill spa denuncia l’omesso esame, ai
sensi dell’art. 360 n. 5 cpc, dei seguenti fatti storici, decisivi per il
giudizio, oggetto di discussione in quanto allegati ritualmente dalla
società, e cioè: a) che in ciascun punto vendita della società, tra cui
anche quello cessato di Torre Annunziata Est, si esauriva per intero il
ciclo relativo ad una frazione dell’attività complessiva aziendale; b)
che il punto vendita di Torre Annunziata Est, al pari degli altri punti
vendita dislocati sull’intero territorio nazionale, aveva indipendenza
tecnica, economica ed amministrativa; c) che il punto vendita di Torre
Annunziata Est aveva una dotazione di personale dedicata, a nulla
rilevando i trasferimenti (non impugnati nel presente giudizio) e
comunque giustificati da comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive; d) che il punto vendita di Torre Annunziata Est aveva un
proprio responsabile dirigente l’unità produttiva, il quale definiva le
modalità di espletamento dell’attività, determinava gli ordini delle
merci, etc.; e) che il punto vendita di Torre Annunziata Est aveva
locali ed attrezzature esclusive.
2.

Con il secondo motivo si censura, in via subordinata al

precedente motivo di ricorso, la violazione e falsa applicazione, ai
sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, degli artt. 35 legge n. 300/1970, 2103 cc
e 24 legge n. 223/1991, laddove era stato escluso dalla Corte di
merito che il punto di ristoro della società di Torre Annunziata Est,
allocato in un’area di servizio autostradale e caratterizzato dai fatti
storici di cui sopra, costituisse una unità produttiva autonoma,
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,v

RG 28575/2015

aderendo ad una tesi in contrasto con quanto previsto dalle suddette
disposizioni e ai principi affermatisi in tema di trasferimento dei
lavoratori ex art. 2103 cc e di trasferimento di azienda disciplinato
dall’art. 2112 cc.
3.

Con il terzo motivo la ricorrente sLi duole della violazione e

falsa applicazione, in riferimento all’art. 360 n. 3 cpc, degli artt. 4, 5

e 24 legge n. 223/1991, laddove la Corte territoriale aveva ritenuto
che si appalesasse illegittima ogni decisione del datore diretta a
limitare l’ambito di selezione ad un singolo punto vendita se ciò non
fosse stato strettamente giustificato dalle concrete ed effettive ragioni
che avevano condotto alla scelta di riduzione del personale, perché
tale interpretazione avrebbe comportato, ove recepita, effetti
paradossali e, cioè, il licenziamento di soggetti addetti ad unità
produttive allocate a centinaia di chilometri rispetto a quella ove si
era registrato l’esubero.
4.

Con il quarto motivo la società lamenta la violazione e falsa

applicazione, in riferimento all’art. 360 n. 3 cpc, degli artt. 4, 5 e 24
legge n. 223/1991 nonché l’art. 18 della legge n. 300/1970, laddove
è stato ritenuto, dai giudici di merito, che l’omessa esplicitazione dei
criteri di scelta con riferimento al complesso aziendale o quanto meno
alle altre unità produttive facenti parte del medesimo territorio
integrasse

“un vizio sostanziale dei criteri di scelta….. con

conseguente applicazione della tutela reintegratoria ed indennitaria di
cui all’art. 5 comma 3 della legge n. 223/1991”, confondendo, quindi,
un vizio di natura formale con il preteso vizio di natura sostanziale,
costituito dalla violazione dei criteri di scelta per non essere stata
effettuata la comparazione con i lavoratori addetti ai punti vendita
dell’intero complesso aziendale.
5.

Il primo motivo è inammissibile.

6.

Si verte, infatti, nella ipotesi di cd. “doppia conforme”,

prevista dall’art. 348 ter comma 5 cpc (applicabile ai sensi dell’art. 54
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2\1,

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comma 2 del D.L. n. 83/2012, conv. con modific. dalla legge n. 134
del 2012, ai giudizi di appello con ricorso depositato dal giorno
11.9.2012), per cui il motivo di cui all’art. 360 n. 5 cpc (nel testo
riformulato dall’art. 54 comma 3 del D.L. n. 83 citato ed applicabile
alle sentenze pubblicate dal giorno 11.9.2012) è inammissibile

7.

Giova precisare che il combinato disposto delle suddette

disposizioni è applicabile anche al giudizio di cassazione avverso la
sentenza che decide i reclami proposti con il cd. rito “Fornero” (cfr.
Cass. 29.10.2014 n. 23021).
8.

Il secondo motivo è infondato.

9.

La Corte territoriale correttamente ha individuato il concetto di

“singola unità produttiva” in quella articolazione dell’azienda che si
caratterizza per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica e
amministrativa tali che in essa si esaurisca per intero il ciclo relativo
ad una frazione o ad un momento essenziale dell’attività produttiva
aziendale, in quanto ciò sia obiettivamente giustificato dalle esigenze
organizzative che hanno dato luogo alla riduzione di personale e non
sia il frutto di una determinazione unilaterale del datore di lavoro (cfr.
Cass. n. 13705/2012; Cass. n. 26376/2008; Cass. n. 14612/2006).
10. Del resto tale impostazione è conforme all’insegnamento della
Corte Costituzionale (Corte Cost. sent. n. 55 del 6.3.1974) secondo
cui l’unità produttiva si caratterizza all’interno della organizzazione
imprenditoriale per il carattere della autonomia, così dal punto di
vista economico-strutturale, come da quello finalistico o del risultato
produttivo nella più vasta area del mercato dei beni e dei servizi, con
la individuazione, quindi, di due criteri: uno economico-strutturale,
che pone l’accento sulla struttura organizzativa configurata
dall’imprenditore; l’altro finalistico o del risultato produttivo che dà
rilevanza all’unità produttiva in quanto entità aziendale idonea a
produrre beni o servizi.
4

k’

concernendo l’esame di questioni di fatto.

RG 28575/2015

11. Con accertamento in fatto, poi, insindacabile in questa sede
perché logicamente e congruamente motivato, i giudici del merito
hanno sottolineato, a sostegno della propria tesi, da un lato la
sostanziale omogeneità delle attività svolte dai dipendenti addetti allo
specifico servizio di ristorazione con quelli addetti agli altri punti
vendita distribuiti nel territorio limitrofo o in quello nazionale, non

incidendo, se non in modo marginale, le possibili differenze relative
alle modalità di espletamento della prestazione relativa allo specifico
punto vendita; dall’altro, che i dipendenti non erano alle dirette
dipendenze del punto vendita cosicché con la chiusura di Torre
Annunziata Est non poteva certamente ritenersi venuto meno il
vincolo economico-gestionale che legava tale unità all’intero
complesso aziendale.
12. Sotto il profilo della verifica della sussunzione della fattispecie
concreta in quella astratta prevista dalla legge, unica attività
consentita in sede di legittimità con riferimento alla denunziata
violazione di legge, non si rileva, pertanto, alcun vizio nella gravata
sentenza che, di conseguenza, ha poi ritenuto che correttamente la
comparazione dei lavoratori da porre in mobilità dovesse interessare
necessariamente non solo la struttura di Torre Annunziata Est.
13. Il terzo motivo non è conferente alla ratio decidendi perché
nella sentenza impugnata è specificato (punti 14 e 15 della
motivazione) che la società non aveva proprio prospettato, e neppure
dimostrato, la possibilità di collocare la lavoratrice in altra unità
produttiva e, quindi, anche in altre unità produttive facenti parte del
medesimo territorio, ovvero che vi sia stato un rifiuto ad un siffatto
trasferimento. Ne consegue che non coglie nel segno la dedotta
violazione di legge, nei termini in cui è stata formulata, relativamente
agli effetti paradossali che la interpretazione normativa adottata
avrebbe potuto determinare, perché non vi è stata, nella fattispecie in
esame, neanche la prospettazione di un diverso collocamento anche
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fy

RG 28575/2015

in posti relativamente vicini e compresi nello stesso ambito
territoriale.
14. Il quarto motivo, infine, è anche esso infondato.
15. La Corte territoriale si è adeguata al principio statuito in sede
di legittimità (cfr. Cass. 26.9.2016 n. 18847), cui si intende dare
seguito, secondo il quale qualora il progetto di ristrutturazione

aziendale debba riferirsi a più unità produttive ma il datore di lavoro,
nella fase di individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità,
tenga conto unilateralmente dell’esigenza aziendale collegata
all’appartenenza territoriale ad una sola di esse, si determina
violazione dei criteri di scelta per la quale l’art. 5 comma 1 della legge
n. 223/1991, come sostituito dall’art. 1 comma 46 della legge n.
92/2012, prevede l’applicazione del comma 4 dell’art. 18 novellato
della legge n. 300/1970, norma che riguarda tutte le modalità di
applicazione dei suddetti criteri e, quindi, non solo l’errata valutazione
o applicazione dei punteggi assegnati ma anche le modalità con cui
essi sono attribuiti.
16. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
17. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si
liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater,
del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228,
deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio
di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1
quater, del DPR n. 115/02, la Corte dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
6

»,

RG 28575/2015

importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il 6 aprile 2018

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