Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20492 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/07/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 30/07/2019), n.20492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

F.G.A., G.F.,

G.E.M.L., G.A.A., in qualità di eredi del loro

dante causa G.G., rappresentati e difesi, giusta procura

speciale stesa in calce al controricorso, dall’Avv. Fabio Pace, il

quale ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliati presso

lo studio di quest’ultimo, al corso di Porta Romana n. 89 in Milano;

– controricorrenti –

avverso

la sentenza n. 1031, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di Torino il giorno 01.07.2014 e pubblicata il 24.09.2014;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consiglier

Di Marzio Paolo;

letta la memoria depositata dai controricorrenti.

la Corte osserva:

Fatto

FATTI DI CAUSA

gli odierni controricorrenti sono eredi di G.G., dipendente con qualifica di dirigente dell’ENEL fino al 28.2.1997 (ric. p. 5) ed iscritto al Fondo Pensione denominato PIA. G.G. presentava all’Agenzia delle Entrate domanda di rimborso di quella che riteneva essere una maggiore ritenuta IRPEF, indebitamente operata dal datore di lavoro, in relazione a somme erogategli in conseguenza dell’intervenuto pensionamento. Prospettava il contribuente che le somme a lui corrisposte, in conseguenza del trattamento di previdenza integrativa aziendale (PIA), avevano natura assicurativa, costituivano comunque un reddito da capitale e dovevano essere assoggettate a tributo nella misura del 12,50% di cui al TUIR, art. 42, comma 4, e non del 32,14%, come invece ritenuto dal datore di lavoro, che aveva applicato l’aliquota relativa al trattamento di fine rapporto.

Il diniego avverso l’istanza di rimborso proposta da G.G. era impugnato dal contribuente innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, insistendo, tra l’altro, nell’affermare la natura originariamente assicurativa del contratto integrativo aziendale. La CTR accoglieva il ricorso e disponeva il rimborso della somma richiesta. La decisione era confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.

Avverso la sentenza della CTR proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate. La Suprema Corte si pronunciava con ordinanza n. 29199 del 2011, che richiamava innanzitutto il principio di diritto indicato dalle Sezioni Unite (sent. n. 13642 del 2011) secondo cui sono assoggettate all’aliquota agevolata le sole somme che costituiscono il “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato del Fondo capitale accantonato.

Gli eredi del contribuente riassumevano la causa innanzi alla Commissione Tributaria Regionale per il Piemonte, ed insistevano per l’accoglimento della propria domanda di rimborso operando riferimento, in materia di quantificazione, all’attestazione rilasciata dall’ENEL, che illustrava la natura delle diverse somme versate al G. in occasione della cessazione del rapporto di lavoro. La CTR affermava di ritenere “ininfluente il fatto che gli Enti suddetti”, ENEL e successivamente FondoEnel, “responsabili della gestione PIA operassero specificamente in campo finanziario, trattandosi in ogni caso di un reddito da capitale per quanto riguarda invece la questione inerente all’onere della prova (sull’an e sul quantum) si rileva come la Corte di Cassazione nelle sue pronunce non abbia ritenuto opportuno evidenziare un simile obbligo, risultando evidente, a fronte della precisione dei calcoli prodotti e delle certificazioni allegate agli atti, che era onere dell’Ufficio contestare tali rilievi su aspetti sostanziali. Non risultando alcuna opposizione in tal senso nel ricorso introduttivo, si deve ritenere che l’onere probatorio preteso dal contribuente per chiedere il rimborso sia stato assolto”, (sent. CTR, p. IV e s.).

Avverso la decisione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale piemontese ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due motivi di ricorso. Resistono con controricorso gli eredi di G.G., che hanno anche depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il suo primo motivo di ricorso l’Ente impositore lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, perchè, nel decidere in sede di rinvio, la Commissione Tributaria Regionale di Torino non si è attenuta al principio di diritto indicato dalla Suprema Corte e comunque a quanto a questa statuito.

1.2. – Mediante il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.L. n. 669 del 1996, art. 13, come conv., del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), art. 1, della L. n. 482 del 1985, artt. 16, 17 e 42 (ora 45) nonchè dell’art. 2697 c.c., con particolare riferimento alla ripartizione dell’onere della prova ed ai limiti di operatività del principio di non contestazione.

1.1. – 1.2. – Con i suoi motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro stretta correlazione, l’Agenzia delle Entrate contesta, in relazione ai profili della nullità della sentenza e della violazione di legge, la decisione adottata dalla impugnata Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, innanzitutto per non essersi adeguata, nel giudizio di rinvio, al principio di diritto indicato dalla Suprema Corte, e comunque per non aver osservato quanto da questa statuito. L’Ente impositore censura, inoltre, la impugnata decisione della CTR per aver erroneamente ritenuto non contestati da essa odierna ricorrente, e perciò provati ai fini di causa, i calcoli in materia di ripartizione per categorie delle somme erogate al contribuente in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, sul fondamento di un mero rendiconto predisposto dal datore di lavoro, e comunque per aver trascurato che “ciò di cui si discute non è l’esattezza dei conteggi, ma la riconducibilità delle somme ivi indicate al rendimento finanziario del capitale come definito da codesta Corte di Cassazione” (ric. p. 33 s.).

In relazione al primo motivo di impugnazione, la controricorrente ne ha affermato l’inammissibilità, in quanto mira ad una revisione degli accertamenti di fatto operati dalla CTR Piemonte (controric. p. 29) ma, come subito si evidenzierà, la questione appare infondata. A seguito dell’esame degli atti di causa, deve ritenersi che la Commissione Tributaria Regionale piemontese sia effettivamente incorsa in equivoco nell’applicare il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte nel disporre il giudizio di rinvio con ord. 28.11.2011, n. 29199. Scriveva questo Giudice che le “questioni – dirette a contestare la riconosciuta tassazione agevolata 12,50% -“, sono state “tutte recentemente e definitivamente risolte dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 13642 del 22 giugno 2011, che ha enunciato il risolutivo ed assorbente principio di seguito riportato: “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’I gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al T.U.I.R., art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17″”. Quindi, con estrema chiarezza, la Suprema Corte, nella ricordata ordinanza con cui ha disposto il rinvio, specificava pure che “con riferimento al basilare concetto di “rendimento”, le Sezioni Unite precisano in motivazione (6.1) che si tratta del “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato del Fondo capitale accantonato… tutto ciò premesso, dichiarata assorbita ogni altra censura, il ricorso principale deve essere accolto… con rinvio della causa… alla commissione regionale competente” (evidenza aggiunta).

La decisione adottata dalla Corte nel provvedimento di rinvio, già di per sè chiaramente intellegibile, doveva anche essere integrata mediante le statuizioni contenute nella sentenza richiamata, Cass. SU, 22.6.2011, n. 13642, cui il Giudice di legittimità aveva esplicitamente dichiarato di volersi conformare. Le Sezioni Unite, prescindendo dalla massima ufficiale, avevano testualmente statuito che “il trattamento tributario delle prestazioni erogate” dal fondo PIA per i dirigenti dell’ENEL, “non è, e non può essere, indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse, che, nel caso concreto, trattandosi di un Fondo di previdenza omplementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato. Sicchè possono essere tassate in modo analogo al TFR esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie PIA), si applica la tassazione nella misura del 12,50%” (evidenza aggiunta).

La Suprema Corte, pertanto, nel disporre il giudizio di rinvio aveva richiesto che si provvedesse ad accertare se vi fosse prova che determinate somme, erogate all’originario ricorrente G.G. in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, costituissero il rendimento a lui spettante, in conseguenza dell’investimento sul mercato, del capitale accantonato dal fondo PIA, perchè solo su queste somme avrebbe dovuto applicarsi l’aliquota impositiva agevolata al 12,50 (cfr. Cass. sez. V, 9.5.2016, n. 9351).

Va, inoltre, rammentato che il requisito dell’essere il rendimento imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato identifica invero la ragione stessa della più favorevole tassazione di tale reddito rappresentata dall’essere questo il risultato dagli investimenti effettuati dall’ente di gestione della somma versata, investimenti che, se certamente saranno per lo più indirizzati verso i vari prodotti del mercato finanziario (strumenti finanziari, valori mobiliari, etc.), nulla esclude possano esserlo anche verso altri tipi di mercato (es. mercato immobiliare). E’ però certo da escludere che tale requisito possa considerarsi soddisfatto – come ritenuto dai controricorrenti – dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel (rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito). Tale coerenza (del rendimento ottenuto dal capitale accantonato con quello ottenuto dal patrimonio dell’Enel) costituisce, infatti, comunque un dato estrinseco e non causale, nel senso che il primo non può comunque considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perchè abbia a configurarsi il reddito da capitale della specie richiesta, essendo al contrario esso stesso dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale (cfr. Cass. sez. V, 26.4.2017 n. 10285).

A questi principi non si è attenuta la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, ed il primo motivo di ricorso deve pertanto essere accolto.

Non competerà alla Commissione Tributaria Regionale rinnovare la valutazione sull’incidenza nel giudizio dell’originaria natura assicurativa e non previdenziale del Fondo PIA, nè tornare ad esaminare il rilievo dell’appartenenza del contribuente ai soggetti iscritti nei “vecchi fondi” o nei “nuovi fondi”, nè ripetere le valutazioni ulteriori che gli odierni controricorrenti hanno domandato impropriamente di riprendere in considerazione anche nel presente giudizio per cassazione.

II secondo motivo di ricorso rimane assorbito, apparendo comunque opportuno rimarcare che l’Agenzia delle Entrate ha specificamente censurato l’affermazione della CTR secondo cui esso Ente impositore sarebbe incorso nella non contestazione dell’attitudine probatoria di meri conteggi, redatti dall’ENEL e depositati dalla contribuente, specificando che “ciò di cui si discute non è l’esattezza dei conteggi, ma la riconducibilità delle somme ivi indicate al rendimento finanziario del capitale come definito da codesta Corte di Cassazione” (ric. p. 33 s.). A queste affermazioni ha replicato la contribuente nel suo controricorso (controric. p. 35).

Sul punto, va rilevato che l’Agenzia delle Entrate ha espressamente negato l’applicabilità dell’aliquota di tassazione propria dei redditi di capitale, ed è onere del contribuente, il quale contesti il trattamento fiscale proprio degli emolumenti corrisposti in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, fornire la prova della non applicabilità dell’aliquota propria delle indennità di fine rapporto, bensì dell’aliquota agevolata del 12,5%, trattandosi di un reddito di capitale.

Per completezza, quel che preme evidenziare in questa sede, peraltro, è che la complessa materia dell’applicabilità del principio di non contestazione nel giudizio tributario richiede, innanzitutto, che si tenga conto della peculiare natura dello stesso. Questa Corte di legittimità ha già avuto occasione di chiarire che “il principio di non contestazione opera sul piano della prova, cosicchè nel processo tributario (nel quale pure è certamente applicabile, vedi Cass. 1540/07) esso non elide l’operatività dell’altro principio operante sul piano dell’allegazione e collegato alla specialità del contenzioso tributario – secondo cui la mancata presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente in linea di subordine non equivale ad ammissione delle affermazioni che tali motivi sostanziano, nè determina il restringimento del thema decidendum ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del contribuente consente all’Ufficio impositore, qualora le questioni da quello dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, le diverse argomentazioni difensive da opporre alle domande subordinate avversarie”, Cass. sez. V, 29.12.2011, n. 29613 (cfr., anche, Cass. sez. V, 12.5.2016 n. 9732). Questa Suprema Corte ha anche avuto occasione di rilevare che “nel processo tributario, il principio di non contestazione, che si fonda sul carattere dispositivo del processo, trova applicazione sul piano probatorio, ma non anche su quello delle allegazioni poichè la specificità del giudizio tributario comporta che la mancata presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione”, Cass. sez. V, 18.6.2014, n. 13834.

Merita ancora di essere segnalato che il rendiconto circa la natura delle somme erogate in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro di un dirigente, redatto dall’Enel, questa Corte ha già più volte ritenuto costituisca “documentazione non idonea ad assolvere l’onere probatorio gravante sul contribuente che agisca per ottenere l’accertamento del suo diritto al rimborso, poichè ‘non contiene alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, così da chiarire se si tratta effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercatò (cfr. Cass. 21.12.2016 n. 270; Cass. 15.3.2017 n. 13278; Cass. 16.3.2017 n. 13281)”, Cass. sez. V, 3.4.2019, n. 9246.

In conseguenza, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, assorbito il secondo, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte perchè proceda a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e proceda anche a regolare tra le parti le spese di lite del presente giudizio di legittimità. La Commissione Tributaria Regionale del Piemonte dovrà pertanto accertare se, ed in quale misura, le somme corrisposte a G.G. in occasione della cessazione del suo rapporto di lavoro quale dirigente con l’ENEL, ed erogate dal Fondo ex PIA, siano derivanti da investimenti del capitale sul libero mercato, perchè solo su questi importi dovrà, qualora ne risulti provata l’esistenza, applicarsi l’imposizione all’aliquota agevolata del 12,50%, mentre sulle somme ulteriori dovrà trovare applicazione l’aliquota ordinaria prevista per il TFR.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Torino che, in diversa composizione, procederà alla rinnovazione del giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e provvederà anche a disciplinare fra le parti le spese di lite del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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