Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20501 del 03/08/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 20501 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 24111-2016 proposto da:
TRIFELLA LUCIANA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA BIAGIO PETROCELLI 224, presso lo studio
dell’avvocato DAYSA GIACANI, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2018
1512

AUTOGRILL

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA EZIO 24, presso lo studio dell’avvocato
GIANCARLO PEZZANO, che la rappresenta e difende

Data pubblicazione: 03/08/2018

giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso

la

sentenza

n.

1917/2016

D’APPELLO CH ROMA, depnitata

delia

CORTE

1 10/04r7016 6,G,0,

869/2015;

udienza del 06/04/2018 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato GIACANI DAYSA;
udito l’Avvocato PEZZANO GIANCARLO.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FATTI DI CAUSA
1. Con nota del 22.4.2011, la società Autogrill aveva contestato a
Trifella Luciana di avere, in qualità di cassiera in servizio presso
l’esercizio sito nell’area di Frascati, incassato, in taluni casi, gli importi
di acquisti senza eseguire alcuna registrazione ed omettendo di

parziali, incassando, però, somme corrispondenti all’intero importo
degli acquisti, per complessive tredici transazioni.
2.

Era seguito il licenziamento disciplinare intimato il 9.6.2011,

avverso il quale la dipendente aveva proposto ricorso chiedendone
l’annullamento e l’applicazione dell’apparato sanzionatorio previsto
dall’art. 18 I. 300/70, nel testo anteriore alle modifiche introdotte
dalla I. 92/2012.
3. Il Tribunale di Velletri aveva ritenuto i fatti addebitati provati, alle
luce delle convergenti e puntuali dichiarazioni rese dal direttore
dell’Autogrill e da altri testi, alcuni dei quali collaboratori della Lodge
Service s.r.I., e rilevato che le condotte fossero tali da configurare gli
illeciti disciplinari contestati, valutata anche la reiterazione delle
stesse e l’impossibilità per l’azienda di apprestare difese continuative
rispetto a tali comportamenti.
4. La decisione era confermata, con sentenza del 12.4.2016, dalla
Corte di appello di Roma, che ne riformava il solo capo sulle spese,
sul rilievo che gli accertamenti effettuati in primo grado non fossero
inficiati dalle censure formulate e che le deposizioni dei testi avevano
trovato riscontro negli scontrini relativi alle registrazioni parziali
recanti il codice identificativo della Trifella, nella documentazione
relativa ai turni di servizio prestati dalla predetta, nelle distinte di
versamento e nei giornali di fondo delle casse presso cui la stessa era
in servizio in occasione delle registrazioni parziali, da cui era emersa
una piena coincidenza con quanto riferito dai testi, nonché

consegnare lo scontrino ai clienti, in altri casi, effettuato registrazioni

nell’assenza di differenze positive di cassa in relazione ai beni
acquistati e non registrati. La Corte rilevava che non risultava violato
il principio di immediatezza della contestazione, da intendersi in
senso relativo e da valutare in relazione alla molteplicità dei fatti
costituenti la condotta contestata, connotata da un illecito continuato

una completa conoscibilità, tenuto, altresì, conto della complessità
dell’organizzazione aziendale e dei controlli terminati in ‘data
21.4.2011, cui era seguita, il giorno successivo, la formalizzazione
della contestazione. Riteneva il giudice del gravame che la sanzione
era del tutto proporzionata alla gravità della condotta anche in
relazione alla previsione della sanzione del licenziamento in tronco da
parte della contrattazione collettiva dell’ipotesi, assimilabile a quella
esaminata, dell’asportazione di materiale all’interno dell’azienda (art.
183, comma 3, lett. h, del c.c.n.l. di riferimento).
5. Di tale decisione ha domandato la cassazione la Trifella, affidando
l’impugnazione a due motivi, cui ha resistito, con controricorso,
l’Autogrill s.p.a., che ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378
c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, è denunziata violazione e falsa applicazione
degli artt. 2697 c.c. e dell’ art. 5 I. 604/66, nonché degli artt. 1175 e
1365 c.c., sul rilievo che gli addebiti mossi alla lavoratrice erano
ristretti ad un brevissimo arco temporale intercorrente tra il
14.3.2011 ed il 21.4.2011, e che i trentadue anni di servizio
pregresso dovevano indurre a valutazione diversa da quella compiuta,
specie avuto riguardo al mancato riscontro delle dichiarazioni dei testi
attraverso apparecchi audiovisivi ed alla mancanza di prova che la
merce non registrata, neanche bene individuata, fosse stata
sottoposta all’attenzione della cassiera. Inoltre, secondo la
2

per il quale era rilevante il momento di cessazione della stessa per

ricorrente, i controlli erano stati eseguiti a campione e solo
successivamente e su sollecitazione vi erano stati controlli mirati,
secondo quanto riferito dal teste Cirillo, la cui deposizione era
risultata, peraltro, anche contrastante con quella reso da altro teste,
che aveva riferito di non avere mai ricevuto segnalazioni della

2. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti è dedotto con riguardo a precedenti
della storia lavorativa, che aveva visto l’annullamento di un
precedente licenziamento per erroneo superamento del periodo di
comporto, elementi che dovevano indurre a ritenere che il nuovo
licenziamento avesse un carattere preordinato con pretestuose e non
comprovate rilevazioni, e si sostiene nel motivo che la lunga anzianità
della lavoratrice in azienda e la non rilevante gravità dell’illecito
dovevano condurre a ritenere non pregiudicato in modo irreparabile il
vincolo fiduciario e la proporzionalità agli addebiti contestati di una
sanzione conservativa.
3. Il ricorso è da rigettare, quanto al primo motivo dovendo ritenersi
che nessuna inversione dell’onere probatorio sia imputabile alla
decisione impugnata e che una tale situazione non è rappresentata nei
motivi anzidetti, con la conseguenza che la doglianza è mal posta.
Nella specie, la violazione delle norme denunciate è tratta, in maniera
incongrua e apodittica, dal mero confronto con le conclusioni cui è
pervenuto il giudice di merito. Di tal che la stessa – ad onta dei
richiami normativi in essi contenuti – si risolve nel sollecitare una
generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo
apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di
legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.
Non si pone nel motivo alcuna censura che attenga all’erronea
ricognizione della fattispecie astratta prevista da una norma di legge
3

necessità di controlli mirati.

che implichi un problema interpretativo della stessa, ma si allega
un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante una
diversa prospettazione delle risultanze di causa, valutazione che
inerisce al tipo giudizio di merito, non sindacabile in sede di
legittimità nei termini in cui risulta dedotto il vizio. Al di là dei

stato osservato dalla Corte del merito che la documentazione
acquisita (scontrini relativi alle registrazioni parziali recanti il codice
identificativo della Trifella, turni di servizio, distinte di versamento e
giornali di fondo delle casse presso cui la ricorrente era in servizio)
non era stata oggetto di alcuna specifica contestazione ad opera
della ricorrente, la cui identificazione era stata possibile anche in
relazione all’utilizzo del badge personale, che ne aveva consentito
l’identificazione e la registrazione del proprio codice identificativo sul
giornale di fondo, rendendo le operazioni effettuate alla stessa
riferibili.
4. Quanto alla proporzionalità della sanzione, la circostanza che nel
breve arco temporale la Trifella fosse incorsa in più omissioni
riguardanti la mancata registrazione di prodotti venduti denota che
un tale tipo di operazioni sia stato probabilmente effettuato anche in
altre occasioni. Pertanto, la reiterazione dell’illecito ne evidenziava,
come bene ritenuto dalla Corte, la gravità, a prescindere
dall’assenza di precedenti disciplinari in capo alla stessa, dovendo
considerarsi che la valutazione in ordine alla proporzionalità inerisce
ad un tipico giudizio di merito la cui censura non è prospettabile nei
termini generici in cui risulta formulata, non rilevando la circostanza
della tenuità del danno patrimoniale cagionato all’azienda, quanto la
idoneità della condotta tenuta a porre in dubbio la futura correttezza
dell’adempimento della prestazione lavorativa in relazione agli
obblighi assunti, specie in relazione alla posizione di cassiera,
caratterizzata da particolare fiducia riposta dal datore.
4

riscontri alle deposizioni puntualmente riportati in motivazione, è

5.

In ordine al carattere ritorsivo e persecutorio del recesso

evidenziato dalla ricorrente, nessuna deduzione a tal fine formulata
nell ‘atto di gravame la stessa ha trascritto nel presente ricorso, per
cui la censura risultata connotata da assoluta novità.
6. Il vizio di omesso esame è mal prospettato e neanche deducibile

7.

Alla stregua di tali considerazioni, deve pervenirsi al rigetto del

ricorso della Trifella.
8.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la

soccombenza della ricorrente e sono liquidate in dispositivo.
Sussistono le condizioni di cui all ‘art. 13, comma 1 quater, dPR

9.

115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro
200,00 per esborsi, euro 3500,00 per compensi professionali, oltre
accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in
misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma dell ‘ art.13, comma ibis, del
citato D.P.R..
Così deciso in Roma, in data 6 aprile 2018
Il Consigliere estensore
Dott., Rosa Arienzo
L

in caso di doppia conforme, come è stato nella specie.

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