Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20472 del 02/08/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 20472 Anno 2018
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

sul ricorso 12278/2017 proposto da:
Conserve Italia soc. coop. agricola, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,
Piazza Mazzini n. 27, presso lo studio dell’avvocato Di Gioia Giovan
Candido, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiani Francesco,
Migotto Luca, Valtancoli Domenica Paola, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente contro
Sirec Engineering s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore
pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Mazzini n. 11,
presso lo studio dell’avvocato Stella Richter Mario, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati Carpi Federico,

Data pubblicazione: 02/08/2018

Ledda Alberto, giusta procura speciale per Notaio dott. Enrico Maria
Sironi di Gallarate (VA) – Rep.n. 14668 del 20.6.2017;
– controricorrente avverso la sentenza n. 901/2017 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 06/04/2017;

19/06/2018 dal cons. NAZZICONE LOREDANA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE
AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per: inammissibile in
subordine rigetto;
uditi, per la ricorrente, gli Avvocati Valtancoli Domenica Paola e
Migotto Luca che si riportano;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato Stella Richter Mario che si
riporta.
FATTI DI CAUSA
Con contratto di fornitura del 10 maggio 2005, contenente
clausola compromissoria per arbitrato rituale, Conserve Italia soc.
coop. agricola affidò alla Sirec Engineering s.r.l. la realizzazione di
macchine distributrici alimentari.
La Sirec Engineering s.r.l. con domanda arbitrale del 22 ottobre
2007 chiese l’accertamento della nullità dell’accordo di risoluzione
consensuale concluso tra le parti il 16 marzo 2006, allegando l’abuso
di dipendenza economica.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

Con lodo arbitrale reso a maggioranza il 25 ottobre 2008,
Conserve Italia s.p.a. è stata, quindi, condannata al risarcimento del
danno in favore della controparte, liquidato in C 11.560.000,00, di cui
C 3.000.000,00 a titolo di danno da disorganizzazione aziendale ed il
residuo per mancato guadagno.

2
f

La Corte d’appello di Bologna, innanzi alla quale il lodo è stato
impugnato il 19 novembre 2008, con sentenza del 6 aprile 2017 ha
respinto l’impugnazione.
Ha ritenuto la corte territoriale, per quanto ancora rileva, che:
a) non fosse concedibile la rimessione in termini, sebbene l’attrice

di diritto, in ossequio al nuovo art. 829 cod. proc. civ., come
risultante dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, in quanto non costituisce
un overruling la sentenza della Corte di cassazione del 19 aprile
2012, n. 6148, la quale ha reputato applicabile, invece, la vecchia
disciplina agli arbitrati anteriori, non trattandosi di mutamento
imprevedibile della precedente interpretazione di legittimità, e posto
che la stessa attrice menziona, per la tesi contraria, solo la dottrina e
precedenti della giurisprudenza di merito;
b) non è stato provato che non tutti gli arbitri parteciparono alla
deliberazione, la quale sarebbe stata assunta, secondo l’attrice, in
data 30 ottobre 2008 e alla presenza di due soli componenti;
c) non sussiste ultrapetizione ex art. 829, comma 1, n. 4, cod.
proc. civ., per avere il lodo liquidato il danno da «disorganizzazione
del ciclo produttivo»;
d) non sussiste omessa motivazione ex artt. 823, n. 5, e 829, n.
5, cod. proc. civ., quanto alla censura di asserita esistenza del danno
in re ipsa per la disorganizzazione produttiva;
e) non sussiste la violazione del contraddittorio ex art. 830, n. 9,
cod. proc. civ., motivata per il fatto che la necessità della
riconversione produttiva non fosse stata dedotta e Conserve Italia,
sul punto, non avesse potuto esprimere difese;
f) il motivo che lamenta la motivazione contraddittoria, ai sensi
degli artt. 823, n. 5, e 829, nn. 5 e 11, cod. proc. civ., per avere il
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non avesse impugnato il lodo anche per violazione di plurime regole

lodo, da un lato, respinto la domanda di risarcimento con riguardo ai
danni morali, e, dall’altro lato, accolto la domanda di risarcimento del
danno da disorganizzazione del ciclo produttivo, richiesti globalmente
per la somma di C 3.000.000, vuole in realtà lamentare solo,
inammissibilmente, la mancata prova del danno;

denunziato, la doglianza relativa alla liquidazione del danno da
mancato guadagno nella misura del 10%, in adesione acritica ai
calcoli della Sirec s.r.I.;
h) non sussiste difetto di motivazione ed ultrapetizione, con
riguardo alla concessione di rivalutazione monetaria, interessi e
pretesa duplicazione del risarcimento, liquidato sia per il mancato
guadagno, sia per la disorganizzazione produttiva, attesa la natura
risarcitoria dell’importo e trattandosi, per il resto, di questione di
merito;
i)

non sussiste vizio motivazionale, mancata pronuncia su

eccezioni, violazione del contradditorio, ultrapetizione e violazione del
diritto di difesa, con riguardo all’accertato abuso di posizione
dominante, in ordine alla quale il lodo ha adeguatamente
argomentato che la risoluzione del primo contratto e la conclusione di
altri due fu abusiva;
I) non è violato l’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 830

[rectius

829], comma 3, cod. proc. civ., per la compressione della libertà di
iniziativa economica privata e del diritto di difesa, posto che
l’accertamento della condotta abusiva costituisce proprio applicazione
dell’art. 9 I. n. 192 del 1998;
m)

la condanna alle spese ha tenuto correttamente conto

dell’esito complessivo della lite, nonostante la riduzione dell’originaria
pretesa.

g) è mera questione di merito, non di omessa motivazione come

Avverso questa decisione ha proposto ricorso la soccombente,
affidato a quattro motivi ed illustrato da memoria, con istanza altresì
di trattazione in pubblica udienza.
Ha resistito con controricorso la Sirec Engeneering s.r.l. in
liquidazione, depositando una memoria.

rimessa alla pubblica udienza, cui ora perviene.
Le parti hanno depositato le memorie di cui all’art. 378 cod. proc.
civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE

I. / motivi.
1.1. – Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la
falsa applicazione degli artt. 112 e 184-bis, ora 153, comma 2, cod.
proc. civ., avendo la corte del merito respinto l’istanza di rimessione
in termini, volta a dedurre i motivi di impugnazione del lodo per
violazione di norme di diritto sostanziale, ai sensi dell’art. 829,
comma 2, cod. proc. civ., nel testo anteriore al d.lgs. 2 febbraio
2006, n. 40, non proposti unicamente in ragione del tenore letterale
inequivoco di cui all’art. 27 del decreto legislativo medesimo,
suffragato dalle opinioni della dottrina e della giurisprudenza
dell’epoca; mentre solo a partire dalla sentenza di Cass. 19 aprile
2012, n. 6148 è stata enunciata la tesi permissiva opposta – peraltro,
con ulteriori smentite successive, sino all’intervento nomofilattico di
Cass., sez. un., 9 maggio 2016, n. 9284 – in virtù della
interpretazione ritenuta costituzionalmente orientata della riforma,
divergente dal tenore letterale della disposizione.
La corte del merito, secondo la ricorrente, ha errato, sia perché
ha affermato che la causa petendi dell’istanza stessa risiede nel c.d.
overrulíng, quando invece è da rinvenire nella lesione dell’affidamento
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Con ordinanza interlocutoria del 23 marzo 2018, la causa è stata

incolpevole dell’attrice e nella non imputabilità della decadenza
derivata da errore scusabile, avendo essa richiamato l’istituto solo in
virtù della possibile applicazione analogica dei principi sottesi, in tal
modo violando dunque la corte l’art. 112 cod. proc. civ.; sia perché
ha male applicato l’art. 184-bis cod. proc. civ., il quale contempla

tenendo una condotta diligente, abbia impedito il legittimo esercizio
di un potere, posto che l’affidamento incolpevole può basarsi sul
diritto vivente circa una data regola del processo, in assenza di indici
di prevedibilità del successivo mutamento interpretativo.
Del resto, il principio dell’overruling palesa un’evoluzione tendente
a valorizzare la tutela dell’affidamento nella certezza delle regole
vigenti, come interpretate ed applicate, secondo le teorie che
agganciano la decadenza non al mero decorso del tempo, ma
all’inerzia colpevole; evoluzione confermata, ad esempio, dall’art. 8
d.lgs. n. 546 del 1992, in tema di sanzioni tributarie, e dalla sentenza
di illegittimità costituzionale Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364,
sull’art. 5 c.p.
1.2. – Con il secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 112
e 829, comma 1, n. 9, cod. proc. civ., per omessa pronuncia su
molteplici motivi di impugnazione del lodo proposti ex artt. 829,
comma 1, nn. 4 e 9, cod. proc. civ., in quanto, innanzi al giudice del
merito, Conserve Italia aveva denunziato l’ultrapetizione e la
violazione del principio del contraddittorio con nullità del lodo, dal
momento che la controparte aveva invocato, innanzi agli arbitri, l’art.
9, comma 2, I. n. 192 del 1998, con riguardo alla fattispecie abusiva
della

«imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente

gravose o discriminatorie» (per il fatto di essere stata indotta da
Conserve a rinegoziare in senso più sfavorevole il contratto), non a
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ogni fatto che, estraneo alla volontà della parte ed inevitabile pur

quella della «interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in
atto», ma la corte del merito non ha affatto risposto, limitandosi al
riguardo a sostenere che gli arbitri hanno ben motivato e che l’attrice
pretenderebbe una diversa valutazione dei fatti; né la nuova
domanda poteva emergere in sé dalla lettura dei bilanci di Sirec s.r.I.,

necessario provocare un contraddittorio espresso al riguardo. Ed, in
punto di fatto, non è vero che vi fu riconversione delle attività
produttive di controparte, ma è certa la prosecuzione di esse, senza
soluzione di continuità (progettazione e produzione di macchine
refrigeranti distributrici di bevande).
1.3. – Con il terzo motivo, si duole della violazione e falsa
applicazione dell’art. 829, comma 3, cod. proc. civ., laddove la corte
del merito ha respinto l’impugnazione del lodo per violazione del c.d.
ordine pubblico sostanziale, avendo gli arbitri ravvisato l’abuso di
dipendenza economica in una libera, ponderata e concordata
rinegoziazione di un contratto, seguìta da comportamenti coerenti per
ben due anni da entrambe le parti, con lesione del bene primario
della libertà negoziale ex art. 41 Cost. e della norma inderogabile ex
art. 9 I. n. 192 del 1998, posto che di abuso si può parlare solo in
presenza di una condotta arbitraria e priva di razionalità aziendale,
che era onere di controparte dimostrare: laddove gli arbitri hanno
posto a carico di Conserve l’onere di provare l’interesse di Sirec s.r.l.
a modificare il precedente contratto.
1.4. – Con il quarto motivo, deduce la violazione dell’art. 112 cod.
proc. civ. per omessa pronuncia circa il motivo di impugnazione del
lodo vertente sulla violazione dell’ordine pubblico processuale ex art.
829, comma 3, cod. proc. civ., in ragione del mancato rispetto, da
parte degli arbitri, del principio del contraddittorio, di quello
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come invece affermato dal giudice territoriale, in quanto era

dispositivo

ex

art. 115 cod. proc. civ. e del principio della

corrispondenza fra chiesto e pronunciato, motivo neppure preso in
considerazione della decisione impugnata.
II. La sopravvenienza dell’interpretazione nomofilattica e l’istanza
di rimessione in termini.

la rimessione della causa al Primo Presidente, per l’eventuale
assegnazione alle Sezioni unite della Corte.
La sentenza impugnata ha respinto l’istanza di rimessione in
termini, proposta dall’odierna ricorrente ai sensi dell’art. 184-bis cod.
proc. civ. applicabile ratione temporis, avendo la parte argomentato
di avere proposto impugnazione del lodo, ai sensi del nuovo art. 829
cod. proc. civ., come introdotto dall’art. 24 d.lgs. n. 40 del 2006, a
ciò indotta dalla lettera inequivoca della legge e dalla giurisprudenza
di merito: essa ha negato l’esistenza della fattispecie del c.d.
overruling, posto che non esisteva, all’epoca, un orientamento di
legittimità sul punto.
In ossequio al diritto transitorio così dettato, Conserve Italia ha
impugnato il lodo per i soli errores in procedendo e per violazione
dell’ordine pubblico (consentita dal terzo comma del nuovo art. 829
cod. proc. civ.), mentre non ha esercitato la facoltà di impugnare il
lodo per errores iuris in iudicando.
2.2. – La non imputabilità di una decadenza processuale,
verificatasi a carico di una parte del processo, in presenza di
determinate circostanze concrete, ricade nell’onere probatorio
gravante sul richiedente e consiste in un accertamento di fatto
riservato al giudice del merito; mentre la sussunzione di una
situazione data, accertata insindacabilmente dal giudice del merito,

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2.1. – Con riguardo al primo motivo, reputa il Collegio necessaria

entro l’ambito di applicazione della

norma invocata costituisce

questione di diritto.
2.3. – La ricorrente richiama l’istituto del c.d.

prospective

overruling allo scopo di sottolineare il consolidato principio della
tutela dell’affidamento nell’ordinamento giuridico.

ma entrata ormai nel lessico giuridico internazionale – afferma che il
mutamento di un principio giurisprudenziale e la nuova
interpretazione di una norma processuale, pur preesistente, al fine di
evitare il pregiudizio al diritto di difesa esige l’attivazione di
meccanismi di tutela dell’affidamento, che la parte abbia riposto in un
pregresso

«diritto vivente»

del quale non fosse prevedibile il

mutamento (Cass., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15144).
Secondo detto principio, posto che una norma è suscettibile di
assumere nel tempo contenuti diversi, sia pure entro il limite dei
significati resi possibili dalla plurivocità del significante testuale,
quando ciò accade occorre però ricordare che le norme processuali
costituiscono le “regole del gioco”, le quali – non essendo il processo
civile un duello o una guerra, ma il luogo di risoluzione pacifica delle
controversie dinanzi a terzo imparziale, alla stregua delle norme che
lo governano – non possono cambiare con lesione dell’affidamento
della parte.
Il processo civile consiste in una progressione di atti e di scansioni
temporali, di preclusioni e decadenze, che comportano la
consumazione progressiva delle questioni; esso deve quindi essere
retto da regole prevedibili, conosciute ex ante, a tutela del diritto di
azione e di difesa ex art. 24 Cost., in coerenza con la sua funzione di
mero strumento di difesa ed attuazione dei diritti.

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L’istituto predetto – designato con sintetica espressione straniera,

Se l’interpretazione di una norma processuale, successivamente
affermatasi, non integra uno ius superveniens, di cui si debba
predicare la necessaria irretroattività, in quanto essa semplicemente
rilegge l’enunciato ed è come tale destinata ad applicarsi sin
dall’inizio, resta il fatto che l’originaria difforme lettura
giurisprudenziale avrà creato «l’apparenza di una regola» (Cass., sez.

un., 11 luglio 2011, n. 15144), sulla quale la parte ha riposto il suo
affidamento da tutelare sino al momento di oggettiva conoscibilità, da
verificare in concreto, del nuovo orientamento correttivo.
È noto come, allo stato degli attuali approdi, questa Corte abbia
circoscritto l’istituto in discorso al mutamento della legge processuale
ad opera del giudice della nomofilachia e come il rimedio, individuato
per tali evenienze, sia quello di escludere la decadenza o di rimettere
in termini la parte che vi sia incorsa.
Si pone, dunque, una duplice questione: se sia estensibile il
concetto di prospective overruling alla legge sostanziale (quale è
reputata la regola posta dal novellato art. 829, comma 3, cod. proc.
civ. da Corte cost. n. 13 del 2018) ed oltre i mutamenti degli indirizzi
consolidati del giudice di legittimità; se, indipendentemente da ciò, in
un caso come quello in esame sia da applicare della disposizione
generale dell’art. 153 (e prima 184-bis) cod. proc. civ., in quanto
nella nozione di «causa non imputabile» possa rientrare l’assenza di
colpa nell’incorrere nella decadenza, quando si fosse creato un
ragionevole affidamento sulla portata letterale di una norma di legge.
2.4. – Questa Corte ed il Giudice delle leggi accolgono la nozione
di “diritto vivente”, quale norma posta dal

conditor legis

ed

interpretata dalla giurisprudenza.
Secondo il giudice delle leggi, «alcune pronunzie adottate in sede
di merito non sono idonee ad integrare un “diritto vivente”» (Corte
10

/

cost., sent. 5 aprile 2012, n. 78, ove questo cenno), mentre restano
estranei alla nozione la prassi amministrativa, i regolamenti, le
circolari o tanto più i singoli provvedimenti (Corte cost., ord. 26
maggio 1998, n. 188; Corte cost., sent. 19 marzo 1996, n. 83; cfr.
pure Corte cost., sent. 10 marzo 2017, n. 53; nello stesso senso

Cass. 24 novembre 2015, n. 23960).
Se l’interpretazione idonea a costituire diritto vivente e
precedente giurisprudenziale è, per eccellenza, quella data dal giudice
della nomofilachia, occorre chiedersi se quella operata dalla
giurisprudenza di merito concorra alla stessa formazione del diritto
vivente: tanto più, quanto meno siano presenti nell’ordinamento
pronunce di legittimità, onde in assenza di arresti della Corte di
cassazione – a causa del fatto che date questioni non giungono
proprio al suo esame (es. la materia cautelare) o nei primi anni di
vita di una nuova disposizione – sia solo la giurisprudenza di merito
costituire “precedente” nell’interpretazione di una norma.
2.5. – Secondo la Corte, la lettera della norma costituisce un
limite invalicabile dell’interpretazione:

l’«interpretazione è uno

strumento percettivo e recettivo, non correttivo e/o sostitutivo della
voluntas legis» (così Cass. 14 giugno 2016, n. 12144, sulla questione
di legittimità costituzionale dell’art. 813-ter, comma 4, cod. proc.
civ.).
Il tema dell’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della
sfera riservata al legislatore ben esprime, per tutti, la posizione della
S.C. al riguardo:

«l’attività interpretativa è segnata dal limite di

tolleranza ed elasticità del significante testuale» (Cass., sez. un., 23
dicembre 2014, n. 27341; nello stesso senso, fra le altre, Cass., sez.
un., 19 settembre 2017, n. 21617; 30 marzo 2017, n. 8282; 21
11

Cass. 23 maggio 2017, n. 12911; Cass. 11 ottobre 2016, n. 20423;

marzo 2017, n. 7157; 29 dicembre 2016, n. 27278; 28 luglio 2016,
n. 15668; 2 maggio 2016, n. 8586; 6 maggio 2016, n. 9145; 10
settembre 2013, n. 20698; 13 maggio 2013, n. 11347; 12 dicembre
2012, n. 22784; 11 luglio 2011, n. 15144).
Del pari, reputa la Corte costituzionale che la lettera della legge

della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo
interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità
costituzionale» (cfr., oltre alle già citate, Corte cost. 19 febbraio
2016, n. 36; 23 luglio 2013, n. 231; 22 maggio 2013, n. 91; 5 aprile
2012, n. 78; 28 gennaio 2010, n. 26; 26 giugno 2008, n. 219; Corte
cost. 23 luglio 1987, n. 278).
2.6. – Ma, come detto, la norma è suscettibile di assumere nel
tempo contenuti diversi, sia pure entro il predetto limite dei significati
resi possibili dall’enunciato.
La Corte ha già ritenuto che possa trovare applicazione l’art.
184-bis cod. proc. civ., pur in un’ipotesi in cui la decadenza sia dipesa
dalla scelta della parte, in seguito rivelatasi errata: dove la «causa
non imputabile» si riconnetteva non ad uno stato di materiale
impedimento rientrante nell’onere di allegazione e di dimostrazione
ad opera della parte interessata, ma proprio alla «scelta difensiva
dipendente da indicazioni sul rito da seguire provenienti dalla
consolidata giurisprudenza del tempo del promosso ricorso, solo ex
post rivelatesi non più attendibili»

(Cass. 21 dicembre 2012, n.

23836).
In quella vicenda la S.C. ha applicato la rimessione in termini
d’ufficio: quale principio generale di effettività della tutela
processuale, che vede «nel rimedio restitutorio il mezzo rivolto a non
far sopportare alla parte, quando ad essa non possa farsi risalire
12

non sia suscettibile di essere superata, in quanto «l’univoco tenore

alcuna colpa, le gravi conseguenze di un errore nella proposizione
dell’impugnazione» (si trattava del ricorso per cassazione proposto
dal c.t.u. dell’autorità giudiziaria penale nelle forme del rito penale).
Ci si può, dunque, chiedere se costituisca applicazione del
medesimo principio la situazione in cui l’enunciato normativo presenti

reiteratamente dalla giurisprudenza, pur se di merito, affermato.
2.7. – L’art. 829, comma 2, cod. proc. civ. (nel testo in vigore al
momento della conclusione del contratto del 10 maggio 2005 fra le
parti), prevedeva:

«L’impugnazione per nullità è altresì ammessa se

gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo
che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equità o
avessero dichiarato il lodo non impugnabile».
Con l’entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, la nuova
norma, introdotta dall’art. 24 del decreto legislativo, ha invece
previsto, al comma 3, quanto segue: «L’impugnazione per violazione
delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa
se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. È ammessa in
ogni caso l’impugnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine
pubblico».
E la disposizione di diritto transitorio di cui all’art. 27, comma 4,
stabiliva:

«Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si

applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è
stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del
presente decreto».
Il dato testuale e l’interpretazione giurisprudenziale di merito
nettamente più diffusa, e segnatamente quella resa dalla Corte
d’appello di Bologna, in mancanza di pronunce di Cassazione,
indicavano l’immediata necessaria applicazione del nuovo art. 829
13

una lettera all’apparenza inequivoca ed in cui tale significato sia stato

cod. proc. civ., con la conseguente preclusione della facoltà di
– impugnare il lodo per error iuris.
Onde la nuova disposizione, con la preclusione all’impugnativa del
lodo per violazione della legge sostanziale come regola, si riteneva
diffusamente applicabile anche alle convenzioni anteriori, tutte le

esisteva la nuova disciplina, creando così una regola processuale data
quale “criterio di condotta”.
Avrebbe anche potuto dubitarsi della legittimità costituzionale di
una norma che rinviasse ad un patto tra le parti che, all’epoca di
conclusione del contratto, sarebbe stato inutile; ma ciò non avvenne.
Una volta sopraggiunto, poi, l’intervento di questa Corte, è stato
più volte affermato il principio secondo cui la nuova disciplina si
applica «ai procedimenti arbitrali nei quali la domanda di arbitrato …
è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del
decreto, a nulla rilevando, secondo il chiarissimo disposto della norma
i transitoria, il riferimento temporale relativo alla clausola
compromissoria» (corsivi nostri: così Cass. 17 settembre 2013, n.
21205; e 20 febbraio 2012, n. 2400; 25 settembre 2015, n.
19075).
Si affermò, invero, da una parte delle decisioni di legittimità, che
«la disciplina transitoria è univoca nel preferire la legge vigente al
tempo del lodo rispetto a quella diversa, anteriore,
mentre non sono ravvisabili ragioni superiori tali da giustificare una
diversa interpretazione della norma cosi chiaramente formulata, tanto
più che rintangibilità” e l’immutabilità di un determinato regime di
impugnativa correlato a un dato occasionale, come l’epoca di
stipulazione della clausola, non risulta assistito da alcuna garanzia
costituzionale» (corsivi nostri: Cass. 25 settembre 2015, n. 19075).

14

volte che la domanda di arbitrato fosse stata proposta quando ormai

Non mancarono altre pronunce in contrario (Cass. 19 aprile 2012,
n. 6148; e, quindi, 3 giugno 2014, n. 12379; 18 giugno 2014, n.
13898; 19 gennaio 2015, n. 745; 19 gennaio 2015, n. 748; 28
ottobre 2015, n. 22007): ma tutte successive alla impugnazione del
lodo arbitrale in questione.

2016, n. 9284, 9285 e 9341) hanno sancito il seguente principio di
diritto: «In applicazione della disciplina transitoria dettata dall’art. 27
d.lgs. n. 40 del 2006, l’art. 829, comma 3, cod. proc. civ., come
riformulato dall’art. 24, d.lgs. n. 40 del 2006, si applica nei giudizi
arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore del suddetto decreto, ma la
legge cui lo stesso art. 829, comma 3, cod. proc. civ. rinvia, per
stabilire se è ammessa l’impugnazione per violazione delle regole di
diritto relative al merito della controversia, è quella vigente al
momento della stipulazione della convenzione d’arbitrato».
La questione di legittimità della norma transitoria, come risultante
dall’interpretazione predetta delle Sezioni unite, è stata rimessa alla
Corte costituzionale con ordinanza della Corte d’appello di Milano del
16 dicembre 2016, n. 61 e decisa con sentenza di rigetto dalla Corte
cost. 30 gennaio 2018, n. 13, la quale ha negato l’irragionevole
disparità di trattamento.
Questa l’evoluzione ermeneutica della disposizione.
Nella vicenda interpretativa dell’art. 829 cod. proc. civ. e della
norma transitoria, l’interpretazione delle Sezioni unite del 2016 è
stata ivi motivata espressamente da ragioni logiche e di giustizia
(«poiché è la convenzione a definire i limiti di impugnabilità dei lodi, è
alle norme che la disciplinano nel momento della stipulazione che
occorre richiamarsi»), oltre che dalla ricerca di un diverso spunto
letterale (nello stesso art. 829, comma 3, cod. proc. civ.).
15

Infine, come è noto, le Sezioni unite (Cass., sez. un., 9 maggio

2.8. – Alla stregua di detta evoluzione, occorre allora chiedersi se
sia integrata la fattispecie della rimessione in termini, quale «valvola
di chiusura del sistema», alla luce del principio costituzionale di
effettività della tutela giurisdizionale.
Si osserva, altresì, come sembra incongruo sanzionare con la

chi – secondo quello che, all’epoca, sarebbe stato qualificabile,
piuttosto, come “abuso del processo” – avesse proposto un ricorso
pur manifestamente, all’epoca, inammissibile.
III. Rimessione alle Sezioni unite.

Si reputa, dunque, opportuna

la rimessione della causa al Primo Presidente, ai fini della eventuale
assegnazione alle Sezioni unite, in ordine alla seguente questione di
massima di particolare importanza: se, con riguardo alla vicenda
ermeneutica degli artt. 829 cod. proc. civ. e 27 d.lgs. n. 40 del 2006,
sia applicabile il principio del prospective overruling o, comunque, la
rimessione in termini per «causa non imputabile» della decadenza,
con riguardo alla nuova interpretazione delle predette disposizioni,
resa dal giudice di legittimità, che abbia radicalmente disatteso la
precedente interpretazione letterale offerta dalla giurisprudenza di
merito (e, segnatamente, dal giudice chiamato a decidere
l’impugnazione del lodo arbitrale), cui l’impugnante si era
conformato.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa al Primo Presidente per l’eventuale
assegnazione del giudizio alle Sezioni unite, in ordine alla
questione indicata in motivazione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 19 giugno 2018.
Il Presid
(S

CORTE SUPREMA Di CASSAZIONE
Pitla_Sezione Civile

16

decadenza colui che abbia prestato ossequio alla lettera e premiare

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