Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20480 del 06/10/2011

Cassazione civile sez. II, 06/10/2011, (ud. 12/05/2011, dep. 06/10/2011), n.20480

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE ex lege,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAGNO CARLO;

– ricorrenti –

e contro

C.T., M.E., R.P.;

– intimati –

sul ricorso 30536-2005 proposto da:

M.E. (OMISSIS), C.T.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI PORTA

PINCIANA 6, presso lo studio dell’avvocato MATERA CORRADO,

rappresentati e difesi dall’avvocato PELLE’ GUIDO;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

e contro

R.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 235/2005 della SEZ. DIST. CORTE D’APPELLO di

TARANTO, depositata il 07/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2011 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso previa riunione rigetto di

entrambi i ricorsi e compensazione delle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) C.T. e M.E. con due atti notarili del 1970 e 1971 acquistavano da S. e R.P. un intero piano terra del fabbricato sito in (OMISSIS) e di quello adiacente di via (OMISSIS), costituenti, si legge in controricorso, un unico corpo di fabbrica.

Dalle vendite veniva esclusa la proprietà delle aree circostanti gli edifici e di quelle riservate a parcheggio, di cui all’atto di sottomissione con il comune di Taranto del 18 aprile 1968 e veniva loro concesso solo un diritto di transito.

Nel gennaio 1993 i suddetti acquirenti agivano contro i venditori R. svolgendo quattro domande: accertamento che tutte le zone circostanti gli edifici, eccettuata la strada, erano da destinare a parcheggio; che era stato violato l’obbligo proporzionale di destinazione di cui alla legge urbanistica; che fosse dichiarata la nullità di vendite di spazi facenti parte di tali zone, effettuate in favore di singoli condomini; che fosse risarcito il danno da mancato godimento delle aree.

I R. resistevano vittoriosamente davanti Tribunale di Taranto, ma la Corte d’appello di Lecce, in accoglimento del gravame, con sentenza 7 luglio 2005 dichiarava che le aree dovevano essere destinate a parcheggio; condannava gli appellati al risarcimento dei danni da liquidare separatamente; condannava i C. M. al pagamento del corrispettivo del diritto reale d’uso. Respingeva la domanda di nullità dei contratti di compravendita.

S. e R.P. hanno proposto separati ricorsi per cassazione, che non sono stati riuniti.

Il secondo ricorso, notificato l’8 novembre 2005, è stato dichiarato inammissibile con sentenza di questa Corte n. 24518/C8. I C. M. hanno resistito con controricorso a quello proposto da R.S. il 28 ottobre 2005 e hanno svolto ricorso incidentale illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2) Preliminarmente va rilevato che in caso di mancata riunione di più impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, a decisione di una delle impugnazioni non determina l’improcedibilià delle altre, sempre che non si venga a formare il giudicato sulle questioni investite da queste ultime, dovendosi attribuire prevalenza – in difetto di previsioni sanzionatorie da parte dell’art. 335 cod. proc. civ. – alle esigenze di tutela dei soggetto che ha proposto l’impugnazione rispetto a quelle della economia processuale e della teorica armonia dei giudicati (Cass. 5846/08; 3870/10).

Pertanto poichè la sentenza resa sul ricorso di R.P. ha pronunciato su aspetti di natura processuale, dichiarando inammissibile il ricorso per un vizio della procura, non vi è stata alcuna decisione con efficacia di giudicato relativamente alle questioni poste con l’odierno ricorso.

3) Con il primo motivo, che in rubrica espone violazione; ed erronea applicazione degli artt. 1014 e 1026 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, R.S. lamenta due violazioni diverse.

Nella parte conclusiva (pag 7) emergono infatti:

a) la censura di omessa pronuncia sull’intervenuta prescrizione del diritto di uso dell’area, eccezione che sarebbe stata accolta dal giudice di primo grado e riproposta, ma non esaminata dal giudice di appello.

b) la censura di contraddittoria motivazione ravvisabile laddove la sentenza impugnata nega che i venditori abbiano rispettato i vincoli di destinazione a parcheggio.

3.1) La prima doglianza è manifestamente infondata.

L’eccezione di prescrizione non è stata mai ritualmente proposta, nè risulta che sia stata accolta dal primo giudice.

Questi ha apertamente affermato “che il diritto al parcheggio” è un diritto reale “imprescrittibile”. E’ quindi vano desumere che questa eccezione possa essere sorretta dall’argomentazione, svolta dal tribunale ad altro fine, che gli attori avevano taciuto per 22 anni prima di far valere le rivendicazioni “inoltrate con l’atto di citazione 12 gennaio 1993”.

Vale osservare inoltre che l’eccezione, non specificamente formulata – e che sarebbe stata “fatta propria dall’appellato S.R. allorchè aveva richiesto il rigetto del gravame” non emerge dalle conclusioni assunte da parte R., che, si badi, non ha neppure usato il termine “prescrizione” nelle deduzioni difensive riportate in ricorso, nè ha indicato in quali altri atti del giudizio avesse dedotto e illustrato l’eccezione de qua.

3.2) Quanto al secondo profilo, infondatamente il ricorso sostiene che vi sarebbe contraddittorietà tra l’affermare che vi è stato (da parte degli acquirenti) mancato uso del diritto al parcheggio condominiale e negare che i venditori abbiano rispettato i vincoli di destinazione a parcheggio dell’area.

Consta infatti dalla sentenza impugnata che dalla vendita vennero escluse le aree che secondo le intese con il comune avrebbero dovuto essere destinate all’uso condominiale. E’ inoltre perfettamente coerente con tale esclusione che gli attori, prima di risolversi a far valere le loro ragioni, abbiano omesso l’esercizio del diritto d’uso, peraltro ritenuto imprescrittibile da una non secondaria corrente di pensiero (cfr., per una discussione del tema Cass. 16053/02).

5) Il secondo motivo denuncia omessa e insufficiente motivazione in ordine alla ravvisata violazione della normativa pubblicistica. La Corte d’appello ha affermato che detta normativa non impone al proprietario venditore la cessione della proprietà delle aree di parcheggio, ma prescrive che il vincolo di destinazione sia rispettato, in quanto inderogabile.

In queste proposizioni non v’è alcuna illogicità: il venditore poteva riservare a sè la proprietà dell’area di parcheggio, purchè riconoscesse il diritto reale d’uso ai condomini acquirenti. In mancanza vi è la violazione rilevata dalla Corte d’appello. Il ricorso contesta che il vincolo di destinazione non sia stato rispettato e afferma apoditticamente che “l’istruttoria ha dimostrato il contrario”.

Non spiega il perchè, nè accenna alle risultanze istruttorie che avrebbero potuto smentire l’assunto del giudice di appello. Così formulata, una censura per difetto di motivazione non è esaminabile, poichè contravviene ai requisiti di specificità, decisività e autosufficienza dei motivi di ricorso per cassazione articolati ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Ovviamente ha buon giuoco il controricorso nell’illustrare i dati, che non è qui possibile verificare, circa la minima destinazione d’uso a parcheggio che sarebbe stata effettivamente attuata.

6) Il ricorso indentale lamenta che sia stata rigettata la richiesta di “declaratoria della nullità delle vendite a singoli condomini di spazi di parcheggi condominiali”; afferma che gli atti di vendita sarebbero nulli perchè sottraggono spazi di parcheggio destinati indistintamente ai proprietari delle unità immobiliari.

La Corte di appello ha ritenuto che, avendo parte R. chiesto l’integrazione del prezzo “in separata sede”, “con il consenso tacito degli appellanti”, la domanda sarebbe da rigettare perchè l’integrazione riequilibra il sinallagma contrattuale.

Il Collegio deve rilevare d’ufficio la originaria inammissibilità della domanda. Per ottenere con efficacia di giudicato la declaratoria di nullità degli atti di vendita di specifici spazi di parcheggio ceduti dai R. ad altri acquirenti era infatti indispensabile convenire in giudizio questi ultimi.

In mancanza, una eventuale pronuncia sarebbe ad essi inopponibile ed inutiliter data.

Destinatari necessari della azione di nullità che li vuole toccare patrimonialmente sono i terzi acquirenti, ai quali l’originario costruttore abbia alienato le medesime aree destinate a parcheggio, indebitamente trattenute o comunque non destinate ad uso condominiale (si veda utilmente Cass. 5755/04).

Tali soggetti non sono stati citati in giudizio, nè individuati in corso di causa. Poichè in sede di legittimità non è ammesso l’accertamento di merito necessario a tale scopo, la Corte di cassazione deve cassare senza rinvio la sentenza d’appello che ciononostante si sia pronunciata nel merito e dichiarare inammissibile la domanda di cui al ricorso incidentale. La reciproca soccombenza consiglia la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale.

Pronunciando sul ricorso incidentale, cassa senza rinvio, per quanto ad esso riferito, la sentenza impugnata e dichiara inammissibile la relativa domanda. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 12 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2011

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