Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20483 del 03/08/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20483 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

sul ricorso 14132-2017 proposto da:
A.N.A.S. SPA – AZIENDA NAZIONALE AUTONOMA DELLE STRADE
80208450587, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GARIGLIANO 11, presso lo
studio dell’avvocato NICOLA MAIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIOVANNI LIGUORI;
– ricorrentilcontro

CAMPIONE CIRIELLO RAFFAELE, CAMPIONE CIRIELLO MARIA
MARGHERITA, CAMPIONE CIRIELLO MARIO, nella qualità di eredi di
CAMPIONE CIRIELLO SALVATORE CORRADO; FALSETTA ANTONIO,
SALONE CATERINA, VIRGILIO ANTONINO, VIRGILIO BRIGIDA,
VIRGILIO NATALE, VIRGILIO STELLA, nella qualità di eredi di
VIRGILIO FRANCESCO;

Data pubblicazione: 03/08/2018

- intimati avverso la sentenza n. 431/2017 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO, depositata in data 8/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 17/05/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA

FATTI DI CAUSA
Nel 2007 Raffaele Campione Ciriello, Maria Margherita Campione
Ciriello e Mario Campione Ciriello, rispettivamente padre, sorella e
fratello di Salvatore Corrado Campione Ciriello, convennero in
giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo — Sezione distaccata di
Partinico, Antonio Falsetta e l’ANAS S.p.a..
Esposero gli attori che: il loro congiunto, in data 29 luglio 1996,
mentre percorreva, alla guida dell’auto di sua proprietà, la strada
statale n. 187, all’altezza del Km 60,00, per evitare l’impatto con un
albero che ostruiva la semicarreggiata di sua pertinenza, aveva
frenato sterzando verso sinistra ed aveva urtato contro un muretto e
un palo posti sul margine della strada; a seguito dell’urto l’auto aveva
preso fuoco e il suo conducente era stato ritrovato in essa
carbonizzato; l’incidente era stato determinato dall’assenza di
regolare illuminazione pubblica e dalla presenza lungo la carreggiata
di un albero facente parte delle “opere in verde”, la cui manutenzione
era affidata all’ANAS S.p.a.; la responsabilità del sinistro andava
ascritta sia al predetto ente che al Falsitta, all’epoca capo cantoniere
addetto alla sorveglianza di quel tratto di strada, il quale era stato
condannato in primo grado dal Tribunale di Palermo — Sezione
distaccata di Partinico per il reato di omicidio colposo ed era stato in
seguito prosciolto, in appello, per intervenuta prescrizione del reato.
Tanto premesso gli attori chiesero la condanna dei convenuti a
risarcimento dei danni subiti.

Ric. 2017 n. 14132 sez. M3 – ud. 17-05-2018
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SCRIMA.

Si costituì il Falsetta che si oppose alla domanda proposta nei suoi
confronti, sostenendo, in sintesi, che: il sinistro in parola si era
verificato per colpa esclusiva o comunque prevalente di Salvatore
Corrado Campione Ciriello”, nessuna responsabilità poteva essergli
ascritta, poiché si trovava in ferie nel periodo compreso tra il 15 e il

nelle condizioni di verificare lo stato di pericolo determinato dagli
alberi che delimitavano la carreggiata; ogni eventuale inadempienza
che fosse stata ritenuta concorrente con la colpa della vittima doveva
essere riferita ed accertata nei riguardi di Francesco Virgilio, il quale
lo aveva sostituito nel periodo di congedo, in cui si era verificato
l’evento, nelle mansioni di capo cantoniere addetto alla vigilanza nel
tratto di strada interessato; i danni lamentati erano eccessivi e non
provati. Il Falsetta chiedeva ed otteneva di chiamare in giudizio
Caterina Salone, Antonino (indicato pure come Antonio
nell’intestazione della sentenza impugnata ma v. p. 5 e p. 7 della
detta sentenza, nelle quali è indicato come Antonino) Virgilio, Natale
Virgilio e Stella Virgilio, nella qualità di eredi di Francesco Virgilio,
deceduto il 13 gennaio 2005 e di dichiararlo estraneo ai fatti, in
subordine di dichiarare che la responsabilità del sinistro era da
attribuire i in via esclusiva o comunque prevalente, in capo alla
vittima, in ulteriore subordine, di graduare la sua responsabilità in
ragione di un apporto solo marginale nella determinazione del crollo
dell’albero e tenendo in ogni caso conto delle concause dell’evento.
Si costituì l’ANAS S.p.a. che si oppose alla domanda eccependo la
prescrizione del diritto degli attori e l’insussistenza di qualsiasi sua
responsabilità, in subordine chiese la riduzione del danni pretesi,

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sensi degli artt. 1227 e 2056 cod. civ., in ragione del contributo
causale apportato dal conducente del veicolo nella causazione
dell’evento; in via riconvenzionale, in caso di condanna solidale
dell’ANAS S.p.a., esercitò azione di rivalsa nei confronti di Antonio

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29 luglio 1996 e che nei giorni precedenti al congedo non era stato

Falsatta chiedendone la condanna a rifondere all’ente convenuto le
somme che lo stesso sarebbe stato eventualmente condannato a
versare agli attori.
Anche i chiamati in causa chiesero il rigetto della domanda,

dell’evento dedussero che il sinistro si era verificato per colpa
7
esclusiva o concorrente della vittima e sostennero che, comunque,
ogni eventuale responsabilità del loro congiunto dovesse essere
gradata in ragione dell’apporto della sua condotta in relazione alla
caduta dell’albero, tenendo conto delle concause che avevano
determinato il verificarsi del sinistro.
Il Tribunale adito, con sentenza del 19 gennaio 2010, condannò
Antonio Falsetta, Caterina Salone, Antonino Virgilio, Natale Virgilio e
Stella Virgilio e l’ANAS S.p.a, in solido tra loro, al pagamento in
favore del solo Raffaele Campione Ciriello, della complessiva somma
di euro 152.018,55, oltre interessi legali; rigettò le domande proposte
dagli altri attori, essendo gli stessi fratelli naturali non conviventi con
il de cuius; condannò Antonio Falsetta a rifondere all’ANAS S.p.a.
1’80% delle somme che questa, in dipendenza della decisione,
avrebbe dovuto versare all’attore vittorioso per sorte, interessi e
spese e regolò tra le parti le spese di lite.
Avverso la sentenza di primo grado ANAS S.p.a. propose appello
al quale si opposero sia Raffaele Campione Cirielli che Antonio
Falsetta, i quali proposero pure distinti appelli incidentale.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza dell’8 marzo 2017,
rigettò sia l’appello principale che quelli incidentali, confermando la
sentenza impugnata e compensò interamente tra le parti le spese di
quel grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito ANAS S.p.a.
proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

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negando che Francesco Virgilio avesse dato causa al verificarsi

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata,
unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con

2. Con il primo motivo, rubricato «Violazione del contraddittorio
nell’acquisizione di prove formatesi nel processo penale art. 360 n. 3
c.p.c e art. 360 n. 4 c.p.c.», la ricorrente sostiene che la Corte di
merito abbia errato nel ritenere che, nel caso in cui ANAS S.p.a.
«avesse ritenuto di dover contestare le risultanze del giudizio penale,
e quindi di richiedere ulteriori mezzi istruttori atti a sconfessare la
ricostruzione dei fatti, avrebbe dovuto farne istanza nella fase
istruttoria del giudizio di primo grado, attività che risulta, invece, non
essere stata posta in essere»;

censura pertanto “per vizio di

motivazione” la sentenza impugnata, sostenendo che l’esigenza di
una nuova c.t.u. sarebbe emersa solo a seguito della sentenza di
primo grado; assume che le risultanze della c.t.u. disposta dal P.M.
dovessero essere liberamente valutate dal Giudice civile, che per il
rispetto del principio del contraddittorio «i risultati delle prove
raccolte in altro giudizio» dovrebbero essere «acquisiti nel giudizio
della cui cognizione il giudice è investito, al fine di consentire alle
parti che vi abbiano interesse di contrastare quei risultati,
discutendoli o allegando prove contrarie» e che il “rinnovo” della
c.t.u. si rendeva necessaria, atteso che la consulenza utilizzata
sarebbe «mezzo di “valutazione della prova”, fermo restando che
trattandosi di “prova atipica” nel processo civile aveva valore
meramente indiziario».
3. Con il secondo motivo, rubricato «violazione e falsa applicazion
dell’art. 2051 cod. civ. (art. 360 n. 3 cpc)», la ricorrente lamenta che
la sentenza impugnata abbia escluso che la caduta dell’albero fosse
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motivazione semplificata.

imprevedibile ed eccezionale sulla base di quanto indicato dal C.T.U.
in sede penale, sentito come teste nel processo di primo grado, e
sostiene che «il rinvio alle conclusioni della CTU» espletata in sede
penale e «il mancato rinnovo di CTU in sede civile non hanno
consentito il contraddittorio relativo a tale circostanza quanto meno

«il danneggiato avrebbe dovuto provare che l’evento si era prodotto
come conseguenza normale …, nella condizione potenzialmente
lesiva posseduta dalla cosa».
4. Con il terzo motivo, lamentando «Violazione art. 2051 c.c. in
relazione all’art. 1227 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c)», la ricorrente censura
la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito ha escluso
il concorso di colpa della vittima nella verificazione dell’evento in
quanto, come pure ritenuto dal Tribunale, dalle risultanze della c.t.u.
espletata in sede penale era emerso che anche se l’autovettura fosse
stata condotta dal Campione Ciriello alla velocità massima consentita
di 90 Km/h, il sinistro si sarebbe ugualmente verificato con la stessa
conseguenza mortale; sostiene ANAS S.p.a. che la sentenza
impugnata sarebbe censurabile perché rinvia alla motivazione della
sentenza di primo grado senza motivare in ordine al motivo di appello
al riguardo proposto dall’attuale ricorrente, che aveva pure dedotto la
sussistenza della responsabilità del conducente, evidenziata dalla
dinamica del sinistro, laddove, invece, il Tribunale prima e la Corte di
merito si sarebbero basati acriticamente su quanto sostenuto dal
C.T.U. in sede penale.
5. I tre motivi, che essendo strettamente connessi, ben possono
essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.
Con gli stessi si tende, in sostanza ad una rivalutazione del
merito, non consentita in questa sede.

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opinabile» e che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto che

Comunque, oltre a riferirsi inammissibilmente ad accertamenti in
fatto rimessi al Giudice del merito, le censure proposte sono pure
infondate.
Si osserva che questa Corte ha più volte evidenziato che nei
poteri del giudice in tema di disponibilità e valutazione delle prove

compiuti in altri giudizi fra le stesse od anche fra altre parti, quando i
risultati siano acquisiti nel giudizio della cui cognizione egli è
investito, potendo chi vi abbia interesse contestare quelle risultanze
ovvero allegare prove contrarie (Cass. 3/04/2017, n. 8603); in
particolare il giudice di merito può legittimamente tenere conto, ai fini
della sua decisione, delle risultanze di una consulenza tecnica
acquisita in un diverso processo, anche di natura penale ed anche se
celebrato tra altre parti, atteso che, se la relativa documentazione
viene ritualmente acquisita al processo civile, le parti di quest’ultimo
possono farne oggetto di valutazione critica e stimolare la valutazione
giudiziale su di essa (Cass. 5/12/2008, n. 28855; Cass. 2/07/2010,
n. 15714), ponendosi in rilievo che, nella specie, neppure si deduce
che la c.t.u. espletata in sede penale sia stata irritualmente acquisita.
Inoltre, la decisione di disporre o meno una c.t.u. costituisce, secondo
il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità un
potere discrezionale del giudice la cui decisione è, di regola,
incensurabile nel giudizio di legittimità (Cass. 27/10/2004, n. 20814;
Cass. 3/01/2011, n. 72; Cass. 23/03/2017, n. 7472).
Va, infine, rilevato che ben può la sentenza di appello rifarsi alla
motivazione della statuizione impugnata, qualora – come nel caso
all’esame – le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili
all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, atteso che il giudice
del gravame può aderire a quella motivazione senza necessità, ove la
condivida, di ripeterne tutti gli argomenti o di rinvenirne altri,
esprimendo – come nella specie – sia pure in modo sintetico, le
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rientra quello di fondare il proprio convincimento su accertamenti

ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di
impugnazione proposti – peraltro neppure testualmente riportati in
ricorso, con difetto di specificità al riguardo – sì da consentire,
attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un
percorso argomentativo adeguato.

7. Non vi è luogo a provvedere per le spese del presente giudizio
di legittimità, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in
questa sede.
8.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il

versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma

1-bis dello stesso art. 13,

evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è
collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto
integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del
gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi dell’art. 13,
comma

1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo

introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n.
228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta
Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 17 maggio 2018.
Il Presidente

Ric. 2017 n. 14132 sez. M3 – ud. 17-05-2018
-8-

6. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

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