Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20489 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/07/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 30/07/2019), n.20489

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28431/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

ricorrente

contro

Clinica Mediterranea S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t.,

rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso,

dall’avv. Dante Acierno con il quale è elettivamente domiciliata in

Roma, Lungo Tevere Arnaldo da Brescia n. 9/10 presso lo studio

dell’avv.to Andrea Fioretti;

controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 4117/14, depositata il 2 maggio 2014 e non notificata;

Udita la relazione svolta dal Consigliere D’Angiolella Rosita nella

camera di consiglio dell’11 aprile 2019.

Fatto

RITENUTO

che:

La controversia trae origine dal silenzio rifiuto formatosi a seguito dell’istanza di rimborso proposta dalla società Clinica Mediterranea S.p.A. (di seguito, per brevità, Clinica), D.P.R. n. 602 del 1973 ex art. 38, volta ad ottenere la restituzione dell’IRES versata in relazione agli anni di imposta 2006, 2007, 2008 e 2009, per un complessivo importo di Euro 2.002.550,00.

La Clinica ricorreva avverso il silenzio rifiuto innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli (di seguito, per brevità CTP), assumendo di operare dal 1978 in regime di accreditamento con il servizio sanitario nazionale e di operare attualmente in regime di accreditamento provvisorio, pur avendo formulato domande di accreditamento definitivo non ancora intervenuto per inerzia della Regione Campania. La CTP, accoglieva integralmente il ricorso, ritenendo sufficiente ad integrare i requisiti previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 6, l’accreditamento provvisorio, in quanto il mancato perfezionamento dell’iter di accreditamento definitivo non era imputabile alla Clinica ma al ritardo dell’amministrazione, sicchè le prestazioni offerte dalla Clinica erano a carico del servizio sanitario nazionale, con conseguente applicazione dell’agevolazione richiesta.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle entrate che veniva parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania (di seguito, per brevità CTR) limitatamente alle somme richieste per il rimborso per gli anni 2006 – 2009, sul rilievo che la Clinica contribuente avesse documentato l’esistenza di valide convenzioni – titolo ritenuto necessario per svolgere l’attività di assistenza sanitaria – soltanto per gli anni 2007 – 2008, “mentre per l’anno 2006 non v’è alcuna convenzione, mentre, per l’anno 2009, la convenzione prodotta non è sottoscritta dall’Asl, risultando in conseguenza non perfezionata”. Nel resto, e quindi anche per la sussistenza dei requisiti dell’accreditamento, la CTR confermava la sentenza della CTP.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate affidandosi ad un unico motivo.

La contribuente resiste con controricorso e propone appello incidentale affidandosi a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha presentato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

L’Agenzia delle entrate, con un unico motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 833 del 1978, art. 43, del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8, del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), deducendo l’erroneità della sentenza in epigrafe nella parte in cui ha ritenuto idoneo l’accreditamento provvisorio a costituire presupposto per l’agevolazione, che invece, riguarderebbe “unicamente i soggetti appartenenti ad una specifica categoria, accreditati in modo definitivo, dotati di tutti i requisiti richiesti dalla legge, il cui mantenimento deve essere controllato in sede di complesso ed articolato iter provvedimentale amministrativo”.

La questione che si pone con il ricorso principale si accentra dunque essenzialmente sul se l’accreditamento provvisorio sia sufficiente ad integrare i requisiti previsti dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, per ottenere l’agevolazione della riduzione alla metà dell’Irpeg.

La CTR ha ritenuto applicabile l’agevolazione, seppur limitatamente a due annualità (2007-2008) con le seguenti motivazioni: a) per i versamenti avvenuti nell’anno 2006, è maturato il termine di decadenza di 48 mesi contemplato dal D.P.R. n. 612 del 1973, art. 38 risalendo la domanda di rimborso della clinica al 13 giugno 2011; b) per le altre annualità (2007- 2009), sulla premessa che è dovere del giudice di merito accertare se la struttura privata possegga i requisiti per l’accreditamento stabiliti dalla legge e che l’Agenzia delle entrate non aveva contestato l’accertamento contenuto nella della CTP, ha applicato l’agevolazione per gli anni in cui v’era la prova di una concessione tra Clinica e amministrazione ed escludendola per gli anni in cui mancava tale prova documentale.

A giudizio di questo Collegio, la CTR non ha fatto buon governo dei principi e delle leggi in materia.

In casi analoghi alla fattispecie all’esame, la recente giurisprudenza di questa Corte, da cui non si ha motivo di discostarsi, ha escluso che l’agevolazione di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, possa essere applicabile alle società in regime di accreditamento provvisorio, giacchè trattasi di soggetti non rientranti nella nozione di “ente ospedaliero” cui la norma in parola fa espresso riferimento. In particolare, si è affermato che: “L’agevolazione della riduzione alla metà dell’IRPEG prevista, per gli “enti ospedalieri”, dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, non è applicabile alle società in regime di accreditamento provvisorio con il servizio sanitario regionale poichè, alla stregua del quadro normativo succedutosi nel tempo, nella nozione di “enti ospedalieri” di cui alla L. n. 132 del 1968, art. 2, non rientrano le istituzioni di carattere privato che hanno un ordinamento dei servizi ospedalieri corrispondente a quello degli ospedali gestiti direttamente dalle unità sanitarie locali: ne deriva che detta agevolazione permane solo in favore degli enti che svolgono sostanzialmente e strutturalmente le funzioni dei soppressi enti ospedalieri nell’ambito della rete ospedaliera pubblica del servizio sanitario nazionale ovvero in favore dei “vecchi” enti ospedalieri in seguito confluiti nelle aziende ospedaliere e nei presidi ospedalieri delle ASL” (cfr. Cass. Sez. 5-Ordinanza n. 33244 del 21/12/2018, Rv. 652119-01; conf. n. 1687 del 2016 Rv. 638735-01, n. 17711 del 2014 Rv. 632469-01).

In altri termini, trattandosi di norma di agevolazione fiscale a specifico ambito soggettivo, essa è soggetta a stretta interpretazione, con la conseguenza che le istituzioni sanitarie private non possono giovarsene, anche se accreditate provvisoriamente o definitivamente, in quanto beneficio previsto in favore di enti ospedalieri, ricomprendenti solo aziende ospedaliere o presidi ospedalieri e non le istituzioni di carattere privato.

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate va dunque accolto.

Con il primo motivo di ricorso incidentale, la controricorrente denuncia l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha calcolato il termine di decadenza, D.P.R. n. 602 del 1973 ex art. 38, dalla data di versamento in acconto e non dalla data del versamento del saldo. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7, 56, 57 e degli artt. 99,100,101,112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver i giudici di appello trascurato il fatto che nessuna contestazione era stata mossa alla sussistenza dell’accreditamento provvisorio, andando, così, ultra petita.

Entrambi tali motivi sono inammissibili per l’irrilevanza delle questioni dedotte (termine di decadenza dell’istanza di rimborso e non contestazione dell’accreditamento provvisorio) rispetto alla ratio decidendi che ha portato all’accoglimento del ricorso principale.

In conclusione, la sentenza qui impugnata va cassata in relazione al ricorso principale accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, la causa può essere decisa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, rigettandosi il ricorso originario del contribuente.

Possono essere compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio, stante la sopravvenienza, in pendenza del giudizio di legittimità, di specifica giurisprudenza di questa Corte in materia.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso principale accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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