Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20485 del 11/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 11/10/2016, (ud. 24/06/2016, dep. 11/10/2016), n.20485

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23030 – 2015 R.G. proposto da:

C.M., – c.f. (OMISSIS) – S.M.C. – c.f.

(OMISSIS) – rappresentati e difesi congiuntamente e disgiuntamente

giusta procura speciale in calce al ricorso per regolamento di

competenza dall’avvocato Paolo Angelici e dall’avvocato Giancarlo

Fazi ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Pierluigi da

Palestrina, n. 48, presso lo studio Natali;

– ricorrenti –

contro

CI.An., (titolare della “ST COSTRUZIONI”) – c.f. (OMISSIS)

– P.S. – c.f (OMISSIS);

– intimati –

Avverso la sentenza del tribunale di Ancona n. 1284 del 21.7.2015;

Udita la relazione all’udienza in camera di consiglio del 24 giugno

2016 del consigliere dott. Luigi Abete;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, che ha chiesto

accogliersi il ricorso e dichiararsi la competenza del tribunale di

Ancona.

Fatto

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO

Con atto notificato il 28.11.2014 C.M. e S.M.C. citavano a comparire innanzi al tribunale di Ancona Ci.An., titolare della “ST Costruzioni”, ed il geometra P.S..

Esponevano che l’esecuzione dei lavori di costruzione della villetta di loro proprietà era stata appaltata alla “ST Costruzioni di Ci.An.”; che la direzione dei lavori era stata affidata al geometra P.S., il quale aveva altresì predisposto il progetto dell’opera; che, terminati i lavori, avevano riscontrato la presenza di diffuse infiltrazioni e di crepe nonchè lo sfaldamento del cemento.

Chiedevano che i convenuti fossero condannati al risarcimento del danni, quantificati in Euro 46.244,20.

Costituitosi, Ci.An. eccepiva che all’art. 21 del contratto di appalto in data (OMISSIS) si era pattuito che tutte le vertenze eventualmente insorte sarebbero state rimesse al giudizio di un arbitro.

Costituitosi, il geometra P.S. parimenti formulava eccezione di compromesso.

Con sentenza n. 1284 del 21.7.2015 il tribunale di Ancona dichiarava la domanda improponibile, “per essere stata la lite compromessa in arbitri”, e compensava le spese.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per regolamento di competenza C.M. e S.M.C.; ne hanno chiesto l’annullamento e, quindi, hanno chiesto dichiararsi la competenza del tribunale di Ancona con ogni conseguente statuizione ai fini della prosecuzione del giudizio; in ogni caso con il favore delle spese.

La “ST Costruzioni di A.C.” ed il geometra Stefano Pantella non hanno depositato scrittura difensiva ai sensi dell’art. 47 c.p.c., u.c..

Il pubblico ministero, giusta la previsione dell’art. 380 ter c.p.c., ha formulato conclusioni scritte.

I ricorrenti deducono in primo luogo che con il geometra Stefano P. hanno siglato in data (OMISSIS) diverso e separato contratto; che, dunque, costui è del tutto estraneo al contratto d’appalto, in data (OMISSIS), nel cui testo, all’art. 21, è inserita la clausola compromissoria; che, pertanto, versandosi in un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo, di mera connessione di cause, P.S., contrariamente a quanto assunto dal tribunale di Ancona, non era legittimato a sollevare l’eccezione di compromesso.

I ricorrenti deducono in secondo luogo che la responsabilità azionata con l’iniziale domanda è riconducibile alla previsione dell’art. 1669 c.c. e, quindi, è di natura extracontrattuale; che, in quanto tale, la responsabilità dedotta in giudizio esula dall’ambito contrattuale cui si applica la clausola compromissaria; che, perciò, e contrariamente a quanto affermato dal tribunale, “neppure il rapporto processuale tra gli attori e la ST di Ci.An., ed a maggior ragione quello col geom. P., soggiace (…) alla clausola compromissoria” (così ricorso, pag. 9).

Il ricorso per regolamento di competenza è fondato e va accolto.

Si rappresenta innanzitutto che l’obbligazione risarcitoria derivante da un fatto dannoso imputabile a più persone è solidale, non cumulativa, e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario, bensì a litisconsorzio facoltativo, per cui i vari rapporti processuali che si instaurano conservano la loro autonomia (cfr. Cass. 14.2.2008, n. 3533, ove, conseguentemente, si soggiunge che, in tale ipotesi, qualora l’eccezione dì incompetenza territoriale venga sollevata soltanto da alcuno dei coobbligati, essa non spiega effetti a favore degli altri, nei confronti dei quali il giudizio può proseguire legittimamente dinanzi al giudice adito).

Ne deriva indubitabilmente che la clausola compromissoria di cui all’art. 21 del contratto d’appalto che C.M. e S.M.C. ebbero a siglare con la “ST Costruzioni” di A.C., contratto cui il geometra P.S. è del tutto estraneo, non spiega alcun effetto nei confronti del medesimo geometra.

Si rappresenta altresì che la responsabilità che C.M. e S.M.C. hanno azionato con l’iniziale atto di citazione, quale correlata allo sfaldamento del cemento, alle infiltrazioni ed alle crepe asseritamente verificatesi, è sicuramente da ricondurre – al di là del suo concreto riscontro – alla previsione dell’art. 1669 c.c. (cfr. Cass. 28.4.2004, n. 8140, secondo cui configurano gravi difetti dell’edificio a norma dell’art. 1669 c.c. anche le carenze costruttive dell’opera – da intendere anche come singola unità abitativa – che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o la funzionalità e/o l’abitabilità della medesima, come allorchè la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d’arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell’opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti, etc.), purchè tali da compromettere la sua funzionalità e l’abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorchè ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o anche mediante opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati (il riferito principio è stato affermato da questa Corte in una fattispecie in cui gli acquirenti avevano agito per responsabilità extracontrattuale nei confronti del costruttore perchè le mattonelle del pavimento dei singoli appartamenti si erano scollate e rotte in misura percentuale notevole rispetto alla superficie rivestita)).

Si rappresenta inoltre che la responsabilità ex art. 1669 c.c. è sicuramente di natura aquiliana (cfr. Cass.23. 7. 2013, n. 17874, secondo cui l’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e conseguentemente nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione; cfr. Cass. sez. un. 3.2.2014, n. 2284, secondo cui la previsione dell’art. 1669 c.c. concreta un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, con carattere di specialità rispetto al disposto dell’art. 2043 c.c., fermo restando che – trattandosi di una norma non di favore, diretta a limitare la responsabilità del costruttore, bensì finalizzata ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale – ove non ricorrano in concreto le condizioni per la sua applicazione (come nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell’opera) può farsi luogo all’applicazione dell’art. 2043 c.c., senza che, tuttavia, operi il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore contemplato dall’art. 1669 c.c., atteso che spetta a chi agisce in giudizio l’onere di provare tutti gli elementi richiesti dall’art. 2043 c. e., compresa la colpa del costruttore).

Si rappresenta infine che la clausola compromissoria riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce, va interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi “causa petendi” nel contratto medesimo, con esclusione quindi delle controversie che in quel contratto hanno unicamente un presupposto storico, come nel caso in cui la “causa petendi” ha titolo aquiliano ex art. 1669 c.c., allorchè gli attori abbiano dedotto gravi difetti dell’immobile da loro acquistato presso il costruttore (cfr. Cass. 3.2.2012, n. 1679).

E’ esattamente il caso di specie, caso in cui dal tenore letterale e logico della clausola compromissoria di cui all’art. 21 del contratto che C.M. e S.M.C., da un lato, la “ST Costruzioni” di A.C., dall’altro, ebbero a stipulare, non emerge una volontà favorevole alla dilatazione dell’operatività della stessa clausola pur con riferimento alla responsabilità ex art. 1669 c.c., oltre dunque lo stretto ambito contrattuale.

In accoglimento del ricorso va, al contempo, cassata la sentenza del tribunale di Ancona n. 1284 del 21.7.2015 e dichiarata la competenza del medesimo tribunale dinanzi al quale le parti vanno rimesse nel termine di legge.

Il buon esito del ricorso giustifica la solidale condanna degli intimati a rimborsare ai ricorrenti le spese del presente giudizio (cfr. Cass. (ord.) 18.10.2011, n. 21565, secondo cui nel regime di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, la soppressione nel secondo inciso dell’art. 91 c.p.c., comma 1 del riferimento alla sentenza regolatrice della competenza non ha eliminato il potere della Corte di cassazione, investita del regolamento di competenza, di provvedere sulle spese del giudizio di regolamento, dovendosi escludere che della soppressione debba essere intesa come “intentio legis” di rimettere la decisione sulle spese al giudice di merito davanti al quale, per effetto della decisione della Corte, il giudizio deve proseguire o essere riassunto, in quanto il riferimento alla sentenza, rimasto nell’art. 91 c.p.c., comma 1 è da interpretare nel senso di provvedimento che chiude il processo davanti al giudice che lo pronuncia).

La liquidazione segue come da dispositivo.

Il ricorso è da accogliere; non sussistono, pertanto, i presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), i ricorrenti siano tenuti a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del medesimo D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per regolamento di competenza cassa la sentenza del tribunale di Ancona n. 1284 del 21.7.2015 e dichiara la competenza del medesimo tribunale dinanzi al quale rimette le parti nel termine di legge; condanna in solido gli intimati, Ci.An. (titolare della “ST Costruzioni”) e P.S., a rimborsare ai ricorrenti, C.M. e S.M.C., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sez. sesta civ. – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 24 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2016

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