Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20477 del 11/10/2016
Cassazione civile sez. VI, 11/10/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 11/10/2016), n.20477
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7786-2015 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
B.E.V.;
– intimato –
avverso la sentenza n. R.G. 1001232/2011 del TRIBUNALE di LOCRI,
depositata il 20/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che il Giudice di pace di Stilo, con la sentenza n. 105 del 2009, accolse l’opposizione proposta da B.E.V. al verbale di accertamento n. (OMISSIS) della violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 126-bis e 180, comma 8, emesso per violazione dell’obbligo di comunicare le generalità del conducente del veicolo di sua proprietà che aveva commesso una infrazione stradale;
che il Tribunale di Locri, con sentenza depositata il 20 dicembre 2014, ha rigettato l’appello proposto dal Ministero dell’interno sul rilievo che il sig. B. aveva impugnato il verbale di contestazione presupposto e ottenuto la sospensione della relativa esecutività, con conseguente sospensione anche del termine previsto ai fini della comunicazione dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 126-bis in applicazione del principio sancito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005;
che per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’interno, sulla base di un motivo;
che l’intimato non ha svolto difese.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con l’unico motivo è dedotta violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 126-bis e art. 180, comma 8, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, e si contesta la ritenuta accessorietà dell’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 126-bis in capo al proprietario del veicolo, rispetto all’accertamento della violazione stradale rilevata a carico del veicolo medesimo;
che, diversamente da quanto opinato dal Tribunale, si tratterebbe di violazioni autonome, con la conseguenza che nè la sospensione cautelare della esecutività del verbale presupposto, nè l’annullamento del verbale presupposto inciderebbero sull’obbligo della comunicazione, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità (è richiamata Cass., sez. 2, sentenza n. 22881 del 2010);
che la doglianza è fondata;
che, come ripetutamente affermato da questa Corte, il termine entro cui il proprietario del veicolo è tenuto, ai sensi dell’art. 126-bis, comma 2, a comunicare all’organo di polizia che procede i dati relativi al conducente, non decorre dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell’infrazione presupposta, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall’autorità, trattandosi di un’ipotesi di illecito istantaneo previsto a garanzia dell’interesse pubblicistico relativo alla tempestiva identificazione del responsabile, del tutto autonomo rispetto all’effettiva commissione di un precedente illecito (da ultimo, Cass., sez. 2, sentenza n. 15542 del 2015);
che, ribadito il principio secondo cui l’obbligo di comunicare i dati del conducente richiesti dalla P.A. attiene ad un dovere di collaborazione di natura autonoma, separatamente sanzionato, non condizionato alla contestazione della violazione “presupposta”, il ricorso deve essere accolto e deciso nel merito, in applicazione dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti;
che le spese dell’intero giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione e condanna B.E.V. al pagamento delle spese del giudizio, che liquida, per il primo grado, in Euro 300,00, per il grado di appello, in Euro 400,00, e per il giudizio di cassazione, in Euro 600,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito per ciascuna liquidazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 26 maggio 2016.