Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2048 del 26/01/2018


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Cassazione civile, sez. I, 26/01/2018, (ud. 12/09/2017, dep.26/01/2018),  n. 2048

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 4 luglio 2011 la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da MBDA Italia s.p.a. nei confronti del Ministero della Difesa, in relazione alla decisione di primo grado, con la quale era stata respinta la domanda intesa ad ottenere la restituzione delle somme versate a titolo di penale, nel quadro di un contratto di fornitura di una serie di materiali e prestazioni, in dipendenza dei ritardi esecutivi rispetto alle scadenze contrattualmente stabilite.

2. La Corte territoriale ha osservato: a) che esattamente il Tribunale, in coerenza con le regole generali in tema di distribuzione dell’onere della prova, aveva preso atto della mancata dimostrazione che i ritardi attribuiti dalla attrice (in origine la A.M.S. – Alenia Marconi System s.p.a., cui era subentrata la MBDA Italia s.p.a, quale cessionaria di ramo d’azienda) alla società subappaltatrice Oto Melara fossero dipesi, quantomeno prevalentemente, dai provvedimenti legislativi (da ultimo i D.L. 20 ottobre 1992, n. 414 e D.L. 19 dicembre 1992, n. 487) che avevano disposto la sospensione del pagamento dei debiti contratti dalle imprese controllate dall’EFIM in data anteriore al 18 luglio 1992; b) che, in effetti, la subappaltatrice non aveva affatto sospeso la propria attività d’impresa, tanto da avere comunque completato le forniture sia pure in ritardo; c) che, del resto, la finalità dei provvedimenti normativi era proprio quella di consentire il risanamento delle società facenti capo all’EFIM e, pertanto, non era coerente con la possibilità di concludere nuovi contratti e di pagare le nuove forniture; d) che, in ogni caso, dalla documentazione prodotta dalla medesima Alenia Marconi System s.p.a. emergeva che molti dei subfornitori non avevano espresso alcuna volontà di interrompere i rapporti con la società Oto Melara, richiedendo piuttosto una chiarificazione delle modalità dei pagamenti in relazione alle nuove forniture; e) che, in definitiva, poichè ben avrebbe potuto la società Oto Melara cercare altri fornitori, la questione centrale era quella della mancanza di risorse per il proseguimento dell’attività produttiva, che rappresentava la causa e non l’effetto dei provvedimenti normativi invocati dall’appaltatrice; f) che tali considerazioni valevano anche con rifermento alle asserite difficoltà incontrate con le banche; g) che il D.L. n. 487 del 1992 cit., art. 6, comma 5 prevedeva una causa di esonero in favore delle imprese controllate dall’EFIM in relazione al blocco dei debiti pregressi, e non anche in favore di soggetti diversi; h) che, del resto, lo stesso Ministero del Tesoro aveva concesso uno specifico esonero dall’applicazione delle norme di sospensione dei pagamenti; i) che neppure era stato chiarito dalla società appellante quali ostacoli impedissero dirette trattative tra i fornitori e Finmeccanica, che a partire dal 19 dicembre 1992, si era resa affittuaria dell’azienda della società Oto Melara e che avrebbe potuto garantire anche i pagamenti che quest’ultima aveva dimostrato di non essere in grado di assicurare; l) che la richiesta, formulata in via subordinata dalla MBDA Italia s.p.a., di riduzione dell’importo delle penali applicate dal Ministero della Difesa era inammissibile, in quanto proposta per la prima volta con l’atto di appello; m) che analoghe considerazioni si imponevano con riguardo alla richiesta di prova testimoniale, articolata per la prima volta con l’atto di appello.

La Corte d’appello ha anche confermato la legittimazione passiva di Selex Sistemi Integrati s.p.a. (già Alenia Marconi System s.p.a.), nei confronti della quale aveva disposto, a seguito dell’appello proposto da MBDA Italia s.p.a., l’integrazione del contraddittorio. Essa ha rilevato che, in caso di cessione del diritto controverso, il cedente, anche nel caso che intervenga in giudizio l’acquirente, conserva la qualità di parte, a meno che non venga estromesso con il consenso delle altre parti, nella specie mancante.

3. Avverso tale sentenza la MBDA Italia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, cui resistono con controricorso il Ministero della Difesa e la Selex Sistemi Integrati s.p.a. Quest’ultima ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo. E’ stata depositata comparsa di costituzione della SO.GE.PA. Società Generale di Partecipazioni s.p.a., società incorporante della Selex Sistemi Integrati s.p.a. Lo Stabilimento Militare Materiali Elettronici e di Precisione non ha svolto attività difensiva.

La MBDA Italia s.p.a. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, con la quale, oltre ad insistere nelle proprie doglianze, sottolinea la tardività del deposito dei controricorsi da parte del Ministero della Difesa e della Selex Sistemi Integrati s.p.a.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va esaminata, preliminarmente, per ragioni di ordine logico l’eccezione di tardività di deposito del controricorso del Ministero e della Selex Sistemi Integrati s.p.a.

Secondo l’orientamento di questa Corte, ai fini della verifica della tempestiva notifica del controricorso in cassazione, da compiersi ex art. 370 c.p.c., nei venti giorni successivi al deposito del ricorso, che, a propria volta e ai sensi dell’art. 369 codice di rito, deve avvenire nei venti giorni dalla sua ultima notificazione, il momento perfezionativo di quest’ultima si identifica con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Cass. 3 dicembre 2015, n. 24639).

Nel caso di specie, l’ultima notifica del ricorso ha raggiunto la Selex Sistemi Integrati s.p.a., presso il proprio procuratore, in data 2 ottobre 2012, con la conseguenza che da quel momento hanno preso a decorrere i complessivi quaranta giorni entro i quali avrebbe dovuto essere notificato il controricorso (i venti giorni previsti dall’art. 370 c.p.c., comma 1, decorrono, infatti, dalla scadenza del termine di venti giorni per il deposito in cancelleria del ricorso), destinato anche a contenere l’eventuale ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 371 c.p.c..

Ora, per quanto concerne il Ministero, il controricorso risulta presentato per la notifica in data 20 dicembre 2012, ben oltre il termine di quaranta giorni sopra ricordato.

Al contrario, il controricorso della Selex Sistemi Integrati s.p.a. risulta spedito a mezzo posta, nel quadro del procedimento notificatorio disciplinato dalla L. 21 gennaio 1994, n. 53, in data 12 novembre 2012, ossia nel rispetto dell’indicato termine, tenuto conto del fatto che il giorno 11 novembre 2012 cadeva di domenica.

Tali considerazioni rendono tempestivo il deposito del controricorso.

Nè sussistono profili di inammissibilità del ricorso incidentale.

2. La società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.L. n. 487 del 1992, art. 6, comma 5, degli artt. 1218e 1375 c.c. e degli artt. 115,116 e 345 c.p.c.; nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Essa, in particolare, rileva: a) l’esonero dalle conseguenze svantaggiose, previsto dal D.L. n. 487 del 1992, citato art. 6, comma 5 in dipendenza del blocco dei pagamenti disposto in favore delle imprese controllate dall’EFIM aveva significato determinante nella controversia in esame, in quanto, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la società Oto Melara non era soggetto terzo rispetto al contratto intercorrente tra il Ministero e la società appaltatrice, ma una subfornitrice necessaria, la cui partecipazione all’operazione era stata autorizzata dal Ministero della Difesa; b) che, del resto, negli stessi termini si era espresso tale Ministero, con la nota del 28 luglio 1993, che aveva giustificatamente indotto il commissario liquidatore dell’EFIM – e, in conseguenza, le società controllate dall’ente e la stessa società appaltatrice – a confidare nell’applicazione del citato art. 6, comma 5; c) che, pertanto, l’avere trascurato siffatti documenti comportava, oltre al denunciato vizio motivazionale, la violazione degli artt. 1375 e 1218 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.; d) che un’autonoma violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. era ravvisabile nel fatto che la sentenza impugnata avesse individuato nelle difficoltà finanziarie della Oto Melara s.p.a. la causa del deterioramento dei rapporti con i propri fornitori, in quanto quest’ultima società era uno degli asset solidi del gruppo, avendo chiuso in attivo i bilanci relativi agli esercizi del 1989 e 1990; e) che i documenti prodotti, peraltro, attestavano la determinazione dei fornitori a sospendere immediatamente le consegne dei materiali, proprio al fine di conseguire il pagamento dei crediti pregressi, con ciò alterando il normale ciclo produttivo; f) che l’arbitraria scelta degli istituti di credito di utilizzare le rimesse a favore della Oto Melara s.p.a. per estinguere per compensazione i debiti dai quali quest’ultima era gravata nei confronti dei primi aveva, sottratto ulteriori risorse utili per far fronte ai debiti non interessati dal blocco dei pagamenti; g) che, in ogni caso, assumeva rilievo decisivo il fatto che i materiali da assemblare non fossero stati consegnati dai fornitori alla Oto Melara s.p.a.; h) che la prima esenzione dal blocco dei pagamenti era stata comunicata alla Oto Melara s.p.a. in data successiva al periodo di sua operatività, mentre la seconda aveva riguardato un periodo molto circoscritto; i) che l’affitto dell’azienda da parte della Finmeccanica da farsi risalire al 25 marzo 1993 – era successivo alle comunicazioni dei fornitori della Oto Melara s.p.a. di bloccare le consegne, con il menzionato blocco del ciclo produttivo, da valutare anche in relazione alla concreta capacità produttiva della società; l) che, in ogni caso, la Oto Melara s.p.a. era, come detto, una subfornitrice necessaria, con la conseguenza che non poteva essere sostituita da altra società, se non previa autorizzazione ministeriale; m) che, nel ritenere inammissibile la prova testimoniale articolata, la Corte d’appello non aveva operato alcuna valutazione in ordine alla sua indispensabilità ai fini della decisione.

3. La doglianza è, nel suo complesso, infondata.

Per quanto concerne le denunciate violazioni di legge, si osserva, innanzi tutto, che il D.L. n. 487 del 1992, art. 6, comma 5, convertito con modificazioni dalla L. 17 febbraio 1993, n. 33, in relazione alla sospensione, dalla data del 18 luglio 1992, del pagamento dei debiti dell’EFIM e delle società controllate, dispone testualmente che l’ente soppresso e queste ultime non sono tenuti a corrispondere a soggetti pubblici o privati qualsivoglia somma per interessi di mora, per sanzioni ovvero per penali comunque denominate, disposti da leggi, atti amministrativi o contratti, in conseguenza della mancata effettuazione di pagamenti o di ritardi nei pagamenti stessi, dovuti alla sospensione.

Il carattere eccezionale della norma rende palese, a tacer d’altro: a), che essa riguarda (al pari della corrispondenza valorizzata dalla società ricorrente) esclusivamente la posizione dell’EFIM e delle società controllate e non, come puntualmente avvertito dalla sentenza impugnata, quella di soggetti terzi che avevano assunto impegni negoziali, facendo affidamento sulle prestazioni delle medesime società; b) che essa concerne le conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni pecuniarie il cui pagamento era stato sospeso e non di altre prestazioni in ipotesi precluse dalla reazione dei fornitori.

Ne discende che tale disciplina non incide in alcun modo sulla valutazione condotta dalla Corte territoriale, quanto all’imputabilità o non alla controparte del Ministero della Difesa del pacifico ritardo registrato nell’esecuzione delle prestazioni rispetto alle scadenze convenute.

Nè, in senso contrario, può apprezzarsi, neppure sotto il profilo della violazione della regola dettata dall’art. 1375 c.c., la circostanza che la società appaltatrice originaria fosse stata autorizzata ad avvalersi della collaborazione della Oto Melara s.p.a., giacchè siffatta autorizzazione, finalizzata evidentemente ad assicurare al Ministero la conoscenza dei soggetti coinvolti nell’esecuzione, comunque non comportava alcun trasferimento a carico del committente dei rischi derivanti dall’eventuale inadempimento delle imprese subappaltatrici autorizzate.

Proprio il testo delle clausole contrattuali riprodotte dalla ricorrente dimostra che il benestare dell’Amministrazione non modifica le clausole contrattuali (…) e, pertanto, la Ditta assuntrice del presente contratto rimane interamente responsabile verso l’Amministrazione della Difesa di qualunque eventuale inadempienza tanto per fatto proprio quanto per fatto della Ditta appaltatrice.

Escluso, pertanto, che la valutazione operata dalla Corte territoriale si traduca in una violazione o falsa applicazione di norme di legge, resta solo da osservare che l’apprezzamento della derivazione dell’inadempimento da causa non imputabile costituisce un apprezzamento di fatto, come tale insuscettibile di esame in sede di legittimità, se debitamente motivato (Cass. 10 marzo 2009, n. 5736). Ed è in tale contesto che si apprezza la logicità del discorso giustificativo espresso dalla sentenza impugnata, quanto agli oneri di diligenza dell’originaria assuntrice del contratto, quanto alla posizione dell’affittuaria dell’azienda, soggetto sicuramente solvibile e in grado di offrire, secondo l’apprezzamento del giudice di merito, non attinto da alcuna specifica censura, sufficienti garanzie ai fornitori e, quanto, infine, alla possibilità di disporre delle deroghe alla sospensione dei pagamenti, peraltro anche concretamente esercitata e utilmente valorizzabile almeno in un caso – alla stregua delle stesse allegazioni del ricorrente.

Per pura completezza, si rileva la assoluta genericità della critica indirizzata alla valutazione di inammissibilità delle tardive richieste istruttorie, il cui contenuto non viene neppure indicato.

4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione o falsa applicazione degli artt. 111 e 331 c.p.c., dal momento che: a) l’impugnazione proposta dal successore nel rapporto controverso, senza coinvolgere il dante causa; b) l’inerzia di quest’ultimo nel non proporre autonoma impugnazione; c) l’atteggiamento della controparte del destinatario dell’impugnazione che, nel costituirsi in giudizio, si astenga dal manifestare la volontà di continuare a coinvolgere il dante causa sono tutti elementi che si prestano ad essere apprezzati come consenso all’estromissione dell’originario titolare del rapporto.

5. Il ricorso è fondato.

Il giudizio di impugnazione svoltosi senza integrare il contraddittorio nei confronti dell’alienante del diritto controverso, ma con la partecipazione del successore a titolo particolare, è valido quando il primo, non impugnando la sentenza, abbia dimostrato il suo disinteresse al gravame e l’altra parte, senza formulare eccezioni al riguardo, abbia accettato il contraddittorio nei confronti del successore; tali elementi, infatti, integrano i presupposti per l’estromissione dal giudizio del citato alienante, estromissione che, sebbene non formalmente dichiarata, fa cessare la qualità di litisconsorte necessario della parte originaria (Cass. 17 maggio 2010, n. 12035; Cass. 8 febbraio 2011, n. 3056).

E, nella specie, è la stessa Corte territoriale a dare atto dell’esistenza di tali presupposti, in particolare sottolineando l’assenza di qualunque rilievo della controparte (ossia dell’appellato Ministero).

6. In conclusione, il ricorso principale deve essere respinto. In relazione al disposto accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, giacchè, venendo meno la qualità di litisconsorte necessario, il processo non doveva proseguire nei confronti del chiamato.

Non si provvede alla regolamentazione delle spese a carico della ricorrente principale, attesa la tardività del deposito del controricorso del Ministero, mentre ricorrono i presupposti giustificativi della compensazione delle spese nei rapporti con la SO.GE.PA. Società Generale di Partecipazioni s.p.a.

PQM

Rigetta il ricorso principale. Accoglie il ricorso incidentale e, in relazione al disposto accoglimento, cassa la sentenza impugnata, con riferimento alla posizione della Selex Sistemi Integrati s.p.a. (ora SO.GE.PA. Società Generale di Partecipazioni s.p.a.). Compensa le spese nei confronti di quest’ultima.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2018

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