Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20477 del 28/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 28/08/2017, (ud. 28/06/2017, dep.28/08/2017),  n. 20477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16613-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

U.G., elettivamente domiciliato in ROMA, CLIVO RUTARIO 21,

presso lo studio dell’avvocato COSTANTINO GUERRIERO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20/5/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BARI, depositata il 12/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/06/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

Con sentenza in data 11 gennaio 2016 la Commissione tributaria regionale della Puglia respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 653/15/14 della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva accolto il ricorso di U.G. contro l’avviso di accertamento IRPEF ed altro 2008. La CTR osservava in particolare che il contribuente aveva fornito idonee prove a contrasto della presunzione redditometrica basante l’atto impositivo impugnato.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso il contribuente.

Considerato che:

Con l’unico mezzo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38,art. 2697 c.c., poichè la CTR ha affermato l’adeguatezza/idoneità delle allegazioni/prove del contribuente a contrasto della presunzione legale relativa di cui alla prima disposizione legislativa evocata.

La censura è infondata.

Va infatti ribadito che:

-“In tema di accertamento dei redditi con metodo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, la disponibilità di un alloggio e di un autoveicolo integra, ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. citato, nella versione “ratione temporis” vigente, una presunzione di capacità contributiva “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicchè il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perchè già sottoposta ad imposta o perchè esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17487 del 01/09/2016, Rv. 640989 – 01;

-“In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta” (Sez. 5, Sentenza n. 25104 del 26/11/2014, Rv. 633514 – 01; successive conformi, v. Sez. 6-5, 1332-916/2016, 22944-14885/2015).

La CTR ha fatto piena e corretta applicazione di tali arresti giurisprudenziali, rilevando in concreto ed accertando in fatto che l’ U. aveva dimostrato di aver accumulato nel tempo risorse finanziarie già soggette a tassazione, di avere ricevuto in donazione l’immobile oggetto dell’accertamento e di averlo parzialmente locato, a copertura delle spese inerenti l’immobile medesimo, di aver provato un disinvestimento rilevante nel 2006 (Euro 60.000) e che una delle due autovetture considerate nell’applicazione del redditometro era stata acquistata proprio in quell’anno, mentre l’altra autovettura considerata era di risalente immatricolazione con spese manutentive minime.

Tale valutazione meritale, conforme in particolare all’esigenza di considerare appunto in concreto la compatibilità delle risorse finanziarie del contribuente accertato con le possidenze considerate con l’applicazione del redditometro, quale posta dal secondo principio di diritto citato, non può essere ulteriormente sindacata in questa sede. Vi è infatti da ribadire che:

-“Con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7921 del 2011);

-“In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis Sez. 5, n. 26110 del 2015). 11 ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 – 01).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100 oltre Euro 200 per esborsi, 15 % per contributo spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2017

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