Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20471 del 29/09/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 20471 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA

sul ricorso 30001-2011 proposto da:
CARACCHINI

STEFANO

C.F.

CRCSEN74P23D786R,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BRITANNIA 54,
presso lo studio dell’avvocato SIMONA ALOISIO,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE
STRONGOLI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
2213

contro

FAIST COMPONENTI S.P.A. C.F. 01333320545, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo

Data pubblicazione: 29/09/2014

studio

dell’avvocato

GOFFREDO

GOBBI,

che

la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANTE
DURANTI, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 156/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/06/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANA
DORONZO;
udito l’Avvocato BARBAGIANNI MAURIZIO per delega
STRONGOLI GIUSEPPE;
udito l’Avvocato *ZETTI LUCIANO per delega DURANTI
DANTE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto.

di PERUGIA, depositata il 16/06/2011 r.g.n. 258/2010;

Ud. 18 giugno 2014
R.G. n. 30001 /11
Caracchini e/Faist Componenti s.p.a.

1. Con sentenza depositata in data 16 giugno 2011 la Corte d’appello di
Perugia confermava la sentenza resa dal tribunale della stessa città che
aveva rigettato la domanda proposta da Stefano Caracchini, avente ad
oggetto l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità del licenziamento
intimato al lavoratore in data 18 maggio 2004 dalla Faist Componenti s.p.a.,
nonché la condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro e al
risarcimento del danno.
2. La Corte territoriale riteneva che le prove raccolte nel giudizio di primo
grado avessero confermato la sussistenza dell’addebito contestato, e
costituito dall’avere il Caracchini percosso una collega durante l’orario di
lavoro e alla presenza di altri lavoratori, e che inoltre i fatti fossero di
gravità tali da infrangere il rapporto di fiducia, già incrinato da precedenti
violazioni disciplinari addebitate allo stesso lavoratore e da questi ammesse.
3. Contro la sentenza il Caracchini propone ricorso per cassazione affidato
ad un unico articolato motivo. La società resiste con controricorso, illustrato
da memoria ex art. 378 c.p.c.
4. Va in primo luogo esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso
sollevata dalla Faist Componenti s.p.a. nel controricorso ai sensi dell’art.
366, comma 1, n. 5, c.p.c., per mancanza o invalidità della procura alla lite.
Assume la controricorrente che il mandato speciale conferito all’avvocato
Giuseppe Strongoli non contiene l’espresso conferimento del potere di
rappresentanza del patrocinato.
4.1.- L’eccezione è infondata. In calce al ricorso per cassazione risulta
rilasciata procura speciale sottoscritta dal ricorrente con firma autenticata
dall’avvocato Strongoli, in cui si legge: “il sottoscritto… conferisce mandato
speciale per il presente giudizio davanti alla Corte Suprema di Cassazione,
all’avv. Giuseppe Strongoli…”.
4.2. – Tale procura deve ritenersi validamente conferita per il giudizio di
legittimità e deve ritenersi speciale, nel senso richiesto dall’art. 365 c.p.c. in
presenza di un espresso richiamo a detto giudizio, a nulla rilevando in senso
contrario la mancata espressa indicazione del potere di rappresentanza del
patrocinato, essendo evidente l’univoca volontà della parte di proporre il
ricorso per cassazione e di affidare il relativo mandato al legale indicato: ciò
in applicazione del canone interpretativo di conservazione dell’atto giuridico
ex art. 159 c.p.c., essendo altresì evidente il collegamento tra la detta
procura e il ricorso per cassazione, stante pure la presenza di elementi in tal
senso, come l’elezione di domicilio in Roma, dove appunto ha sede la

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

Ud. 18 giugno 2014
RG. n. 30001 /11
Caracchini c/Faist Componenti s.p.a.

Suprema Corte di Cassazione (in tal senso, cfr. Cass., 5 agosto 2005, n.
16594; Cass., 2 agosto 2001, n. 10550; Cass., 22 marzo 1999, n. 2659;
Cass., 9 ottobre 1998, n. 10033; Cass., 11 marzo 1998, n. 2676).

5.- Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente censura la sentenza per
omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso
e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. In
particolare, assume che la corte territoriale ha ritenuto provate circostanze
non emergenti dalle dichiarazioni effettivamente rese dai testimoni: in
particolare la testimone Ferri non aveva dichiarato di aver saputo
dell’accaduto al termine dell’orario di lavoro, bensì di trovarsi a soli cinque
metri di distanza dal luogo della presunta aggressione e di aver assistito alle
aggressioni verbali della lavoratrice al ricorrente, i quali erano in prossimità
delle loro postazioni di lavoro senza nessuno accanto; anche gli altri testi
Bruschi e Migliorati, benché presenti, non avevano visto alcun episodio di
violenza, pur essendo in prossimità del luogo dove sarebbe avvenuta
l’aggressione; doveva altresì escludersi che all’episodio avesse assistito la
capo turno Ouachimi, perché ciò doveva escludersi alla luce delle
disposizioni della Ferri e di Migliorati. Il giudicante non aveva neppure
considerato che la lavoratrice asseritamente aggredita non aveva mai
mostrato né riferito di aver riportato esiti traumatici dalla presunta
aggressione. Tali elementi, unitariamente considerati, avrebbero dovuto
condurre giudicante ad escludere la sussistenza del fatto addebitato, e
comunque la sua gravità, tale da giustificare il licenziamento per giusta
causa.
5.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
Il controllo della congruità e logicità della motivazione, al fine del sindacato
di legittimità su un apprezzamento di fatto del giudice di merito, postula la
specificazione da parte del ricorrente – se necessario, attraverso la
trascrizione integrale nel ricorso – della risultanza (parte di un documento, di
un accertamento del consulente tecnico, di una deposizione testimoniale, di
una dichiarazione di controparte, ecc.) che egli assume decisiva e non
valutata o insufficientemente valutata dal giudice, perché solo tale
specificazione consente al giudice di legittimità – cui è precluso, salva la
denuncia di “error in procedendo”, l’esame diretto dei fatti di causa – di
deliberare la decisività della risultanza non valutata. Ciò in ossequio al
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in forza del quale il
controllo di legittimità deve essere consentito sulla base delle deduzioni
contenute nel medesimo ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire
con indagini integrative (Cass., 31 maggio 2006, n. 12984).
2

Ud. 18 giugno 2014
RG. n. 30001 /11
Caracchini efflaist Componenti s.p.a.

5.2. – Nel caso in esame la parte si è limitata a trascrivere, ma solo

parzialmente, le deposizioni della teste Ferri e della Caprini, omettendo di
trascrivere le altre deposizioni, e in particolare quella della Ouachimi,
ritenuta rilevante dal giudice di merito.

Inoltre, la parte non ha assolto l’onere di produzione degli atti processuali in
cui sarebbero state raccolte le deposizioni, né ha indicato la sede processuale
in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte, rispettivamente acquisito e
prodotti in sede di giudizio di legittimità, essi sarebbero rinvenibili.
L’esigenza di tale indicazione, in funzione dell’autosufficienza, si giustifica
al lume della previsione del n. 4 dell’art. 369, secondo comma, cod. proc.
civ., che sanziona con l’improcedibilità la mancata produzione dei
documenti fondanti il ricorso, producibili (in quanto prodotti nelle fasi di
merito) ai sensi del primo comma dell’art. 372 c.p.c. (Cass., sez. un., 3
novembre 2011, n. 22726).
5.3. – Per il vero, con il motivo di ricorso la parte intende sollecitare una

vera e propria revisione del “ragionamento decisorio” svolto dalla corte
territoriale, adoperando e mescolando argomenti fattuali (come l’asserita
presenza di alcuni lavoratori al momento dell’aggressione), e considerazioni
personali (come, ad esempio, l’inverosimiglianza della versione offerta dalla
lavoratrice, che sarebbe rimasta “inerte e silente” durante l’aggressione e non
avrebbe mai lamentato “alcun tipo di ecchimosi o di dolore fisico”), che,
oltre a non apparire decisive, sono state già oggetto di adeguata valutazione
da parte del giudice del merito.
5.4. – In definitiva, con il ricorso in esame il ricorrente mira ad opporre una

propria personale versione rispetto a quella ricostruita dal giudice del merito
e richiede sostanzialmente a questa Corte una riformulazione del giudizio di
fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di
legittimità: ove, invero, la parte abbia dedotto un vizio di motivazione, la
Corte di cassazione non può procedere ad un nuovo giudizio di merito, con
autonoma valutazione delle risultanze degli atti, né porre a fondamento della
sua decisione un fatto probatorio diverso od ulteriore rispetto a quelli assunti
dal giudice di merito (cfr. da ultimo, Cass., ord. 7 gennaio 2014, n. 91).
Il ricorso va pertanto rigettato. In applicazione del criterio della
soccombenza, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

3

Ud. 18 giugno 2014
R.G. n. 30001 /11
Caracchini c/Faist Componenti s.p.a.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità, che liquida in C 100,00 per esborsi e C 4000,00
per compensi professionali, oltre oneri accessori come per legge.

Il Presidente
DzPaokt8tile

Roma, 18 giugno 2014

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