Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20496 del 03/08/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 20496 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 22019-2013 proposto da:
HAMAM

GIOVANNI

HMNGNN51C08Z336S,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELL’UNIVERSITA’ 11,
presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO LUIGI
FABBRI, che lo rappresenta e difende, giusta procura
in atti;
– ricorrente –

2018
contro

652

AMBASCIATA DEL REGNO DELL’ARABIA SAUDITA, in persona
dell’Ambasciatore

pro

tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA V. BACHELET 12, presso lo

Data pubblicazione: 03/08/2018

studio degli avvocati CARLO DALLA VEDOVA e RICCARDO
DALLA VEDOVA che la rappresentano e difendono, giusta
procura in atti;
– controrícorrente

avverso la sentenza n. 2834/2013 della CORTE

6360/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/02/2018 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Angela Stani per delega verbale
dell’avvocato Francesco Luigi Fabbri e Carlo Della
Vedova.

D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/05/2013, r.g. n.

RG 22019/2013
FATTO
Con sentenza 24 maggio 2013, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello
proposto dall’Ambasciata del Regno dell’Arabia Saudita avverso la sentenza non
definitiva di primo grado, che aveva affermato la giurisdizione del giudice italiano

aveva lavorato alle sue dipendenze come traduttore dal 5 settembre 1996 al 22
settembre 2006) e condannava la prima al pagamento, in favore del secondo’a
titolo di ultima mensilità retributiva, tredicesima mensilità e T.f.r., della
complessiva somma in linea capitale di C 37.952,75: così parzialmente
riformando, in accoglimento dell’appello della medesima Ambasciata, la sentenza
definitiva di primo grado, che l’aveva invece condannata al pagamento della
somma di C 53.908,86 oltre accessori.
A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva la spettanza al lavoratore
delle voci retributive di indennità di ferie non godute e di “permessi ex festività”,
in rispettivo difetto di prova e di previsione legale, nonché di quattordicesima
mensilità, non rientrante, in assenza di sottoscrizione dall’Ambasciata datrice del
CCNL di settore, nella previsione di proporzionata e sufficiente retribuzione
dell’art. 36 Cost., integrata dal CCNL di categoria quale paradigma normativo.
Essa riduceva così nella suindicata misura la somma riconosciuta dal Tribunale,
per valutazione equitativa ai sensi degli artt. 1226 c.c. e 432 c.p.c., a fronte della
domanda di Giovanni Hamam della somma di C 67.368,08.
Con atto notificato il 10 ottobre 2013, il lavoratore ricorreva per cassazione con
unico motivo, cui resisteva l’Ambasciata con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con unico motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione e
motivazione insufficiente ed ellittica in relazione agli artt. 36 Cost., 2099 c.c., 432
c.p.c., 1362 ss. c.c. alla luce del CCNL dei dipendenti da enti diplomatici,
consolari ed internazionali in Italia, per erronea, iniqua ed implausibile riduzione
delle spettanze retributive, ulteriore a quella già operata in via equitativa dal
Tribunale

per importo sostanzialmente coincidente con

quello della

sulle domande retributive proposte nei suoi confronti da Giovanni Hamam (che

RG 7149/2016
quattordicesima mensilità, pertanto inammissibilmente scomputata una seconda
volta.
2. Il motivo è inammissibile.
2.1. Non sussiste la violazione di norme di legge denunciata, in difetto dei

3010; Cass. 28 novembre 2007, n. 24756; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984) e
parimenti dei vizi di motivazione, ténuto conto dei più rigorosi limiti introdotti dal
novellato testo dell’art. 360, primo comma n. 5 c.p.c. (Cass. s.u. 7 aprile 2014,
n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439),
applicabile ratione temporis.
2.2. Il mezzo risulta poi assolutamente generico, in difetto della specificità
prescritta dall’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., che ne esige l’illustrazione, con
esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la
sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in
relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la
cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto
2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202).
In particolare, esso omette di confutare il puntuale e corretto ragionamento
argomentativo di esclusione delle voci retributive di indennità di ferie non
godute, di “permessi ex festività” e di quattordicesima mensilità (per le ragioni
esposte al primo e al terzo capoverso di pg. 3 della sentenza) e di
determinazione della somma spettante al lavoratore, in riferimento ai dati dei
conteggi allegati al ricorso di primo grado, neppure specificamente contestati
(così all’ultimo capoverso di pg. 3 della sentenza).
3.

Dalle superiori argomentazioni discende l’inammissibilità del ricorso e la

regolazione delle spese del giudizio di legittimità secondo il regime di
soccombenza.

P.Q.M.
La Corte

requisiti propri (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n.

RG 22019/2013
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il lavoratore alla rifusione, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in C 200,00 per
esborsi e C 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese
generali 15% accessori di legge.
lquater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contribúto unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2018

Il consig

est.

Il Presidente

Ai sensi dell’art. 13 comma

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