Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20470 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 28/09/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 28/09/2020), n.20470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7564-2014 proposto da:

D.S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

BATTISTA VICO 1, presso lo studio dell’avvocato LORENZO PROSPERI

MANGILI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ROBERTO CARLINO;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO, LUIGI CALIULO e ANTONELLA

PATTERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2187/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/03/2013, R.G.N. 10338/2008.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.S.E. conveniva in giudizio l’INPS e, premesso di essere stato dipendente della società Alitalia, con qualifica di assistente di volo e mansioni di purser fino alla data del 31.8.2000, di essere stato iscritto al Fondo Volo presso l’INPS fino alla cessazione del rapporto, dedotto che gli era stata liquidata una pensione in misura inferiore al dovuto, chiedeva l’accertamento del suo diritto al calcolo della pensione sulla base della retribuzione individuata ai sensi del D.Lgs. n. 164 del 1997, art. 2, comma 3, relativamente ai periodi di pensione maturati anteriormente al 31.12.1997 e, per l’effetto, in via principale, condannare l’INPS ad erogargli una pensione mensile dell’importo di Euro 3.973,78 (in luogo di quella in concreto corrisposta pari a Euro 3.188,50) nel rispetto del limite annuo di Euro 51.659,15 nonchè tutte le differenze maturate sugli importi già percepiti, oltre accessori come per legge; in subordine chiedeva la condanna dell’INPS al riconoscimento in suo favore, di una pensione mensile pari a Euro 5.350,06;

2. il giudice di primo grado accoglieva la domanda principale con statuizione confermata dal giudice di appello che rigettava sia l’appello dell’INPS che l’appello del D.S.;

3. per la cassazione della decisione D.S.E. ha proposto ricorso sulla base di due motivi; l’INPS ha resistito con tempestivo controricorso.

4. entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 – bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione della L. n. 480 del 1988, art. 8, comma 7, “in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4 nonchè omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”, censura la sentenza impugnata per avere respinto l’appello incidentale – concernente il corretto calcolo del massimale – sulla base del rilievo che il giudice di prime cure aveva attribuito il medesimo importo riportato nella domanda principale, mentre il calcolo maggiore proposto nell’appello incidentale era superiore al petitum e non poteva essere pertanto preso in esame. Deduce la errata interpretazione dell’appello incidentale la cui finalità – sostiene – era limitata ad un sindacato sul calcolo matematico alla base della determinazione del quantum in conformità con la previsione di legge correttamente interpretata;

2. con il secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 112 c.p.c., censura la sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato laddove non era stata presa in considerazione la domanda formulata in via subordinata al fine della determinazione del trattamento pensionistico. Assume che la Corte territoriale aveva omesso di considerare che era stata formulata domanda di pronunzia secondo diritto ai sensi dell’art. 113 c.p.c. e che tanto non consentiva di considerare come un limite la questione di rideterminazione della pensione formulata in via subordinata; sotto altro profilo sostiene che la domanda non andava interpretata in base al dato meramente nominalistico ma doveva essere esaminata nel suo complesso;

3. entrambi i motivi, esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati. La sentenza impugnata ha così motivato il rigetto dell’appello incidentale: “quanto all’appello incidentale, secondo cui il Tribunale avrebbe mal calcolato il massimale, è sufficiente rilevare che il primo giudice ha indicato esattamente l’importo riportato nella domanda principale proposta in primo grado (calcolato secondo i conteggi del ricorrente), mentre il calcolo maggiore proposto nell’appello incidentale è superiore al petitum e non può quindi prendersi in esame. Parimenti infondata è la censura relativa all’omissione dell’esame della domanda subordinata in quanto il Tribunale si è limitato non solo a seguire l’ordine logico in cui le domande erano state formulate ma anche la loro espressa qualificazione come principale e subordinata che lo vincolava sulla base del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato. Pertanto, ritenuta fondata e meritevole di accoglimento la domanda principale, era precluso l’esame e l’accoglimento di quella subordinata, anche se in ipotesi più favorevole per il ricorrente. Non pertinente quindi il richiamo al principio iura novit curia che riguarda l’applicazione ed interpretazione della legge e non la formulazione delle domande”.

3.1. tanto premesso, la censura intesa a far valere la violazione e falsa applicazione della L. n. 480 del 1988, art. 8, comma 7, è inammissibile in quanto essa non verte sul significato e sulla portata applicativa della norma richiamata che, anzi, nella illustrazione del motivo si assume correttamente interpretata dalla Corte di merito; non si configurano le denunciate violazioni di norme di legge, per insussistenza dei requisiti loro propri di verifica di correttezza dell’attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva delle norme, nè di sussunzione del fatto accertato dal giudice di merito nell’ipotesi normativa, nè tanto meno di specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26/06/2013, n. 16038; Cass. 28/02/2012, n. 3010; Cass. 28/11/2007, n. 24756; Cass. 31/05/2006, n. 12984);

3.2. infondata è la censura che ascrive alla sentenza impugnata carenza e insufficienza di motivazione, per avere ritenuto quale limite all’esame nel merito dell’appello incidentale l’integrale accoglimento della domanda formulata in via principale. La affermazione della Corte di merito secondo la quale l’accoglimento della domanda principale precludeva l’accoglimento della domanda subordinata è corretta in diritto in quanto applicazione del principio dispositivo che informa l’ordinamento processuale e abilita il giudice a procedere allo esame della domanda che gli viene sottoposta in via subordinata solo dopo che egli abbia rigettato la domanda che e stata avanzata in via principale (Cass. 28/06/1975 n. 2560; Cass. 24/06/1968, n. 2122);

3.3. non appare pertinente alle ragioni del decisum la dedotta violazione dell’art. 113 c.p.c., configurabile nei soli casi in cui il provvedimento impugnato sia frutto di una decisione adottata sulla base della cosiddetta equità sostitutiva, ai di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge in cui è consentito prescindere dal diritto positivo; tale situazione non è configurabile nella fattispecie in esame dovendosi ribadire che la richiesta di decisione della causa secondo diritto non consente, comunque, di prescindere dall’applicazione del principio dispositivo con riferimento all’ordine con il quale sono formulate le richieste;

3.4. inammissibile, infine, si rivela la censura che denunzia error in procedendo sul rilievo che la errata interpretazione della domanda avrebbe determinato vizi riconducibili nell’ambito dell’art. 112 c.p.c., per la dirimente considerazione della mancata trascrizione, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, del contenuto del ricorso introduttivo.

3.5. la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo, in relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, non esclude, infatti, che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (Cass. 13/03/2018, n. 6014; Cass. 20/07/2012, n. 12664);

4. al rigetto del ricorso consegue la liquidazione secondo soccombenza delle spese del giudizio;

5. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020

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